San Marino. Intervista al professor Giuseppe Roberti: “La cricca vera è nata intorno al PRG e poi è stato un crescendo” … di Angela Venturini

Professore, perché è venuto a San Marino

Ho frequentato San Marino per tanti anni, avevo conoscenze da tempo. Pochi sanno che mia madre era di origine sammarinese. A un certo momento ricevetti da Pier Marino Mularoni e Fiorenzo Stolfi l’incarico di individuare delle figure che potessero essere messe alla guida di Banca Centrale. Da lì si susseguì tutta una serie di iniziative, che mi fecero maturare un progetto, confidato ai miei interlocutori di allora. Comprendeva una piazza finanziaria e corsi di alto livello per la formazione dei giovani nel settore finanziario e informatico. Per quanto prestigiosa, la scuola superiore di studi storici del professor Canfora, non era funzionale allo sviluppo economico. 

Prof. Giuseppe Roberti

Prima di questo non ebbe alcun contatto?

Ce n’erano stati molti altri, più informali, diremmo così. Come, ad esempio, durante il governo delle sinistre per favorire la formazione di un governo con la DC. Forse in pochi sanno che quel governo aveva predisposto una delibera secretata, che autorizzava la società Diamante di Mascella e Lancioli a realizzare il casinò a San Marino. Ne venni a conoscenza perché un esponente del governo di allora incontrò Nino Cristofori, come tramite di Andreotti. Io avevo quei canali e spesso, anche in seguito, i politici sammarinesi si servivano di me. 

Potremmo dunque parlare di consulenze, o di intermediazioni, perché invece si parla sempre di corruzione riguardo al suo operato?

Mi cercavano per i miei contatti politici e imprenditoriali in Italia, ma ci tengo a precisare che c’è una bella differenza tra finanziare un partito, o una persona. Finanziare un partito vuol dire sostenere un’idea: dare soldi a un politico in cambio di favori vuol dire corrompere. Io non ho mai corrotto perché non ho chiesto favori, né società, né prebende di alcun genere: non ho pagato nessuno e non ho ricevuto soldi da nessuno. Mi sono messo a disposizione per collocare una licenza bancaria e una di telecomunicazioni, per le quali ho ricevuto una normalissima mediazione. 

Professore, nella memoria da lei presentata al giudice Caprioli per il processo d’appello, paragonò il “caso Mazzini” al “caso Dreyfus” che fu definito il più grande scandalo politico e il maggiore errore giudiziario della sua epoca. A livello di scandalo politico, non trova che il processo Mazzini sia stato ampiamente surclassato?

Direi proprio di sì. Quanto è emerso dalla Commissione di inchiesta su banca Cis, ha scoperchiato il velo su un regime di corruttele che andava avanti da anni e che era arrivato addirittura a svendere il sistema bancario e finanziario sammarinese, ovviamente con la complicità di alcuni politici. I processi sulla “galassia Cis” lo hanno evidenziato senza ombra di dubbio, anche se sul fronte politico è rimasta una pesante coltre di omertà. Quello è il processo del secolo: il processo alla cricca. Il processo Mazzini è stata un’enorme montatura mediatica. 

Vero. Una montatura che però è durata 12 anni e forse non è finita. Professore, è finita?

Mi ero illuso che lo fosse. Mi hanno portato via 12 anni di vita, senza contare le confische e le grandi spese legali. Ma soprattutto, hanno voluto togliermi l’onore e il prestigio di persona per bene. Cosa che però non ha avuto riscontro in Italia, dove hanno capito benissimo cosa è successo a San Marino. In Italia, la mia dignità è rimasta integra e i miei amici sono rimasti tali. Nonostante le pressioni sammarinesi, non è stato aperto alcun fascicolo a mio carico. Invece a San Marino, oltre alla denuncia, mi sono stati bloccati non solo tutti i beni che avevo in loco (che tra l’altro avevo messo autonomamente a disposizione dell’Autorità giudiziaria, prima del sequestro, per le opportune verifiche), ma anche i beni detenuti in Italia, conti correnti e immobili, frutto del mio lavoro precedente, e perfino le proprietà di famiglia derivanti dall’eredità di mio padre. Un abuso inaudito, oltre che improprio. Per rispondere alla sua domanda: c’è sempre qualcuno a cui piace rimestare nel torbido e che pensa ancora di servirsi del processo Mazzini per alzare il polverone e dirottare l’attenzione altrove. 

Professore, lei spesso sottolinea giustamente il fatto di essere stato rinviato a giudizio per un riciclaggio di 165 milioni, diventati 9 nel primo grado, quasi spariti in appello; 11 anni di galera diventati assoluzione. Anche un bambino capisce che c’è qualcosa che non va. Cosa? 

