Sammarinesi, sedetevi un attimo, che qui la faccenda puzza più di un carro di letame che transita lungo lo “stradone”, per la “gioia” degli avventori della Torretta e del Giulietti… Mercoledì scorso, il 4 giugno, mentre mi chiedevo perché una birra qui nel Centro Storico costi come un aperitivo a Roma, due cani sono stati colpiti da un veleno che farebbe rabbrividire un serpente.
Uno, un cane della Protezione Civile che forse avrebbe salvato vite in un terremoto, è morto; l’altro è in clinica, appeso a una flebo e fortunatamente fuori pericolo. Non è una novità, purtroppo: da 15 anni San Marino ha un problema con i bocconi avvelenati e le scorse ore ci han ricordato che il mostro non è sparito… O si è “reincarnato”. Probabile sia uno di quei deficienti emulatori che si divertono a imitare il passato, ma non escludiamo nulla, nemmeno quel vecchietto di Fiorentino che dovrebbe essere agli arresti domiciliari ma – prendendo per buono ciò che riecheggia fra le mura delle contrade – talvolta sembra più libero di un turista in centro.
Non sono di qui, non sono sammarinese, ma ci “vivo” abbastanza da sapere che un cane, per voi, è più di un animale: è il compagno che vi guarda come se foste l’unico al mondo. Quel cane della protezione civile non era un randagio qualunque: era un eroe che fiutava il pericolo mentre voi dormivate. Eppure, qualcuno l’ha mandato al creatore, in un posto nuovo, lontano, come a dire: “Vi frego tutti”.
E sapete una cosa? Io ci sono passato. Più di 10 anni fa, in Valconca, dove vivo, il mio Ettore – un Dogue de Bordeaux, decine di chili di affetto puro, con l’hobby del divano e della pennichella – è morto avvelenato. Ancora oggi sono incazzato nero e giuro che se beccassi il responsabile nel buio di una notte – metaforicamente, s’intende! – gli farei passare la voglia di giocare al piccolo chimico nel suo garage. Ettore non tornerà, ma la sua perdita brucia, e vedere altri cani morire così è un pugno nello stomaco.


Il secondo cane, che magari sogna ancora di correre mentre una macchina lo tiene in vita, merita lo stesso rispetto. I social ribollono – “giustizia!” gridate su “San Marino Risponde… senza censura” su Facebook, GiornaleSM, il Comitato Anima e tanti altri hanno tuonato contro questo schifo. Ma le autorità? Sembra che stiano giocando a poker, ma con le carte scoperte di un mazzo, perdipiù, truccato.
Facciamo un passo indietro. Da 15 anni, un’ombra avvelena cani, mentre chi esprime sdegno verso gli avvelenamenti riceve lettere minatorie con proiettili. Un’ombra che potrebbe avere un nome e cognome, ma ancora per certo – fino a sentenza definitiva in tal senso – non ce l’ha. Mi riferisco a Stelio Pazzini, Emanuela Stolfi, al nostro direttore di GiornaleSM Marco Severini di GiornaleSM (che ha ricevuto un proiettile) e tanti altri che hanno ricevuto buste di veleno puro, forse mirato a tappare bocche.
Il sospetto, un ultraottantenne, dovrebbe essere chiuso in casa con un braccialetto, ma qualcuno giura di averlo visto in giro, come se gli arresti domiciliari fossero un invito a gustarsi un gelato a Cailungo. Io, tempo fa, l’ho detto chiaro: la giustizia corra a mille all’ora e se – qualora venisse condannato – la galera non va bene per l’età, che lo mandino a pulire il canile, 12 ore al giorno, feste incluse. Non era una battuta, era una proposta per dargli un assaggio di giustizia, visto che alla sua veneranda età, in “gabbia”, non ci finirà mai.
Ma oggi? Siamo ancora qui, con due cani in meno e zero risposte.
Le scorse ore qualcuno vi ha dato, ci ha dato un ennesimo ceffone: questi avvelenamenti nuovi, in un posto diverso – come ho detto – puzzano di idioti emulatori, quei cretini che vedono un crimine e pensano “facciamolo anche noi”. È più probabile che sia così, perché un ottantenne che sfugge agli arresti per spargere veleno sembra un po’ troppo da film. In ogni caso, le indagini non toccano a chi combatte con la “penna”. Il punto è che San Marino, che si vende come oasi di pace, sembra un villaggio western dove il cattivo ride e lo sceriffo si gratta i co… La testa.
La fiaccolata del 2011, organizzata da GiornaleSM e APAS, ha scaldato i cuori ma non ha fermato nulla. Le promesse di allora? Evaporate, come l’acqua in una pentola dimenticata sul fuoco.
E allora, sammarinesi, che fate? La vostra rabbia su Facebook è un buon inizio, ma non basta. Questo non è solo un problema di cani: è un problema di chi siete. Un Titano che lascia morire un cane della protezione civile, o qualunque altro, è un Titano che ha smesso di ringhiare. Servono telecamere che funzionano e addetti che le usino; controlli veri, analisi dei bocconi, bonifiche immediate e attentissime prima che un altro cane – o peggio un piccolo bambino – ci lasci la pelle.
Se è un emulatore, trovatelo e fermatelo: non può essere così difficile in un posto grande come un fazzoletto da naso. Scrivete alla Segreteria di Stato, fate rumore, marciate di nuovo… E anche io sarò lì, con una simbolica mazza in mano e il cuore inca**ato. E smettetela di accettare che un problema, dopo 15 anni, possa essere ancora un mistero. San Marino non è il Far-West: è casa vostra. E anche i vostri cani meritano di viverci senza abbandonare i vostri figlioletti.
Svegliatevi. Fatevi sentire. Non lasciate che il prossimo cane sia quello che dorme ai piedi del vostro letto. Guardatelo negli occhi: lui non vi tradirebbe mai. Quanto a me, per ora, resto qui ad osservare e spronare, con una birra ormai riscaldata e la speranza che qualcuno, lassù, impari anche a “mordere”.
Enrico Lazzari