
E’ il 2 gennaio 2018 quando, dal Lussemburgo, arriva al Consigliere Elena Tonnini di Rete una convocazione ufficiale dalla magistratura lussemburghese, in seguito ad una denuncia presentata da AD Financial, la società riconducibile a Francesco Confuorti, che si è sentita diffamata da un intervento che lo stesso consigliere effettuò, il 18 ottobre 2017, in Consiglio Grande e Generale, evidenziando una rete di connessioni fra il finanziere lucano Francesco Confuorti, l’ex Presidente di Banca Centrale Wafik Grais e altre figure influenti del mondo finanziario sammarinese di quel periodo, definendo le stesse connessioni, gli stessi collegamenti estremamente pericolosi per gli interessi di San Marino.
Ricordiamo, prima di scendere nel merito di questo ennesimo approfondimento mirato a svelare, prima del voto di domenica prossima, “incroci” ed azioni condotte nel tempo dai candidati che, magari all’epoca inconsapevolmente, hanno finito per “favorire” esponenti o piani della nota “Cricca”, oggi ipotizzata essere addirittura una formale associazione a delinquere in una indagine tuttora nella sua fase istruttoria.
E’ ovvio che Elena Tonnini non sia la protagonista di questa “ricostruzione storica”, che, invece, verte sulle azioni che, nella vicenda, hanno visto protagonisti Giuseppe Morganti (oggi candidato di Libera), Nicola Renzi e Roberto Giorgetti, ambedue candidati di Repubblica Futura.
Ma, prima di scendere nel merito, finiamo di ricordare la storia… All’epoca Rete era un giovane partito che, come tale, non poteva certo contare su ingenti risorse economiche per la sua attività. Gli stessi candidati erano, in larga misura, cittadini appena affacciatisi alla politica attiva. La Tonnini, dal canto suo, all’epoca non viveva certo di politica, ma era assunta come cameriera presso il ristorante “Cacio e Pepe”… Facile comprendere come una denuncia penale, perdipiù in uno stato lontano, non di lingua italiana, rappresentasse per una politicamente giovanissima donna un elemento di pressione pressoché insostenibile. Le previste ingenti spese legali indispensabili per sostenere la difesa, inoltre, rappresentavano un problema enorme anche per il movimento nel sostenerla.
Si aprì, a San Marino, un dibattito serrato, con da una parte Rete e la minoranza consigliare impegnati ad evidenziare preoccupazioni significative per l’autonomia della Repubblica, essendo un precedente inedito in cui un tribunale straniero interveniva sulla libertà di espressione e di azione di un parlamentare sammarinese. Venne sottolineata, quindi, dalle opposizioni, l’importanza di proteggere le prerogative del Consiglio Grande e Generale e la funzione dei consiglieri da simili interferenze e pressioni esterne. In pratica, in serrati confronti con la maggioranza AdessoSm (RF, SSD e Civico 10), si evidenziò l’opportunità di incaricare l’Avvocatura di Stato della difesa di un consigliere citato per un suo intervento effettuato nella più alta sede democratica del Paese, ovvero il Consiglio Grande e Generale… Ogni tentativo in tal senso cozzò contro l’inviolabile muro alzato, in tal senso, dalla maggioranza.
Determinante in tal senso fu un “parere” giuridico che l’allora Console di San Marino in Lussemburgo, Franco Morvillo (nominato in quell’incarico nel giugno 2012, quando sul Titano Antonella Mularoni, oggi candidata in RF, era Segretario di Stato agli Affari Esteri), trasmise all’Ufficio di Presidenza il 4 maggio (prot.n.52135/2018) “elaborato (a titolo non oneroso; ndr) in seguito a contatti in ambito giuridico lussemburghese e comunitario”, e presentato su carta “bianca” non intestata e non sottoscritto da alcuno. Un parere legale, quindi, accusava la minoranza, “anonimo” e con valenza giuridica pari a zero. Ma, soprattutto, contrastante nel merito e nelle conclusioni, con quello prodotto su commissione della coalizione “Democrazia in Movimento” dal luminare Roberto Bin.
Ma anche questo autorevole “parere legale” non sortì l’effetto sperato. Se dovessimo riassumere all’estremo la conclusione del confronto interno sull’assistenza legale della parlamentare retina, dopo un acceso scontro finì con la maggioranza AdessoSm che sentenziò: …se l’é andata a cercare, si arrangi!
