I due Istituti sono simili in molti aspetti: numero dei dipendenti, volumi, mission, sportelli per citarne solo alcuni. La fusione permetterebbe di far nascere la prima banca della Repubblica con volumi al di sopra dei 2 miliardi e 300 milioni.
Repubblica.sm è intervenuta più volte sull’argomento ‘fusioni delle banche’ un po’ per deformazione professionale di chi scrive e un po’ perché aprendo i giornali italiani ed europei specializzati non c’è settimana in
cui non se ne parli.
Parlando di territori a noi vicini, Italia in particolare, ci sono manovre di fusioni sia tra piccole banche che quelle di dimensioni più importanti vedi Intesa San Paolo e Ubi Banca e dove troviamo Monte dei Paschi in cerca di un socio strategico, per non dimenticare le banche francesi che cercano partner in Italia.
Grandi manovre anche per le banche medio/piccole con tutto il comparto del credito cooperativo in forte aggregazione.
Perché tutto ciò avviene? Un tempo si affermava che se una banca era ben gestita non importava che fosse grande o piccola, ma contava l’efficienza, il bilancio e piani triennali di assoluta valenza. Ora, senza troppo spingersi nel tecnicismo, complici i crediti dubbi in pancia a molte banche, i nuovi parametri imposti dalle autorità di vigilanza di tutto il mondo fanno sì che occorrano maggiori volumi e maggiori business per contenere i nuovi costi da adeguamento alle normative, diversificando i rischi di tutti i tipi: operativo, di mercato, di governance, ecc insomma una struttura capace di far fronte al rischio di impresa e ai tempi che cambiano.
L’allargamento delle attività e le modifiche recentemente approvate negli statuti delle banche anche a San Marino, prevedonO una organizzazione molto più complessa della singola specializzazione. In buona sostanza le
piccole banche non riescono, pur nella loro efficienza, a mantenere e rispettare normative previste per gruppi di dimensioni medio/grandi.
Inevitabilmente le Banche Centrali sono costrette a concedere deroghe che, sappiamo tutti, non amano fare così ripetutamente. Pensiamo ai parametri di solvibilità, di liquidità, di riserva obbligatoria, di accantonamenti per parlare solo di quelli più noti.
Ragioniamo anche sulle caratteristiche Fit and proper degli esponenti aziendali, dove nei prossimi anni potranno occupare posti di comando nelle banche, solo o quasi, professori universitari che nella vita fanno ben altro
mestiere.
Piccolo è bello ma l’organizzazione dei mercati porta a spingere alle fusioni, con il grande problema della riconversione dei lavoratori dipendenti.
Ed anche qui, e non solo nel mondo bancario, c’è una rivoluzione non di poco conto.
Ma torniamo al mondo delle banche e soprattutto a San Marino. Sappiamo tutti che le banche operative a San Marino sono quattro (consentitemi la battuta se ci fosse stata ancora Asset Banca sarebbero state due o tre vista l’intenzione già manifestata nel lontano 2013 di aggregarsi e per assurdo non ci sarebbe stata neanche più
Asset da sola ma con una denominazione doppia) ed hanno tutte le caratteristiche, nel bene e nel male, di poter avviare un sano progetto di fusione per portare il sistema a non più di due banche.
Per fare un esempio di studio, che merita certo un approfondimento che faremo prossimamente, sarebbe possibile una potenziale fusione tra Banca di San Marino e Banca Agricola Commerciale.
Uno studio più facile e naturale da fare in quanto i due Istituti sono simili in molti aspetti: numero dei dipendenti, volumi, mission, sportelli per citarne solo alcuni.
La fusione permetterebbe di far nascere la prima banca della Repubblica con volumi al di sopra dei 2 miliardi e 300 milioni con un recupero dei costi straordinario vedi l’eliminazione di costi fissi come le procedure, gli
sportelli doppi e tanti altri oneri presenti in bilancio, perché unificando gli obblighi e le scritture in un solo conto economico è palese il risparmio dei costi.
I dipendenti meritano un discorso molto più approfondito. Basti qui sottolineare che in presenza di un sano progetto industriale triennale che preveda nuovi servizi in loco e all’estero abbinato ad una sorta di contratto di solidarietà, il problema non sarebbe così insormontabile.
In questa fase storica delle due banche non sarebbe neanche un problema la governance con gli svariati modi di equilibrare le forze in campo.
Come dissi a suo tempo occorre prendere l’iniziativa prima che qualcun altro lo imponga. Si potranno
così generare utili lordi che serviranno per ridurre le sofferenze e crediti dubbi in pancia alle due banche, abbinate alla creazione di una società di gestione del recupero crediti già in divenire nei prossimi mesi che permetterà di gestire col tempo necessario i crediti non performanti.
Occorre adeguarsi al mercato al più presto e alle normative che stanno incombendo anche a San Marino e più si è strutturati, grandi ed efficienti, e più si riuscirà a mantenere in vita un sistema bancario sammarinese messo alle corde da più parti.
Magari nel frattempo attingendo da capitali freschi provenienti dall’estero per meglio capitalizzare la nuova Banca, attirati da un progetto europeo.
Stefano Ercolani, La RepubblicaSM