
L’occasione è quella dell’inaugurazione della camera di volo, una sorta di laboratorio tecnologico dentro a una struttura in legno e metallo, dotata di una porta e di una serie di cannocchiali che permettono ai visitatori di vedere, all’interno, le pratiche dell’apicoltore e le dinamiche della vita sociale delle api. Ci sono il Segretario al territorio Matteo Ciacci, la direttrice dell’UGRAA Giuliana Barulli, la presidente del Consorzio Terra di San Marino Aida Maria Selva e soprattutto la presidente della Cooperativa apicoltori sammarinesi Gessica Lanzi da cui è partito il progetto del Bioparco apistico a Montecchio, realizzato per iniziativa del Soroptimist single club San Marino. Single, perché la Repubblica è talmente piccola che non ha i numeri per la creazione di più club, come avviene negli altri Paesi. Attuale presidente è il Console onorario dell’Austria a San Marino, Isabella Gumpert, con la quale abbiamo cercato di capire cos’è e cosa fa il club.
Presidente, com’è arrivata dall’Austria a San Marino?
Sono nata in Austria da madre italiana e sono arrivata qui per matrimonio. Ho sposato un uomo di origine tedesca, che ho conosciuto in Svizzera, ma nato a San Marino. Suo padre aveva aiutato la Repubblica durante la Seconda Guerra mondiale, quando c’erano 100 mila sfollati. Lui procurò cibo e carbone dirottando dei treni, per sfamarli e scaldarli in inverno. Più tardi venne insignito con l’Onorificenza della Croce di Sant’Agata e gli fu concessa la residenza.
Una presidente con una dimensione internazionale come il Soroptimist, lei come ci è arrivata?
Sin da quando ero piccola mi sono sempre occupata dei services, cioè dei progetti a scopo umanitario. A San Marino, molto tempo fa, aprii una cioccolateria a Borgo Maggiore, dove Mara Verbena mi fece gli arredi. Fu lei, a mia insaputa, a proporre la mia candidatura al Soroptimist, dove sono entrata nel 2006.
In cosa consiste l’attività del club?
Siamo un’organizzazione di donne per le donne, presente in tutti i Paesi. Abbiamo una federazione europea, che è la più grande del mondo, con una presidente che cambia ogni due anni, come in tutti i club e che adesso è islandese. Ogni mandato è contraddistinto da un programma e da obiettivi da realizzare. Tra questi: l’empowerment delle donne, l’aiuto a popolazioni in emergenza, la tutela della natura piantando alberi, o la salvaguardia delle api, come stiamo facendo qui a Montecchio. In una parola: awareness, cioè promozione della consapevolezza nei confronti dell’ambiente. Per il mio biennio ho scelto la parola chiave: rispetto. Il nostro impegno è stato rivolto dunque a promuovere l’educazione per combattere il cyberbullismo e le violenze di genere. Rispetto inteso anche verso la natura e gli animali, ma anche verso le cose storiche del nostro Paese.
Il club ammette solo donne inserite nel lavoro e con percorsi di eccellenza nel proprio settore. Non è un po’ selettivo?
Nel nostro statuto c’è scritto che viene ammessa solo una donna per ogni professione, cosa che viene difficile in un territorio molto piccolo. Ma siccome non vengono specificate le differenze, abbiamo, per esempio, una professoressa di storia e una di inglese. Avere una professione significa contribuire all’interno del contesto sociale, perché non si voleva creare un’organizzazione, come succedeva una volta, dove si passava il tempo a fare la maglia. Anche noi facciamo le maglie, ma per venderle.
Avete sdoganato perfino le casalinghe. Vuol dire che le considerate professioniste?
Vero. Come del resto sta accadendo in Europa, dove le donne che si occupano della famiglia e dei figli, vedono conteggiare questi anni di lavoro a fini pensionistici. In Austria è già così. Dobbiamo lavorare perché questo avvenga anche a San Marino.
Il Soroptimist e il Ruanda, che storia è questa?
Il club è stato fondato nel 1989, subito dopo accadde il famoso genocidio. Le nostre socie furono contattate dalle ruandesi, disperate, perché c’erano solo donne, orfani e tanta miseria. Gl uomini erano stati uccisi tutti. Abbiamo risposto immediatamente e abbiamo aperto un centro per dar ricovero e lavoro alle donne. Adesso la nostra mission è finita, quel centro è diventato una scuola per i bambini. Anche in Ruanda hanno creato una federazione soroptimista con tanti club che si occupano di portare avanti i services necessari.
Un progetto che ha suscitato un grandissimo interesse è stato quello della creazione di gioielli con la tecnica dell’intreccio. Ce lo vuole ricordare?
Volentieri. Quelle donne non avevano un lavoro, quindi non avevano risorse per tirare avanti, ma sapevano intrecciare con maestria le fibre vegetali per ricavarne piccoli oggetti domestici. In collaborazione con la nostra Università di design, abbiamo promosso la conversione di questa professionalità: dai cestini siamo passati ai gioielli, che sono stati venduti in tutto il mondo. Con questi oggetti, di grandissimo livello artistico, il Ruanda è stato presente perfino alla Biennale di Venezia.
E poi c’è il progetto contro l’uso delle bambine-soldato, sta andando avanti?
Abbiamo creato quel progetto con la Fondazione Silvana Arbia, un magistrato della corte internazionale che aveva visto e perseguito quei crimini spaventosi. Purtroppo, non è facile fare certi tipi di intervento perché è un settore molto pericoloso. A volte rapiscono delle intere classi di bambini. Ma il nostro impegno c’è sempre. Abbiamo anche cercato di far nominare l’avvocato Arbia all’ONU, ma anche questo è percorso molto difficile.
Cosa c’è domani nelle sue attività e in quelle del Soroptimist?
Io sono ormai a fine mandato. Mi succederà la mia attuale vice, Francesca Barbieri. Ognuna di noi crea un motto per il suo mandato, ma il principio generale è inamovibile: aiutare le donne a crescere, ad essere orgogliose di essere donne. Vorrei dire qualcosa sulla violenza di genere, perché leggiamo sempre più spesso denunce di questo tipo. È un fenomeno positivo, perché vuol dire che le donne stanno imparando a superare la paura e a ribellarsi alla violenza. Vuol dire che sta aumentando la loro consapevolezza, ed è una cosa bella.
Angela Venturini