San Marino. La condanna di Buriani e Celli conferma: il “golpe bianco” è ormai consegnato alla storia, ma la resa dei conti è appena iniziata! … di Enrico Lazzari

Immaginate un colpo di Stato, ma senza carri armati, né esplosioni, né barricate. Niente spari, solo carte bollate, firme su atti giudiziari talvolta “farlocchi”, ma che pesano come macigni.

A San Marino, nello scorso decennio, è andata proprio così: un golpe bianco, silenzioso, orchestrato da una cricca che ha messo in ginocchio il Titano con l’eleganza di un prestigiatore e l’arroganza di un signore feudale.

Lo certificano ormai, fra le righe, ben due sentenze: un primo grado e un appello… Oltre che la sfilza di assoluzioni con formula piena e “non condanne” del Mazzini.

Al centro della scena, per ora, i primi due protagonisti da premio Oscar: Alberto Buriani, il – diciamo – “braccio armato” che dalla sedia di magistrato apriva indagini e, grazie a qualche media che prendeva per oro colato ogni suo atto – sparava ordinanze a raffica, come fossero proiettili di un AK47; e Simone Celli, il “ministro delle Finanze” di un governo che, attraverso lui, o chissà chi altri – io un’idea ce l’avrei! -, sembrava prendere ordini da un finanziere manco sammarinese.

Enrico Lazzari

Ieri, 23 giugno 2025, la sentenza d’appello che li inchioda entrambi per tentata concussione e, per il solo Buriani, abuso d’autorità è l’ennesima autorevole conferma che io ed il direttore di GiornaleSM Marco Severini, su questo seguitissimo sito, non eravamo gli sprovveduti Don Chisciotte contro i mulini a vento.

Era tutto vero: San Marino è stata sequestrata da una banda di potenti con il sorriso da selfie. Già, perchè seppure questa sentenza non lo dica, i beneficiari finali di questa loro tentata concussione – da confermare, ormai, eventualmente, solo in Terza Istanza – appaiono evidenti… e non sono loro due!

Un passo indietro: i fatti, per chi ha la memoria corta

Cari sammarinesi, perdonatemi se vi trascino in un viaggio nella storia recente, ma senza un riassunto non si capisce come siete finiti in braghe di tela. Partiamo dal processo Mazzini e vicende simili, il terremoto giudiziario che Buriani, come un demiurgo con la toga, ha scatenato anni fa. Quei processi forse non erano solo inchieste giudiziarie: erano una ghigliottina che ha decapitato un’intera generazione politica, da Gatti in giù, aprendo le porte a una nuova schiera di “salvatori della patria” come, ad esempio, Simone Celli. Coincidenza? Forse, ma le coincidenze a San Marino hanno sempre un retrogusto di copione ben scritto.

Avanti veloce al 2020: Catia Tomasetti, presidente di Banca Centrale, denuncia Buriani per pressioni, minacce e intimidazioni. Non stiamo parlando di un battibecco al bar: Buriani, con la sua frase da film noir – “facciamo un po’ di paura a qualcuno” – e registrazioni clandestine, voleva mettere la museruola alla vigilanza bancaria. E Celli? L’ex Segretario alle Finanze, che scriveva decreti legge come se fosse la segretaria di Francesco Confuorti, era il suo degno faccendiere?

Risultato: primo grado, febbraio 2024… Buriani condannato a 4 anni di carcere e 118.000 euro di risarcimento; Celli a 1 anno (pena sospesa). Appello, 23 giugno 2025, ieri: tutto confermato, con tanto di ciliegina secondo cui Buriani cancellava file da hard disk pubblici come un hacker di quart’ordine.

E non è tutto. Parallelamente, l’inchiesta del Commissario della Legge dott.ssa Elisa Beccari sulla “Cricca” Banca Cis, partita nell’ottobre 2024, dipinge un quadro ancora più torbido. Buriani, descritto come il “braccio militare” di un sodalizio guidato da Marino Grandoni e Daniele Guidi, è accusato di associazione a delinquere per proteggere i vertici di Banca Cis, archiviare fascicoli e favorire operazioni sporche.

Francesco Confuorti, il burattinaio che sembra aver dettato legge a Celli, è nel mirino anche per riciclaggio.

