San Marino. Intervista al Rettore Petrocelli: “Povertà e disuguaglianze siano priorità”

In tanti sostengono che una risposta alla crisi possa passare dalla valorizzazione della cultura. In questo senso l’Università di San Marino rappresenta sempre di più una eccellenza da valorizzare e fare crescere. Di questo e altro abbiamo parlato col Magnifico Rettore dell’ateneo sammarinese, prof. Corrado Petrocelli.

 

Professore, prima l’emergenza sanitaria, poi la guerra. Come ha retto il colpo l’Università di San Marino?

“Dopo la crisi finanziaria del 2008, la situazione che stiamo attraversando non ha precedenti, perché alla pandemia si è sommato anche il conflitto russo ucraino. Tutti stiamo naturalmente subendo le conseguenze di queste vicende. Per quanto riguarda la pandemia, l’Università di San Marino ha retto. Certo, così come gli altri atenei abbiamo dovuto fare di necessità virtù, ma alla fine siamo riusciti a non fare mancare mai la nostra assistenza agli studenti, né tanto meno le lezioni e le altre attività”.

 

La didattica a distanza a suo parere può portare con sé un abbassamento di qualità negli insegnamenti?

“Diciamo innanzitutto che oramai si è ripreso in presenza, secondo i normali canoni e speriamo che tutto possa continuare così. La didattica a distanza è servita e serve quando non è possibile agire diversamente e resta un ottimo strumento sostitutivo. Può servire anche con gli studenti-lavoratori che possono disporre della registrazione di alcune lezioni e risentirle quanto vogliono, ad esempio. Ma per come sono strutturati i nostri corsi l’interazione è fondamentale, così come la presenza dei docenti. Pensiamo alle attività laboratoriali che sono un elemento imprescindibile e distintivo delle nostre lezioni. Non va tralasciata inoltre l’interazione con gli altri studenti, perché si cresce attraverso il confronto costante e quotidiano con gli altri. Tutto questo soltanto la presenza lo può garantire”.

 

Molte università del Nord registrano un calo degli iscritti. Lei che segnali ha?

“C’è stato un calo degli iscritti un po’ ovunque. Noi abbiamo subìto un calo esattamente nei due anni del Covid, soprattutto il secondo. Ma per le ragioni che spiegavo poco fa: le nostre lezioni e i nostri corsi sono strutturati soprattutto per avere in presenza gli studenti. Per fortuna tutto questo è passato e quest’anno abbiamo ripreso alla grande un po’ con tutti i corsi, con l’ingegneria, l’ingegneria gestionale… si pensi che design è tornato a superare i 110 immatricolati”.

 

Per quale motivo un giovane che ha appena finito le superiori dovrebbe scegliere la nostra Università?

“Da tempo le nostre attività di orientamento sono dedicate a interloquire con studenti e famiglie attraverso gli open day e la pubblicità, ma quello che giova di più è il passaparola. Sono proprio gli studenti che raccontano le proprie esperienze ai loro giovani colleghi, che poi vengono da noi. Viene qui chi vuole un design diverso. Viene da noi chi vuole una ingegneria gestionale che lo porti poi a stage e tirocini nell’impresa e in altre realtà. La stessa cosa vale per l’ingegneria ambientale e antisismica. Viene da noi chi vuole trovare un percorso innovativo con comunicazione e digital media. Viene da noi, da ogni parte d’Europa, chi vuole svolgere un dottorato di eccellenza come quello di storia. E poi vengono da noi da tutta Italia per i corsi di alta formazione, per i master di primo e secondo livello”.

 

Vuole chiudere le polemiche col Segretario Canti relativamente agli asfalti?
“Le cosiddette polemiche non ci sono più, sono già chiuse. Abbiamo avuto un confronto particolarmente franco, ma anche molto cordiale e sereno con il Segretario Canti. Ci sono stati dei fraintendimenti, e naturalmente ammetto, anche delle diversità di vedute in particolare per quanto riguarda le iniziative sugli asfalti e sulle strade. Ma questo non significa nulla. C’è il massimo rispetto reciproco e l’Università e la Segreteria continueranno a collaborare proficuamente come dimostrano del resto le recenti iniziative relative all’Unesco e all’Unece. Direi che ogni nube è stata dissipata”.

 

Sia a San Marino che in Italia, si deve per forza di cose andare verso l’avvio di grandi riforme. Quali sono le priorità dal suo punto di vista?

“Esistono difficoltà palesi in Europa e anche in Italia soprattutto. Bisogna comprendere che ci sono questioni che hanno la priorità. La prima di queste è la lotta alla povertà. Il numero dei poveri o di coloro che si avvicinano a superare la soglia della povertà è aumentato in questi anni in maniera esponenziale e sta assorbendo una buona parte della classe media. Sono tante le persone, le famiglie che non ce la fanno. La seconda battaglia da compiere è quella di lottare contro le disuguaglianze. Sono proprio le disuguaglianze che impediscono ai giovani di tentare per se stessi, per il proprio futuro, di trovare un lavoro dignitoso e di realizzarsi. In riferimento in particolare all’Italia, si aggiunge il problema del lavoro, della sanità pubblica sulla quale intervenire e il problema dell’istruzione che ha bisogno di un ingente finanziamento per portare il Paese in linea con gli altri Stati. E’ importante che vi sia una seria programmazione: vale per tutti. Fare delle riforme che lasciano il tempo che trovano, con l’unico fine di disfare quanto costruito da altri, ha poco senso, anzi è deleterio”.

 

All’Università di San Marino serve maggiore autonomia?

“E’ una domanda importante. La Segreteria Istruzione ha presentato in accordo con l’Università un progetto di revisione della Legge del 2014: questo progetto insiste proprio sul riconoscimento dell’autonomia che spetta all’Università di San Marino, che spetta a tutti gli atenei del mondo. Ce l’hanno chiesta peraltro nel processo di Bologna (processo di riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore dell’Unione europea, ndr), ce lo ha chiesto l’Associazione delle Università Europee, di cui quella di San Marino fa parte. Dunque dobbiamo essere in linea con quella che è la realtà di tutti gli altri atenei. Questa volontà di autonomia non significa certamente che siamo migliori o peggiori degli altri. Significa solo che l’Università deve essere responsabile delle proprie azioni e non può subire dei condizionamenti dall’esterno e poi essere giudicata. L’Università deve essere giudicata per ciò che fa, ma essere messa nelle condizioni di operare secondo le proprie indicazioni. E’ tempo di dotarsi di un corpo docente – così come accade in tutte la Università del mondo e come accade in altri settori – che possano venire da fuori e che possano costituire un nucleo stabile. Non va bene che i professori crescano qui, si formino, diventino bravi e poi le altre Università ce li sottraggano perché siamo in assenza di un futuro certo per loro. Invece l’Università deve insistere nel perseguire il proprio cammino e i propri fini, la propria missione deve essere sempre quella di guardare ai benefici per il territorio sul quale insiste, per favorirne lo sviluppo, la crescita, l’innovazione. L’Università inoltre deve certo guardare al mercato del lavoro: i nostri giovani ad esempio vengono sempre inseriti, vengono tutti presi, abbiamo un ‘placement’ altissimo”.

 

Qual è dunque, in definitiva, il ruolo dell’Università?

“La missione principale è quella di educare e di formare le coscienze dei cittadini del domani”.

 

David Oddone

La Serenissima