In vista dello Sciopero generale la Serenissima sta intervistando i vertici dei Sindacati, per comprendere motivazioni e punti di vista. Dopo Montanari (Cdls) è la volta di Enzo Merlini, Segretario Generale della Csdl. Domani toccherà a Francesca Busignani (Usl).
Segretario, mi spiega nel dettaglio cosa cambia per i lavoratori di oggi e per quelli di domani, con le riforme del Governo?
“Tutti i lavoratori pagheranno più contributi e coloro che entrano nel mondo del lavoro dopo i 17 anni dovranno lavorare qualche anno in più. Inoltre, l’importo della pensione sarà ridotto, salvo che il secondo pilastro previdenziale, Fondiss, venga riformato garantendo rendimenti che consentano di costituire una cospicua integrazione dell’assegno derivante dal primo pilastro. Ciò è particolarmente importante per le giovani generazioni, visto che dal 2005 il tasso di sostituzione del primo pilastro è stato ridotto di almeno il 15%”.
Per i lavoratori di domani, se le riforme non saranno accompagnate da un adeguato intervento pubblico, vi è il rischio che i giovani debbano farsi carico anche dei disavanzi crescenti del Fondo Pensioni. Questo è tra i punti di maggiore contrasto rispetto al testo di riforma previdenziale approvato dalla Commissione Consiliare”.
Molto chiaro. Più in generale perché scendere in piazza e ricorrere alla Sciopero generale?
“Oltre alla questione dell’intervento dal bilancio dello Stato, ci sono altre forti criticità. Tra queste, il pacchetto dei disincentivi, troppo elevati e penalizzanti in particolare per le donne; la riduzione del tetto pensionistico per chi lavora in turni notturni, festivi e domenicali; il blocco della rivalutazione delle pensioni. Gli ultimi due articoli, oltre all’anticipo della data di entrata in vigore, addirittura sono stati introdotti senza alcun confronto. Questo è il metodo adottato dalla maggioranza, che non può passare sotto silenzio. Non è accettabile che il Governo tenga le carte nascoste e le tiri fuori su tavoli diversi da quelli del confronto con il sindacato”.
Siamo però tutti d’accordo, spero, che una riforma pensioni vada comunque fatta. Lei come la farebbe? Può dare un suggerimento alla maggioranza?
“Certo che la riforma va fatta! Gli sbilanci annuali rischiano di diventare insostenibili. Le nostre proposte e richieste sulla riforma previdenziale sono chiare, dettagliate e di buon senso. Sono state inviate a tutte le forze politiche due settimane fa: Governo e maggioranza ci hanno convocato per il 10 novembre, a pochi giorni dall’inizio del Consiglio Grande e Generale”.
Aumento tariffe, lei come interverrebbe?
“Non abbiamo elementi per valutare in profondità l’incidenza dei costi sulle bollette, oltre allo stato di salute finanziario dell’AASS e del Bilancio dello Stato. Mi pare che si tratti del tema centrale in questa vicenda ma, a quanto pare, al Governo non interessa aprire un tavolo di confronto in proposito. Non siamo disposti a subìre decisioni calate dall’alto, specie quando impattano sui redditi delle famiglie.
Di sicuro, anche a San Marino aumentano persone e famiglie che non riescono a far fronte a tutte le spese necessarie. A differenza di altri Paesi, però, non vi sono strumenti oggettivi e di semplice consultazione per verificare la reale situazione economica dei nuclei familiari, al fine di calibrare i necessari interventi di sostegno a quelli in maggiore difficoltà. Non si può adottare un ulteriore aumento delle tariffe, senza aver prima predisposto tali strumenti”.
Mancato rinnovo dei contratti: è giusto chiedere aumenti in un momento tanto difficile per le aziende? Se dovessero chiudere o licenziare, non sarebbe peggio poi per i lavoratori?
“Il momento è difficile per tutti, compresi i lavoratori ed i pensionati. Le aziende sono preoccupate soprattutto per la situazione di incertezza derivata da fattori esterni ingovernabili. Se qualche punto percentuale in più del costo del lavoro fosse determinante per la loro sopravvivenza, vorrebbe dire che il sistema economico era già in agonia da prima. Non credo che siamo in questa situazione.
Peraltro, non abbiamo chiesto la copertura integrale dell’inflazione, perché siamo consapevoli che il reddito di lavoratori e pensionati va tutelato anche con altri interventi da concordare al tavolo della concertazione, mai convocato dal Governo. È anche questo uno dei temi dello sciopero generale.
Le imprese devono però fare la loro parte: chi oggi lamenta una eccessiva onerosità delle richieste sindacali rappresenta settori con contratti scaduti da lungo tempo, che hanno già ‘beneficiato’ del mancato adeguamento di salari e stipendi rispetto all’inflazione registrata negli anni precedenti”.
Cosa si aspetta dopo lo sciopero?
“Mi aspetto che la disponibilità al confronto del Congresso di Stato e della maggioranza si concretizzi prima. In ogni caso, la partecipazione agli scioperi è determinante per imprimere un cambio di rotta nell’azione dei governi”.
Crede che l’esecutivo sia ormai giunto al capolinea?
“Negli ultimi tempi gli scricchiolii nelle forze di maggioranza si sono resi evidenti: non saprei comunque se l’esecutivo sia giunto al capolinea. Di sicuro, un Governo che procede in ordine sparso e con differenti velocità non è utile al Paese. Mi riferisco al fatto che da un lato si registra una incomprensibile posizione intransigente sulla riforma delle pensioni, dall’altro l’atteggiamento attendista sulla riforma principale, ovvero quella del fisco.
Anche la sospensione temporanea degli aumenti delle bollette, dopo averne annunciata l’inderogabilità, dimostra che non c’è coesione. Auspico che non si tratti di una pantomima, ovvero di un semplice rinvio, e che gli aumenti non abbiano corso.
Se si verificasse una crisi di Governo, non riesco ad immaginare quali proposte politiche alternative verrebbero presentate ai cittadini”.
Se non ricordo male voi già prima delle ultime elezioni chiedevate l’unità nazionale. Sbaglio?
“Confermo. Sostenevamo che il Paese avesse necessità di un Governo di unità nazionale, vista la precarietà dei conti pubblici e l’enorme situazione debitoria, ancorché non ancora resa evidente nel suo complesso.
L’attuale maggioranza ha invece ritenuto di poter fare da sola, forte di un grande sostegno numerico. Ciò ha portato il Governo ad adottare misure a mio avviso spregiudicate, come la scelta del debito estero, senza aver prima messo in equilibrio il bilancio dello Stato. Sembra stia maturando la consapevolezza che sia stata una decisione perlomeno imprudente, visto che entro un anno andrà rifinanziato e al momento mi pare che le condizioni siano tutt’altro che favorevoli”.
Quindi che accadrà?
“Se il Governo dovesse cadere solo per evitare di affrontare a fine legislatura questo passaggio, oltre a rinviare le riforme necessarie, ma impopolari, sarebbe la prova provata che per la politica contano più gli interessi elettorali che quelli del Paese”.
David Oddone
(La Serenissima)