San Marino. Karnak chiude, 100 lavoratori rischiano il posto. l segretario al Lavoro punta il dito contro la maggioranza: “In momenti straordinari servono misure straordinarie”.

Iro BelluzziBelluzzi: “Avremmo potuto recuperare in pochi anni 3,6 mln di euro”.

È notte fonda a Chiesanuova. La storica azienda Karnak, un tempo leader nel settore della fornitura di cancelleria per ufficio, ha chiuso ieri i battenti.

L’amministrazione aziendale aveva già deciso venerdì scorso, ma solo lunedì ha ufficializzato la triste novella e ieri la notizia ha lasciato tutti di stucco, in primis la segreteria di Stato al Lavoro, che fino all’ultimo ha sperato che si potesse raggiungere, con l’aiuto economico di alcuni istituti bancari sammarinesi, un piano di salvataggio.

La lettera definitiva dell’azienda ai sindacati è arrivata infatti proprio ieri: la Karnak si appresta perciò a trasferire tutto in Italia, in particolare negli stabilimenti di Poggio Torriana della MyO srl. Già in precedenza i vari uffici erano stati spostati nel corso degli anni oltreconfine, prendendo la denominazione appunto di MyO, mentre in Repubblica era rimasto solo il settore servizi. Ora anche quello verrà chiuso.

Un centinaio di lavoratori, circa 70 sammarinesi e una trentina di frontalieri che, fino a pochi giorni fa lavoravano a Chiesanuova, rischiano adesso di perdere il posto o, nella migliore delle ipotesi, di essere dirottati nello stabilimento di Poggio Torriana lungo la Santarcangiolese.

Le cause della chiusura della Karnak sono principalmente due: gli esuberi e i debiti contratti negli anni scorsi. Infatti il dramma, anzi la beffa, è proprio questa: il lavoro non manca, ma i debiti, essendo troppo alti, hanno messo in ginocchio l’azienda che, quindi, ha deciso di chiudere lo stabilimento di Chiesanuova.

Ma la storia della Karnak ha un passato assai travagliato: prima l’ingresso di San Marino in black list, poi il terremoto giudiziario che ne aveva colpito i vertici. Negli ultimi mesi, alla ricerca di una soluzione, si sono susseguiti decine di incontri tra segreteria al Lavoro, sindacati, Anis e ovviamente i proprietari della Karnak, i quali, pur di salvare l’azienda erano perfino arrivati a chiedere l’intervento del governo, ma, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbero mancate le necessarie garanzie perché tutto andasse a buon fine. Ieri il triste epilogo. Ora, sarà anche da valutare l’impatto sull’economia del Castello e più in generale del Paese. Molti infatti erano gli abitanti di Chiesanuova assunti in Karnak.

Enzo Merlini, segretario della Federazione industria della Csdl, che ha partecipato al tavolo di confronto per il salvataggio dell’azienda, afferma che “la Karnak trasferirà tutte le attività in Italia a causa dell’esubero del personale. Poche decine di persone – rivela – potranno essere assunti nello stabilimento di Poggia Torriana alle condizioni contrattuali italiane.

Dopodiché starà ai lavoratori valutare se accettare o meno le nuove condizioni. La settimana prossima – aggiunge – dovremo avere il quadro completo della situazione”.

Riguardo al sostegno economico da parte di due Banche del Titano, purtroppo saltato, prosegue Merlini, “prevedeva che una cinquantina di persone, sui 100 lavoratori, sarebbero rimasti in azienda. L’aiuto però non c’è stato perché le banche chiedevano la garanzia dello Stato, che alla fine non è arrivata. Ciò nonostante – aggiunge – un paio di banche si erano comunque rese disponibili a finanziare questo progetto di salvataggio con circa 1,5 milioni di euro”.

Conclude infine Merlini: “Aziende in difficoltà finanziaria a San Marino, come la Karnak, ce ne sono tante, sia piccole che medio-grandi. Il problema però è che fanno fatica non perché manca il lavoro ma per i debiti contratti in passato”.

Mercoledì scorso si era svolto l’ultimo incontro tra la proprietà, il governo e le tre banche rimaste al tavolo delle trattative: Asset Banca, Cassa di Risparmio e Banca di San Marino. Quest’ultima chiedeva che venisse emanato il Decreto – Legge 3 luglio 2015 n.106 “Misure urgenti per la soluzione dello stato di crisi temporanea delle imprese”, in cui nella prima bozza, poi fortemente rimaneggiata, a causa di alcune pressioni interne alla maggioranza, veniva garantito da parte dello Stato il finanziamento delle banche alla Karnak. Il Decreto era praticamente pronto e approvato con delibera dal governo, ma la maggioranza, all’ultimo, non ha accettato. In particolare, sembrerebbe che l’ala più intransigente sia stata quella democristiana, ma anche Ap e Ns avrebbero messo il veto sulla questione della garanzia di Stato.

“Sicuramente l’approvazione di quel Decreto – rivela Iro Belluzzi, segretario di Stato al Lavoro – avrebbe salvato la Karnak, anche perché il piano di ristrutturazione era stato vagliato e condiviso dall’Anis, dai sindacati e dalle segreterie di Stato all’Industria, al Lavoro e alle Finanze. 750 mila euro – prosegue Belluzzi – erano destinati in funzione di un percorso di riqualificazione del personale. Un milione di euro lo avrebbero tirato fuori gli istituti bancari interessati all’operazione, mentre 800 mila euro sarebbero stati aggiunti direttamente dalla società.”

Una volta venuta a meno la garanzia dello Stato, Banca di San Marino si sarebbe tirata indietro, mentre Asset Banca e Carisp avrebbero avuto l’intenzione di proseguire ugualmente, ma alla fine, chi ha deciso veramente di mollare è stata la diretta interessata, cioè la Karnak. “Avevamo considerato ormai l’operazione, grazie soprattutto ad Asset Banca e a Carisp, come cosa fatta. In un momento di crisi straordinaria – aggiunge deluso Belluzzi – dovrebbero essere avvallati e compresi percorsi straordinari, come quello che avevamo proposto. È necessario che il governo e tutte le forze politiche ci mettano la faccia, è indispensabile fare un’assunzione di responsabilità nei confronti della collettività. Sono deluso – prosegue – anche perché, considerando i contributi per i dipendenti, e il valore della monofase prodotto dall’azienda, versati allo Stato, avremmo recuperato in pochi anni 3 milioni e 600 mila euro”.

Infine, un richiamo a tutto il sistema bancario: “Troppo spesso – conclude Belluzzi – sono sempre le solite 3, 4 banche a intervenire per risolvere situazioni difficili, è invece necessario che ci sia maggior collaborazione da parte di tutti
per superare questa fase di grande difficoltà”.

Francesco De Luigi, La Tribuna