E proprio questa conclusione è l’azione che oggi possiamo riconoscere come una sorta di “favore” -magari all’epoca inconsapevole, ben inteso (ma ciò non toglie una pesante responsabilità politica a quell’azione)- che i consiglieri avrebbero potuto portare nelle sedi istituzionali per complicare la scalata e mettere in discussione il potere ormai acquisito da Confuorti, Guidi, eccetera. Passò, infatti, implicitamente, il messaggio che attaccare quel gruppo di potere che aveva occupato posti chiave prerogativa dell’amministrazione, diretta o indiretta, dello Stato avrebbe potuto avere conseguenze molto costose, per tanti insostenibili.
Ma andiamo a svelare, nel merito, sempre facendo riferimento ad atti, documenti concreti, le responsabilità politiche di questo “favore” fatto alla “stabilità” al potere della “Cricca” che, non dimentichiamolo, nello scorso decennio, ha devastato il sistema bancario sammarinese con ripercussioni determinanti sull’intera economia e stabilità finanziaria dello Stato sammarinese.
Facciamo riferimento ad una interpellanza che i capigruppo di opposizione depositarono il 26 luglio 2018 “in merito al parere giuridico anonimo giunto all’Ufficio di Presidenza sul caso della denuncia da parte del Tribunale Lussemburghese nei confronti di un Consigliere della Repubblica” e trasmesso “affinché i capigruppo ne prendessero visione in occasione della discussione sulla tutela legale dello Stato al Consigliere Tonnini”.
Dunque, come detto, quel “parere” -nonostante le lacune che ne compromettevano l’autorevolezza giuridica (non era né firmato da un giurista, né stampato su carta intestata di uno studio legale)- verosimilmente si rivelò determinante nella negazione, da parte della maggioranza AdessoSm, dell’assistenza legale di Stato ad Elena Tonnini.
Ma chi, in Ufficio di Presidenza, difese strenuamente l’autorevolezza di quel “pezzo di carta” privo di firme e stampato su un anonimo foglio bianco? Sulla base di quanto si legge nell’interpellanza, furono due capigruppo: Giuseppe Morganti di SSD (oggi Libera) e Roberto Giorgetti di RF.
“Come emerge dai verbali dell’Ufficio di Presidenza” -vi si legge- dopo aver sottolineato l’alto profilo del Console Morvilli, Morganti, dichiarò come -e quanto segue è riportato come dichiarazione testuale dello stesso Morganti– “non si possa dunque dubitare della provenienza del parere dallo stesso trasmesso”. In pratica, “blindando” quel controverso parere giuridico inviato dal Console.
“Il parere è molto chiaro -sono le parole, invece, di Roberto Giorgetti riportate nell’interpellanza- nell’escludere la costituzione diretta dello Stato nel procedimento avviato nei confronti della Tonnini in Lussemburgo. Se dunque questa era a suo tempo la richiesta, alla luce di quanto contenuto nel parere, tale eventualità viene a cadere”. E ancora: “…Se oggi non si viole tenere in considerazione il parere reso, è inutile averlo richiesto”.
L’interpellanza, in quanto tale, ricevette risposta il 10 agosto successivo, nella quale l’allora Segretario di Stato agli Affari Esteri, Nicola Renzi (RF), confermò l’autorevolezza di quel “parere giuridico”. “Il parere -scrisse Renzi- è la risultanza di una serie di valutazioni tecnico-giuridiche da parte dei suddetti professionisti, provenienti dall’ambito giuridico lussemburghese e comunitario; trattasi dunque dell’opinione prevalentemente emersa da detta verifica”.
“Considerata la totale gratuità delle valutazioni -precisò lo stesso candidato di RF, all’epoca ministro degli Esteri- e l’informalità dell’ottenimento, non è possibile comunicare ufficialmente le fonti, ma mantenerne il dovuto riserbo…”.
Non serviva, invece, tenere alcun riserbo sul parere espresso su carta intestata dell’autore del medesimo e sottoscritto con firma leggibile “Prof. Roberto Bin” (clicca qui visionare il suo prestigioso curriculum), nel quale si legge: “Se il Congresso di Stato, sollecitato anche dal Consiglio, non si attiva processualmente, esso viene meno non solo alla direttiva politica dell’assemblea elettiva, ma anche a un suo preciso dovere di difendere la Costituzione, i suoi principi e le sue istituzioni. Spetta ai Capitani Reggenti il compito di agire come ‘supremi garanti dell’ordinamento costituzionale’ e quindi di assicurare che il Congresso di Stato si attivi processualmente”…
Ma a nulla servì! Elena Tonnini, supportata dalle casse del Movimento Rete, continua a pagare di tasca propria ancora oggi l’assistenza legale per difendersi in Lussemburgo, nella causa intentatale da AD Financial riconducibile a Francesco Confuorti e tuttora pendente!
Enrico Lazzari