Che questo governo, comunque come e forse un pochino meglio del precedente, non stia brillando per lungimiranza e progettualità non è certo una novità. Eccezion fatta per alcune segreterie di stato come, ad esempio, quella all’Industria retta da Fabio Righi o quella alla Giustizia guidata da Massimo Andrea Ugolini -capaci di mettere in campo idee e provvedimenti importanti-, o come quelle alla Cultura e Politiche Giovanili di Andrea Belluzzi, al Lavoro di Teodoro Lonfernini, al Turismo di Federico Pedini Amati o alle Finanze di Marco Gatti, le quali quando “assenti” appaiono giustificate visto che l’emergenza Covid si è abbattuta come un ciclone su quei comparti economici…
Eccezion fatta -si diceva- per alcune Segreterie di Stato, il voto complessivo di questo esecutivo rasenta appena la sufficienza. Una sufficienza motivata, più che dai risultati, da una svolta importante rispetto agli anni precedenti in cui, sotto la guida dell’esecutivo denominato Adesso.sm, si sono lesi principi cardine della democrazia e del diritto.
La caduta di Adesso.sm, infatti, ha rappresentato -almeno temporalmente- la caduta di quel sistema di “governo occulto” dell’economia sammarinese messo in campo -come evidenziato dalle risultanze unanimi della Commissione di inchiesta su Banca Cis- da una “cricca” che avrebbe creato ramificazioni, oltre che nei posti chiave della gestione finanziaria del Paese, sia in Tribunale che in seno al Congresso di Stato, nonché nell’informazione.
In questo contesto non rassicurante per il futuro, specie dal punto di vista economico e, quindi in termini di benessere, ma che si vuol credere possa invertirsi con il rientro dell’emergenza pandemica data ormai per prossima, un’altra Segreteria di Stato si è distinta in particolare: quella alla Sanità, guidata da Roberto Ciavatta. Si è distinta dalle altre per una gestione approssimata, mai dignitosamente autonoma dalle influenze italiane nella gestione dell’emergenza, incapace, sempre in emergenza, di porre in campo misure efficaci e in grado di limitare l’impatto dell’emergenza sulla qualità dei servizi. E incapace di intervenire su criticità dai pesanti effetti come, per citarne una, la fuga dei medici dalla sanità pubblica o l’impossibilità di arruolare nuovi medici all’estero.
Incapace, perdipiù, di mantenere un clima di serenità all’interno della gestione Iss caratterizzata da uno scontro costante fra Direttore Generale, la ex Alessandra Bruschi, e il resto della stessa amministrazione. Una tensione durata a lungo e che, ovviamente, è andata a ripercuotersi sull’efficienza dell’intero comparto chiave.
Ma il fondo, si è toccato con le dimissioni “non irrevocabili”, poi ovviamente revocate, che hanno evidenziato uno scollamento totale fra il Segretario di Stato Ciavatta e il resto dell’Esecutivo. Tanto che oggi, lo stesso Ciavatta, appare un ministro, per certi versi, commissariato e, come tale, “inutile”, se non addirittura dannoso. Certo, questa è una opinione personale… Ma come può coesistere un gruppo dirigente (il Congresso di Stato nel caso) dove un membro chiave ricorre al “ricatto” (nel caso le dimissioni “non irrevocabili”) nei confronti degli altri membri e dell’assemblea dei soci (nel contesto la maggioranza)? Di una simile situazione ne risente l’intera azione del governo e, conseguentemente, ogni cittadino paga sulla propria pelle l’inefficienza dell’esecutivo. Ancor di più in un comparto delicato quale è la sanità pubblica.
Ciliegina sulla torta di questa inefficienza è l’incarico di consulenza al prof. Francesco Bevere, giunto sul Titano con ben sei consulenti al seguito per un esborso totale dalle già provate case pubbliche che è quantificabile -secondo quanto diffuso dai media- in ben 41mila euro…
Decine di migliaia di euro per predisporre il “doppione” di studi e proposte riorganizzative già elaborate pochi mesi prima dai dirigenti Iss. Come, ad esempio, il “documento di indirizzo per la riorganizzazione dell’UOC Cure Primarie e Salute Territoriale datata 25 ottobre 2021, materialmente redatta da Sergio Rabini e Marcello Forcellini, rispettivamente Dg ad interim e direttore amministrativo, con l’importante contributo del dott. Agostino Ceccarini, Direttore della Uoc. Si tratta di un documento di ben 37 pagine, delle quali addirittura 10 interamente dedicate alle proposte di riorganizzazione del comparto così da riportarlo a standard qualitativi dignitosi a -praticamente- “costo zero”.
Nelle conclusioni della stessa relazione, infatti, si evince che il progetto è realizzabile con l’assunzione di appena tre medici, tre infermieri e tre amministrativi, per un costo di circa 500mila euro annui che, però, saranno compensati dalle “mancate uscite derivanti dalle sostituzioni dei medici di base” e dalle “mancate uscite derivanti dall’impiego di medici assunti a tempo determinato”.
“Tutto ciò -conclude la relazione- garantirà la continuità socio assistenziale, che è uno dei capisaldi di questa riforma proposta”. E il tutto, si ricordi, ad aggravio di spesa pari a zero!
Ma, al di là del puro aspetto tecnico della proposta di riorganizzazione, ciò che evidenzia questo atto -unito anche ad altri condivisi dall’intero gruppo dirigente successivamente alle dimissioni del Dg nominato nel maggio 2020 da questo esecutivo, quindi su indicazione, si deduce, del Segretario Ciavatta- è il clima di recuperata serenità e di ritrovata costruttività all’interno della gestione Iss con il solo cambio al vertice fra la ex Bruschi e il nuovo Dg (ad interim) Rabini.
Una serenità e costruttività, preziosa e indispensabile per riportare la sanità pubblica agi standard di assistenza e servizio che la caratterizzavano un tempo, oggi rimessa in discussione con la nomina di un nuovo Direttore generale che, se le indiscrezioni che rimbalzano sui social fossero confermate, fra un viaggio e l’altro in “auto-blu” potrebbe riportare la gestione sanitaria alle tensioni che hanno caratterizzato il mandato Bruschi, con buona pace della qualità del servizio.
E ciò solo perchè -nonostante l’incredibile svolta propositiva e costruttiva che si è vista con il Dg ad interim Rabini, che avrebbe indotto chiunque a confermare lo stesso Rabini al vertice Iss, peraltro sammarinese- il Dg ad interim -come rimbalza nei corridoi del Palazzo- non sarebbe stato politicamente gradito al Segretario alla sanità, al punto da rappresentare, uno dei motivi decisivi delle ormai celebri e grottesche dimissioni “non irrevocabili”. Certo, queste sul vertice Iss sono voci… Semplici voci raccolte in ambienti politici e tutte da verificare.
Ma, se quelle dimissioni fossero state -come peraltro sono solitamente- irrevocabili, non sarebbe stato meglio per tutti, compreso lo “stato di salute” delle casse pubbliche?
Enrico Lazzari