Facciamo delle premesse ovvie ma necessarie: la pandemia ha colto tutti di sorpresa, cittadini e politici, è un fenomeno complesso e, spesso, complicato. La comune esposizione al rischio di contagio è resa più drammatica dalla consapevolezza crescente della limitatezza delle nostre conoscenze. Covid-19 mette emblematicamente in luce come i rischi siano non solo globali nella loro portata, ma anche imprevedibili per la loro complessità, pervasività e novità. Non abbiamo ancora certezze su quale sia la diffusione reale del virus nella popolazione, il ruolo e l’entità dei casi asintomatici, il comportamento stagionale della malattia, il grado di immunità degli esseri umani, cosa succederà quando arriverà il vaccino, o i vaccini, e se ce ne sarà in quantità sufficienti alla copertura dei vari gruppi di popolazione.
Nessuna persona, con un minimo di coscienza, vorrebbe stare al posto di chi comanda; le scelte umane, specie in politica non sono mai perfette, sempre opinabili e perfettibili; il rapporto scienza e potere ha una lunga storia di luci ed ombre, anche in questa pandemia; nei momenti di crisi si raccoglie, dal punto di vista umano e politico, scientifico e comunicativo quello che si è seminato, viene fuori il meglio o il peggio dei singoli, e anche delle istituzioni.
Questi elementi sono comuni a tutti i Paesi, sono la croce quotidiana di chi detiene il potere e deve fare scelte anche di vita o di morte, o comunque tutelare, al meglio e ovunque, la salute. Che senso ha allora scatenare ogni giorno le baruffe chiozzotte? Sui giornali, sulla tivù, in Consiglio, nei comunicati, se ne sentono di tutti i colori.
Bisogna aprire tutto. Bene i ristoranti aperti. Così il governo dimostra arroganza e incompetenza. Si mette contro i Comuni italiani. Non c’è lungimiranza nella gestione della crisi. Il governo non ha idee né soluzioni. Le scuole devono stare aperte. Non ha saputo prevedere la seconda fase. Questo è un piccolo panorama delle critiche al governo, tra le quali, quella che sormonta tutte: manca il confronto, le decisioni devono essere condivise. Già, come se si fosse in un’assemblea di condominio a far caciara per le tegole sul tetto. Le scelte forti non potranno mai essere fatte in forma assembleare, ma attraverso tempi e procedure messi a punto con tecnici e operatori di settore. Non se ne può più di questa pantomima dove i maggiori responsabili del disastro economico e istituzionale della Repubblica, oggi salgono in cattedra a pontificare. La vicenda dei fondi pensione, scoppiata ieri, ha i campanelli!
Di una cosa si è certi: l’etica (politica, nel caso) non è una chiacchiera da bar. Al bar pontificano i tifosi: si scherza, si ride e si cerca di andare avanti, nonostante i divieti; il tifo accieca e, in genere, non rende obbiettivi. Responsabilità è, certamente, la parola del momento.
È proprio questo termine a darci un indirizzo etico. C’è in essa una sequenza stringente: chi – risponde – a chi – in cosa – per quale finalità. La cultura del “piove governo ladro” non può fare valutazioni perché accusa un’entità imprecisa per tutto… persino per la pioggia. Questo approccio, non ci vuole molto a capirlo, porta a una crescita esponenziale dell’irresponsabilità di diversi cittadini e politici, quanto della diffusione del virus.
Chi comanda fa delle scelte e può essere giudicato non perché ha risolto il problema del virus ma perché, nella situazione concreta e sotto precise condizioni, ha fatto il possibile, ci si augura il meglio, con scienza e coscienza, ma certamente non ha fatto tutto e qualcosa l’ha fatta male. In questa pandemia tutti i governanti hanno sbagliato, ma non in tutto e alla stessa maniera. Trump non è la Merkel. Quindi un giudizio etico se non è ponderato non merita neanche di essere ascoltato.
La critica, si ripete spesso, deve essere costruttiva. Bene, a parte alcune nobili e rare eccezioni, sono in tanti che parlano solo per gonfiare come una mongolfiera il proprio esagerato ego. Basta guardare la valanga di comunicati, di interviste, di post sui social, con la firma di esponenti di opposizione che non si esimono di giudicare qualsiasi cosa, senza neppure ricordarsi cosa hanno detto qualche giorno prima. E senza ricordarsi che bisogna decidere per il bene della comunità, non chi ha fatto goal! La soluzione migliore è sempre frutto di collaborazione, confronto, dialogo, verifica, riservatezza e lavoro assiduo. Parole che, a leggere le cronache politiche di questi ultimi anni, solo pochi hanno dimostrato di conoscere.
a/f