La componente psicologica è spesso determinante nelle malattie gravi, le cosiddette big killers. Il dolore, il bombardamento farmacologico, la paura dell’ignoto, la sofferenza dei familiari: tutti elementi che contribuiscono a far perdere le motivazioni, a non reagire alla malattia. Trovare la forza di alzare la testa, porsi un obiettivo che possa rendere felici e ad apprezzare nuovamente la vita, è fondamentale anche in termini di possibilità di guarigione. Specialmente per le donne.
È il messaggio arrivato da un evento pubblico organizzato a Domagnano da SM Racing Media, dal titolo: “La Donna nello Sport… oltre la malattia”. L’iniziativa ha avuto il supporto istituzionale di ben quattro Segreterie di Stato e la testimonianza di donne che, dopo aver attraversato la tragedia del cancro, sono tornate a vivere, a sorridere, a sperare e soprattutto, a vincere.
Marco Cardinali, giornalista pubblicista che si occupa di pubblicità e comunicazione, organizzatore della serata, racconta: “L’idea mi è venuta parlando con Romina Saracco, 37 anni, piemontese, che mi ha raccontato una storia di tenacia, grinta, determinazione. Nonostante la batosta della malattia scoperta tre anni fa, un tumore maligno, Romina si era data un obiettivo mentre era già in sala operatoria. Si era detta: se riesco a superare i primi due anni, torno a correre in macchina. Questo obiettivo l’ha fatta staccare dalla sua condizione di ammalata grave e, mettendoci tutta la forza di cui era capace, è riuscita a raggiungere il suo obiettivo. Tant’è vero che a giugno è tornata in macchina, la scorsa settimana ha debuttato come pilota e questo fine settimana è stata in gara come navigatrice al nostro circuito dei campioni”.

Cardinali continua: “Lo sport può essere una medicina nel senso che può aiutare a liberare la mente dai pensieri negativi, dalle paure che, inevitabilmente, accompagnano una malattia grave. Praticare uno sport, qualsiasi sport, aiuta anche a fortificare il corpo e ad affrontare meglio le battaglie. Inoltre, si imparano grinta, tenacia, determinazione, perseveranza, che sono gli ingredienti fondamentali a superare le criticità più gravi”.
Insomma, si impara a vincere, si impara anche a perdere, ma in special modo si impara ad affrontare la vita quotidiana con un approccio che riesce ad andare oltre alla stessa malattia. Avere un obiettivo, che può essere lo sport, ma anche un altro, aiuta a vivere meglio e a superare i mille stress quotidiani.
“Buttare il cuore oltre l’ostacolo, non lasciarsi sopraffare, né farsi condizionare dagli eventi, piccoli o grandi che siano, ma guardare sempre oltre” è il consiglio di Cardinali, che non è medico, non è psicologo, non fa un mestiere di tipo sociale, ma che ha vissuto in famiglia un’esperienza di malattia particolarmente dolorosa da cui ha tratto un insegnamento, che ora vuole condividere con gli altri. Una filosofia che vale non solo per le donne giovani, che presumibilmente hanno davanti molti anni di vita, ma anche per le donne un po’ più âgées, che possono praticare sport più dolci, di tipo amatoriale, o attività con forte valenza relazionale: dal gioco delle carte ai club di lettura, al ricamo, al volontariato. Quello che conta è sempre l’obiettivo da raggiungere, una passione da coltivare che diventi un’ancora di salvezza.
“La nostra intenzione è di portare avanti un po’ ovunque momenti di partecipazione e di confronto come quello sammarinese” puntualizza Cardinali, specificando il suo obiettivo. Pensa ad un evento itinerante dove amministrazioni locali, o associazioni, siano interessate a dare supporto ai malati e alle loro famiglie per tornare a vivere con maggiore serenità e speranza. Per questo ringrazia con parole accalorate tutti gli sponsor e, in particolare, la Segreteria allo Sport, che li ha già invitati ad organizzare un altro evento in occasione della settimana della MotoGP per dare spunti di vita vissuta come esempio funzionale ad aiutare altre persone.
Poi parla Liliana Armand, dipendente della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta, pilota di auto da corsa dalla fine degli anni Ottanta, vincitrice di un titolo italiano, un trofeo Peugeot, un trofeo Opel, collaborazioni prestigiose in ambito rallistico, prima donna vincitrice del primo premio come miglior navigatore italiano. Finché il lavoro e la famiglia cambiano alcune situazioni e poi arriva un cancro molto aggressivo a cambiarle del tutto. Inevitabili le terapie invasive, dolorosissime, che lasciano conseguenze permanenti.

“Per chi come me aveva un carattere allegro e positivo, che è sempre molto attiva, che aveva una bimba di 10 anni, è stato un trauma – racconta – passavo il tempo a piangere e vedermi scorrere la vita davanti. Mi sono detta: devo trovare qualcosa che mi distragga da questi pensieri. Ho provato diverse cose, ma senza nessun risultato. Alla fine, ho dovuto ammettere che l’unica cosa che mi rendeva felice era correre in macchina. Mi sono messa in testa di fare di tutto per tornare a correre. Dopo 21 anni, che non correvo più, sono tornata ai rally, alle gare della mia regione. Ho lavorato su me stessa e sulla tecnica di guida, ma dal giorno stesso in cui ho deciso di riprendere a correre, sono stata meglio: il cortisone non mi dava più così tanto fastidio e riuscivo perfino a dormire”.
Doveva fare solo una gara e poi, in un anno e mezzo ne ha fatte sette. Ma la malattia è sempre in agguato, quest’anno le hanno trovato delle cellule atipiche nell’utero, a giugno è stata di nuovo operata e ha dovuto continuare le terapie. “Ma sono qui, sempre pronta a correre – assicura – insieme a Romina e ad altre donne che hanno attraversato lo stesso Calvario, cerchiamo di dire a tutti quelli che si fermano ai box perché sono ammalati: non fermatevi, datevi un obiettivo, perché questo è molto importante per guarire”.
La metà del lavoro lo fanno le medicine, ma l’altra metà lo fa la testa. È questo che bisogna capire.