La tempesta perfetta. L’epidemia di Coronavirus ha colpito un sistema che sembrava invincibile, il capitalismo globalizzato che negli ultimi venticinque anni aveva reso tutto lucido, pacifico, programmato. Invece, tutto è caduto in un attimo. Offerta e domanda, beni e servizi, sanità e globalizzazione, confini e intelligence. Ma soprattutto cultura e progetti artistici.
L’arte è apparsa per molti mesi la grande dimenticata, o meglio rimossa. Talvolta si dimentica che musei, cinema, teatri, concerti sono settori di grande produzione economica, che muovono un indotto gigantesco e che ancora oggi sembrano non ricevere la necessaria attenzione. Di certo, la difficoltà di ripensare questo mondo in era post Covid-19, riguarda il rischio assembramenti, in quanto attività pubbliche. O forse perché, invece, la cultura è ritenuta un settore d’élite.
Un ritorno a qualsiasi parvenza di normalità (e rilevanza) per i campi delle arti e della cultura richiederà di affrontare il trauma, non scansarlo; integrarlo e non limitarlo o limitarne gli impatti (anche a lungo termine) a una sfortunata “parentesi” lontana nello spazio e nel tempo. Insomma, bisognerà trasformare questa contingenza in un’esperienza su cui costruire il nuovo rapporto e la cultura. Coinvolgere nuovamente il pubblico e rigenerare la partecipazione attiva, in un modo che sia lo stesso pubblico ad aiutare a sostenere e far crescere una nuova “offerta”, questa è la vera priorità”.
In tutto il mondo ci si domanda se durante questa fase di transizione e, successivamente, quando la pandemia sarà debellata ovunque, la fruizione culturale tornerà ad essere simile alla precedente o si possano ipotizzare dei cambiamenti?
Come in ogni altro settore della società, questi lunghi mesi di chiusura hanno determinato un’accelerazione dei processi innovativi. Pensiamo al digitale: la musica, il teatro, le viste ai musei, tutto attraverso internet. Un’ancora di salvezza nei mesi bui. E subito c’è stato chi si è convinto che il digitale possa sostituire la quasi totalità di pratiche in presenza. Ma stare seduti davanti a un tablet non è come essere seduti a teatro, o girare per le sale di un museo, o partecipare a un mega concerto. In questi casi, l’arte, la cultura, si esprimono con linguaggi diversi, più diretti, più emozionali.
C’è un settore umano e professionale immenso, che ha subito un danno difficilmente riparabile: gli artisti, i fotografi, i designer, i registi, i creativi; a cui si aggiungono gli operatori dello spettacolo, i tecnici, le sarte, i costumisti, gli addetti ai trasporti, nonché il mondo della comunicazione e della pubblicità. Molti di loro non avranno neppure le clausole minime di salvaguardia da cui ripartire.
San Marino, grazie alla vaccinazione di massa, ha potuto ragionevolmente riaprire prima di molti altri paesi. Da qualche settimana sono stati riaperti i cinema e i musei, sono stati programmati alcuni bellissimi concerti dell’Istituto musicale e incontri in presenza, la domanda odierna è: come si riallacciano i fili della partecipazione culturale?
Il pubblico delle arti sta ancora vivendo un momento di profondo trauma, e questo non può essere minimizzato (come troppo spesso si sta facendo), anzi, siamo ancora nel mezzo di una profonda esperienza traumatica perché ancora nulla può essere come prima. Al chiuso si deve mantenere il distanziamento, la mascherina è consigliabile anche per i vaccinati (in Italia è ancora assolutamente obbligatoria). Eppure, non molto tempo fa, lo stesso G20 ha dichiarato la cultura “essenziale” per la ripresa post-pandemia.
L’intensa programmazione concertistica dell’Istituto Musicale, l’interessante locandina cinematografica, le serate della Dante, gli incontri con la storia, le mostre d’arte che timidamente ricominciano, la Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo, attualmente in corso, non sono solo il segnale di “un anno che finisce” ma la dimostrazione che si può sviluppare capacità attraverso la formazione e l’istruzione. Il capitale umano come motore della ripresa guidata dalla cultura. Ma è anche un tornare ai valori di base di collettività e di comunità, che sembrano oggi aver acquisito nuovo vigore e forza. Questo costituisce un punto focale per la ripartenza anche delle persone, per guardare al futuro con ottimismo. Quello che sta accadendo non lascerà solo un’impronta nella storia, ma anche nella nostra capacità di reagire, restando uniti, in un’ottica di dialogo e di sostenibilità sociale.
a/f