Il cosiddetto processo Mazzini non è nato sulla scorta di reati penali acclarati, ma per un preciso disegno politico di cui si è capita la portata dopo più di 10 anni e che all’inizio nessuno aveva neppure intuito. Bisognava azzerare una classe politica per fare posto ad un’altra e un’indagine giudiziaria è sempre il mezzo migliore. Succede anche oggi, assai frequentemente. Non era necessario andare in fondo alle questioni, indagare davvero sui movimenti di denaro: bastavano i titoli di giornale. La gente giudica su quello e tanto le basta.  

La storia del processo Mazzini è piuttosto ingarbugliata: perché lei ha accettato la sentenza di appello e altri non l’hanno fatto?

Perché ho voluto mettere fine a una tortura che mi stava facendo morire. Ho accettato la sentenza di esecuzione del dissequestro dei beni in cambio della confisca dei miei soldi, anche in contrasto con la giurisprudenza, perché altrimenti il sequestro per equivalente avrebbe potuto durare ancora molti anni. Non mi sono opposto alla confisca della liquidità perché l’ho considerata come il pagamento della mia libertà.

Professore, le va di parlare di Buriani? Cosa è stato per lei l’ormai ex giudice? Cosa ha provato quando è stato condannato?

Devo dire che ho vissuto quella sentenza come un atto di giustizia. Lui è la persona che io e altri mazziniani abbiamo aiutato da ogni punto di vista e lui ci ha ingiustamente rovinati tutti. Quando eravamo amici, ci vedevamo spesso a cena insieme con amici politici e anche con magistrati, perché lui in tribunale rappresentava quel gruppo che voleva sostituire la dottoressa Pierfelici. Mai avremmo immaginato un suo tradimento. Le sue colpe sono emerse con inequivocabile evidenza. E non è solo nemesi storica.

Con Marino Grandoni, ha mai avuto rapporti?

Certo che ho avuto rapporti. Era una persona intelligente, con cui si poteva parlare sia di affari, sia di politica, ma per quanto mi riguarda, sempre con la massima chiarezza. Come quando acquistai due bilocali e negli atti notarili risultano i miei assegni. Riguardo alla banca, probabilmente neanche lui si è accorto di quello che stavano combinando i suoi dipendenti e in che guai l’hanno messo. Poi lui era comunque il capo, le colpe sono anche le sue.

Una vittima anche lui?

Non ho detto questo. Lui ha grandissime responsabilità politiche. Li aveva tutti nelle mani, perché la “cricca” si è formata inizialmente attorno al PRG e da lì è stato un crescendo. D’altra parte, è risaputo che chi gestisce il PRG si arricchisce. Le amicizie maturate in quel periodo gli hanno consentito di avere una grande influenza sui politici e per questo certi aspetti delle vicende passate non verranno mai fuori.  

Con la posizione che lei ha ricoperto per oltre vent’anni e per i contatti che ha avuto ad ogni livello, si può davvero dire che conosce vita, morte e miracoli di tutti. Conserva ancora qualcosa di quei tempi, documenti top secret, pensa di usarli? 

È vero. Io conosco la storia di San Marino di quegli anni perché c’ero dentro, so chi ha fatto e chi ha detto, chi c’era e chi non c’era. Non posso negare di aver sofferto per il comportamento di certi sammarinesi quando usavano il mio nome per proteggere se stessi. Mi hanno fatto davvero molto male. Io non sono sammarinese. Potevo benissimo essere attaccato, perseguito, denunciato. E così hanno fatto. Non voglio dire nulla di certa stampa sammarinese. C’è stato solo Giornalesm.com che mi ha sempre trattato con chiarezza ed equilibrio, ricostruendo i fatti per come sono realmente accaduti.  Ho molto materiale e ho anche la mia memoria, articoli di giornale, libri che sono già stati scritti. Adesso va di moda scrivere libri di memorie, ho visto che a San Marino ce ne sono parecchi che lo stanno facendo. Mi fanno sorridere. Forse un domani lo farò anch’io. Ma il mio racconto potrebbe essere molto diverso rispetto al comune sentire, perché la verità deve essere sempre detta. Tra l’altro, si stanno aggiungendo nuovi particolari che sono davvero in grado di riscrivere il processo Mazzini. Ovviamente, il latte versato non si raccoglie più, ma è giusto che venga fuori la verità su come sono andate le cose. 

Se si potesse riavvolgere il nastro, tornare indietro, cosa farebbe?

Non mi fiderei dei sammarinesi, amici o non amici. Io ho sempre lavorato con onestà e per obiettivi alti, ho avuto fortuna e ho goduto di grandissima stima. Poi mi hanno fregato. Col senno di poi ho capito che non avevo affatto capito i sammarinesi e non ho saputo distinguere fra uomini, ominicchi e quaquaraquà. 

Angela Venturini