Quando il dolore abbassa la qualità della vita, oltre alle medicine diventano fondamentali il rispetto e l’ascolto. Soprattutto per le persone affette da fibromialgia, una patologia dalla diagnosi molto difficile, che affligge milioni di persone nel mondo anche se la sua diffusione è relativamente recente, tanto da essersi guadagnata la triste fama di “malattia del decennio”. Abbiamo incontrato Gloria Menghi ed Elena Bartolini, rispettivamente presidente e segretaria della neonata Associazione Fibromialgici Sammarinesi 2021, alle quali abbiamo chiesto di entrare un po’ nel loro mondo per capire quali sono i problemi e cosa sarebbe necessario per risolverli.
Signora Menghi, come e perché è nata la vostra Associazione?
Un tempo ci incontravamo negli ambulatori e ci raccontavamo i nostri mali. Così abbiamo deciso di estendere la comunicazione delle nostre esperienze, anche per scambiarci aiuto e supporto, creando un gruppo social e una chat. Ovviamente nessuno di noi può consigliare terapie o altro, perché questo spetta ai medici, ma era importante avere a disposizione un luogo di ascolto.

Quante eravate, visto che la malattia colpisce soprattutto le donne?
Diciamo una trentina, o giù di lì, perché sulla chat di Whatsapp, c’è sempre chi entra e chi esce. Sulla pagina Facebook, prima abbiamo creato un gruppo privato, perché la riservatezza, in caso di malattia, è obbligatoria. Poi l’abbiamo aperto a tutti, in quanto la fibromialgia è un territorio molto spesso sconosciuto, e lì si sono aggiunti anche parenti ed amici. Quindi, siamo molti di più.
Se ne parla volentieri, o ci sono ritrosie?
C’è gente che si vergogna a parlare dei suoi malanni, talvolta perfino i medici non ti credono. Non è un caso che venga definita “malattia invisibile”. Basti dire che in Italia ancora non è riconosciuta come malattia, e non è inserita nei LEA (i Livelli Essenziali di Assistenza sono le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale italiano garantisce a tutti i cittadini, ndr). Per questo c’è bisogno di informazione e condivisione.

Poi a San Marino è arrivato il passo decisivo. Quando è successo?
Dopo tanto parlare, e perfino molte indecisioni, noi Fibromialgici sammarinesi, il 3 ottobre 2021 abbiamo presentato un’istanza d’arengo per il riconoscimento della fibromialgia. L’anno successivo, il Consiglio l’ha approvata e da qui è nata la proposta di legge, approvata nel gennaio 2024. Per noi, il momento storico è quello dell’istanza d’arengo, per questo la data del 2021 compare nel nome dell’associazione.
Molte persone dicono di essere fibromialgiche. Non è che è diventata una moda?
Accade che quando non c’è una cura per qualche patologia particolare, la buttano sulla fibromialgia. La diagnosi è piuttosto complessa e generalmente si va per esclusione. Quando non emerge niente dalle varie analisi, si vanno a verificare i “tender points”, o punti dolenti. Sono aree specifiche del corpo, una sorta di punti di riferimento utilizzati nella diagnosi di questa condizione, e la loro presenza, insieme ad altri sintomi, può aiutare i medici a identificare la fibromialgia.
Quindi, se una persona ha dolori diffusi, cosa succede?
Con la legge è cambiata la procedura di diagnosi, che adesso parte dal medico di base. È lui che decide a quale specialista deve essere inviato il paziente. Poi è lo specialista: reumatologo, neurologo, psicologo, ortopedico, eccetera, che individua il percorso diagnostico più opportuno.
Anche lo psicologo viene coinvolto?
Sì, perché è stato verificato che tra le cause scatenanti ci può essere anche uno shock di natura psicologica. Non è una casualità che, nel periodo pandemico, siano aumentati i casi di fibromialgia.
È vero che è stata Lady Gaga a far scoprire la malattia?
Non è esatto. La malattia è stata scoperta agli inizi del Novecento, ma non era conosciuta dalle persone. Lady Gaga ha reso pubblica la sua battaglia contro la fibromialgia nel settembre 2017, rivelando in un documentario di soffrire di questa condizione. Ha scelto di condividere la sua esperienza per sensibilizzare sull’argomento e connettere le persone che vivono la stessa esperienza.
Ritorniamo alla legge sammarinese, cosa è cambiato?
Al momento, grandi cambiamenti non ci sono stati ed è per questo che ci siamo aggregati in associazione. Vorremmo chiedere di migliorare quella legge perché ogni fibromialgico ha sintomatologie diverse e quindi ha bisogno di terapie diverse. È difficile trovare in maniera semplice un tratto comune. Ad esempio, il rimborso di 150 euro all’anno per le spese psicoterapiche, o per la ginnastica dolce in acqua, per qualcuno è utile, quantunque insufficiente. Altri neanche lo chiedono perché non hanno bisogno di quegli interventi. Quindi, non ricevono nulla. Le cure sono a nostro carico. Paghiamo tutto: dalla fisioterapia a medicinali e integratori. Quasi nulla rientra nel prontuario farmaceutico.
Quale dovrebbe essere il primo passo?
Innanzi tutto, è necessario redigere una statistica delle persone affette dalla malattia nelle sue varie manifestazioni e, possibilmente, indicare le sintomatologie più comuni. Solo con dati precisi si può individuare un percorso operativo efficace. Ma al momento non sappiamo neppure quanti siamo. Questa sarà la nostra prossima richiesta all’ISS. Poi avremo sicuramente anche altre richieste.
L’Associazione appena creata è sicuramente uno strumento in più, come intendete usarlo?
Innanzi tutto, dobbiamo aspettare il riconoscimento giuridico. Dopo di che vorremmo aiutare le associazioni italiane perché anche nel loro Paese venga varata una legge che riconosce la malattia. In Italia, stanno facendo iniziative importanti, come ad esempio lo sciopero per un giorno. Si tratta di uno sciopero a staffetta, con cui hanno realizzato una vera catena di solidarietà. Ormai hanno fatto un anno di sciopero. Abbiamo già contatti importanti con l’AISF e abbiamo promesso di metterci al loro fianco, anche se siamo piccoli. E comunque, un’associazione ha molto più valore e significato di un gruppo Facebook.
Come vedete il vostro domani?
Siamo persone ammalate, stiamo coi piedi per terra e non ci facciamo illusioni. Vediamo anche la situazione del Paese, che non è così florida; quindi, sappiamo che non si potrà ottenere tutto quello di cui abbiamo realmente bisogno. Ma sarà molto importante farci conoscere e fare informazione: su questo spenderemo il massimo impegno.
In questo senso avete già cominciato con l’installazione delle panchine viola, ne metterete delle altre?
Questo è un altro obiettivo. Le abbiamo installate con la collaborazione delle istituzioni e delle Giunte di Castello a Murata, a Ventoso e a Dogana. Progressivamente, vorremmo metterne una in ogni Castello.
Angela Venturini