Arriva sempre, prima o poi, quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. La conseguenza ovvia, inevitabile, quando si verifica questa condizione, è inderogabilmente la crisi, che, però, come la storia insegna -e come Albert Einstein ricordava- “può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione”. Del resto, “la creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalla notte oscura”.
Quindi, questa pesante crisi che ha rigettato l’Europa indietro di 50 anni, ai tempi dell’austerity e della crisi energetica, si trasformerà anche sul Titano in una “benedizione”? No… Non con questo governo, caratterizzato -a mio modesto parere, ma non solo- dalla mancanza di coraggio e di progettualità. Certo, sono in cantiere importanti riforme e, nonostante il complicatissimo contesto economico ed internazionale, verranno portate a termine nei prossimi mesi.
Ma non si tratta di riforme che avranno un impatto decisivo sullo sviluppo economico della Repubblica, destinata, così, a continuare quel preoccupante cammino verso il declino, lento ma inesorabile e costante. Non basta riequilibrare i conti pubblici per garantire un futuro roseo alla comunità sammarinese. Non basta “navigare a vista” come sembra fare questo governo. Serve progettualità almeno a medio termine. Serve definire come determinare nuove entrate per le casse pubbliche senza aumentare la pressione fiscale su cittadini e imprese.
C’è un solo modo per farlo: attirare in territorio nuove attività economiche private. Fino a ieri, per fare ciò, ogni nazione puntava sulla bassa pressione fiscale e sulla sburocratizzazione, oltre che su uno stato di diritto solido e chiaro. Con l’attuale crisi energetica una fiscalità vantaggiosa, da sola, non basta più. Anzi, strategicamente sarebbe possibile, oggi, per San Marino, mantenere un forte appeal addirittura alzandola un po’. E’ la conseguenza, la “benedizione” impartita dalla crisi energetica che può rappresentare, se compresa e “cavalcata” da chi definisce le strategie economico-politiche sammarinesi.
Lo ha capito, ad esempio, la vicina Slovenia, che si appresta a scippare all’Italia le forniture energetiche delle imprese siderurgiche (notoriamente “energivore”) del Nord-Est, in forza di un accordo stipulato da Federacciai e Ansaldo Nucleare, controllata di Ansaldo Energia. Una partnership triangolare (Federacciai, Ansaldo Energia, Slovenia) finalizzata a conferire più certezza e stabilità sui costi energetici per le aziende attraverso un investimento da 400 milioni di euro, a carico delle imprese italiane, che rappresentano il finanziamento per il raddoppio della produzione energetica della centrale nucleare slovena di Krsko.
Ad appena 200 km dal confine e con capitali italiani nascerà una newco da 1,2 miliardi di euro di capitale che finanzierà l’operazione, in cambio, per gli investitori, di una fornitura energetica affidabile, pulita e a costi sostenibili e bloccati per 10 anni.
Ovviamente, una operazione fotocopia non sarebbe proponibile sul Titano. Ma qualcosa di molto simile, in scala ridotta e senza ricorrere al nucleare sì. Pannelli solari? Eolico? No… la produzione in rapporto al proibitivo investimento -e senza dimenticare l’impatto ambientale- non sarebbe così vantaggiosa. La soluzione, come evidenziato già settimane fa (clicca qui, qui, qui e qui per leggere i vecchi approfondimenti in materia) ha un solo nome: termovalorizzatore.
Non scendiamo nuovamente nelle previsioni finanziarie secondo le quali potrebbe portare nelle casse sammarinesi anche 200 milioni di euro ogni anno (lo abbiamo fatto qui) ma concentriamoci sull’impatto che questa struttura potrebbe avere sull’attrarre piccole e medie imprese energivore italiane, già impegnate a guardare oltre confine per risolvere il problema più pressante che si ritrovano: il caro energia e l’incertezza che genera sul futuro.
La crisi energetica, infatti, rientrerà, l’incertezza che ha determinato negli imprenditori, invece, no. Resterà per decenni. Come può, oggi, o fra un anno, una impresa programmare investimenti, definire un business plain senza stabilità e certezze sui costi di produzione, nel caso costi energetici che in alcune attività incidono anche per il 40% del totale? Non può… E l’Italia, dipendente da forniture estere, è impossibilitata per anni e anni a poter fornire una simile certezza.
Un impianto di termovalorizzazione moderno, compatibile con l’allestimento nel non morfologicamente ottimale territorio sammarinese, potrebbe facilmente produrre 500 GigaWatt/ora ogni anno, a fronte di un fabbisogno interno, allo stato attuale, di circa 290 Gw/h. Si avrebbe, dunque, un surplus di oltre 200 miliardi di watt/ora che potrebbe venire destinato alle nuove imprese nate in territorio. 200 Gw/h a costo pressochè zero, da cedere a prezzo fisso e vantaggioso per una decina di anni.
Al tempo stesso, il prezzo calmierato favorirebbe, nel mercato internazionale, le aziende e i prodotti “made in San Marino”, grazie al minor costo della loro produzione e, quindi, all’offerta estremamente concorrenziale che avrebbero sul mercato.
Dunque, nuove aziende unite all’arrivo di nuove determinerebbero un importante aumento del Pil interno con relativo aumento del gettito per le casse pubbliche. Con, per di più, ovvie ricadute su occupazione e, conseguentemente, vantaggi per le casse previdenziali, aumento del potere di spesa medio che andrebbe a determinare, a sua volta, una crescita di fatturato -e quindi di gettito per lo Stato- dell’intero tessuto economico sammarinese.
Ma per cogliere queste occasioni serve lungimiranza, progettualità, concretezza, razionalità e coraggio… Tutte qualità che questo governo non ha ancora dimostrato di avere.
Enrico Lazzari