E poi ci sono Wafik Grais, ex presidente Bcsm, e una sfilza di funzionari che avrebbero trasformato la vigilanza bancaria in un circo al servizio di un “gruppo criminoso”, di cui poi, secondo il decreto di rinvio a giudizio, sarebbero stati parte integrante. Il processo promette di essere una bomba. Certo, ad orologeria, con il timer arretrato alle calende greche, ma una dirompente bomba… Più tempo passerà, più il “si salvi chi può” fra vecchi – per ora presunti – sodali renderà più devastante l’esplosione.

Il golpe bianco, altro che complottismo

Torniamo al presente, cari lettori, e guardiamo in faccia la realtà: questo non è un semplice scandalo. È un golpe bianco, un assalto alle istituzioni mascherato da normalità. Buriani, con la sua toga da giustiziere, non era – secondo l’accusa del Commissario Beccari e fra le righe delle sentenze già emesse nei suoi confronti – un magistrato qualunque: era il bazooka di un sistema che eliminava nemici politici e proteggeva amici bancari.

Simone Celli, con le sue email che sembravano scritte a quattro mani con Francesco Confuorti, non era solo un politico: era il terminale di una rete che trafficava decreti legge.

E la “Cricca” Banca Cis? Non una banda di dilettanti, ma un’amministrazione ombra che ha saccheggiato il Titano come un buffet “all you can eat”.

E chi vorrebbe nascondere tutto questo sotto il tappeto? I soliti noti, quei consiglieri che si riempiono la bocca di “trasparenza” ma tremano all’idea di scavare nel fango.

Quasi tutti sessanta, visto l’entusiasmo che accompagna l’ipotesi di costituzione di una nuova Commissione parlamentar e di inchiesta... “È acqua passata”, diranno, con la faccia di chi ha appena ingoiato un limone. Acqua passata un ca… corno! San Marino è in ginocchio, con banche sventrate e cittadini che pagano il conto di un decennio di scelleratezze, magari sovversive.

E loro, i nostri Capitani di Ventura, coloro che hanno passato indenni – almeno per ora – le maglie della giustizia, ma le cui responsabilità politiche pesano sulla loro coscienza come macigni del Monte Titano, pensano di cavarsela con un comunicato stampa e un sorriso da sagra del cinghiale.

Ridicolo, se non fosse tragico. La sentenza di ieri è un faro che, seppure non in forma palese, diretta, illumina la sporcizia: Buriani e Celli non erano lupi solitari – almeno a mio parere -, ma pedine di un gioco più grande. E la “Cricca” Banca Cis, con i suoi Grandoni, Guidi e Confuorti, non era un club di scacchi: era una macchina da guerra che ha piegato banche, giustizia e politica.

Io e Marco Severini lo gridavamo da anni, mentre ci guardavate come matti che vedono ufo. Ora, chi ride?

Basta, è ora di fare sul serio

Cari sammarinesi, il Titano non merita questo. La magistratura, con la sentenza di ieri e l’inchiesta sull’associazione a delinquere, sta facendo il suo dovere, tirando fuori la verità come un dentista estrae un molare marcio.

Ma la politica? Zitta, muta, con l’aria di chi spera che il temporale passi. 

Non ci sto. E non dovreste starci nemmeno voi.

Consiglieri, svegliatevi: istituite una nuova commissione d’inchiesta parlamentare, e fatelo subito.

Non per fare un altro show da talk show, ma per scavare fino in fondo e trovare le responsabilità politiche di questo scempio.

Chi ha lasciato che Buriani giocasse a fare il giustiziere? Chi ha permesso a Celli di scrivere decreti come fosse il ghostwriter di Confuorti? E chi, tra i banchi del Consiglio, ha chiuso gli occhi mentre il Titano finiva in mutande? I sammarinesi meritano di sapere chi li ha ridotti così, e non si accontenteranno di un “ops, ci siamo distratti”.

San Marino non è un hashtag, né un set per i vostri selfie istituzionali. È una repubblica millenaria che ha resistito a tutto, tranne forse alla vostra voglia di far finta di niente. Rispolverate il coraggio, o preparatevi a qualche pomodoro in faccia. Perché il golpe bianco è ormai consegnato alla storia, ma la resa dei conti è appena iniziata.

Enrico Lazzari