Possono lavorare i pensionati? Il dibattito aperto ormai da diverso tempo a San Marino e ripreso nella giornata di lunedì in Consiglio per la necessità di richiamare al lavoro i medici in pensione, apre il discorso su molti fronti e su molti ragionamenti.
Visti i tanti problemi sollevati in aula, viene alla mente il romanzo “Non è un paese per vecchi” scritto nel 2005 da Cormac McCarthy, vincitore del premio Pulitzer per la narrativa 2007 con un altro famosissimo romanzo. “Non è un paese per vecchi” è un testo colto, raffinato, una citazione di altro per diventare qualcosa a sé. È un intenso e profondo racconto sociale, che parla di una nazione ferita, ammalata; il racconto di un’America rurale, di frontiera, piena di vizi e di fragilità. Tradotto in film dai fratelli Coen, ebbe ben 4 Oscar.
Fatte le debite distanze, anche in questo caso emergono i vizi e le fragilità di San Marino, esaltati da un’ondata di contagi senza precedenti, tanto da richiedere la dedicazione esclusiva delle attività ospedaliere al contenimento e alla cura della pandemia.
Il personale è scarso, sottoposto a turni massacranti, con più di 800 persone seguite a domicilio. Ecco perché c’è bisogno di richiamare in servizio medici e infermieri pensionati, come di fatto ha appena sancito un articolo della finanziaria. Ma solo nella struttura pubblica.
In Italia un pensionato non deve necessariamente rinunciare alla possibilità di svolgere un’attività lavorativa. Una casistica rigidamente disciplinata dalla normativa in materia che, con il decreto legge 112/2008, ha in linea di massima sancito la totale cumulabilità con i redditi da lavoro di tutte le pensioni di anzianità, di vecchiaia o anticipate. Semplificando, a differenza di quanto accadeva in passato, è possibile cumulare la pensione con eventuali redditi da lavoro, senza che l’assegno subisca penalizzazioni o incorrere in sanzioni.
Questo in linea di massima perché evidentemente la legge italiana contempla diverse casistiche, ma tanto è sufficiente a spiegare perché abbiamo visto i medici pensionati italiani venire a lavorare in massa a San Marino. E siccome lo scambio di informazioni non è così efficace, ci sono anche medici sammarinesi pensionati che lavorano in Italia. Le discriminazioni non sono solo nel settore sanitario: ci sono attualmente (e ci sono stati nel passato) numerosi pensionati, nel pubblico e nel privato, che svolgono attività retribuite mantenendo la propria pensione. Per tutti gli altri fioccano multe piuttosto onerose. Figli e figliastri. Come spesso accade.
Sarebbe proprio il momento di fare ordine su questa materia ed eliminare le iniquità. Le ragioni sono numerose: ci sono settori in crisi che non riescono a sostituire chi va in pensione (vedi alcuni tipi di insegnanti); il peso anche in termini anagrafici di questa fascia di popolazione, destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni, costituisce un altro presupposto da cui non è più possibile prescindere nella determinazione delle misure di politica economica; il pensionato in genere si approccia a tipologie lavorative temporanee, che non tolgono opportunità ai giovani.
Insomma, la pensione è un diritto acquisito maturato con almeno 40 anni di contributi, e non si tocca. Ma se una persona si sente in forze, ha lucidità, cultura, competenze e disponibilità di tempo, perché deve limitarsi a coltivare l’insalata o occuparsi dei nipoti? Potrebbe dedicare parte del suo tempo in qualche attività, percepire il giusto emolumento e pagare le tasse dovute. Che magari potrebbero essere trasferite direttamente al fondo pensioni, che langue sempre più. Non dovrebbe essere così difficile.
Il problema rimane comunque complesso e viene percepito con diverse sensibilità dalle forze politiche. In qualche maniera è giusto che non sia stato affrontato con un emendamento in finanziaria, perché avrebbe comportato il rischio di non valutare gli opportuni approfondimenti. Positivo è il fatto che comunque sia stata data una risposta all’ISS per il reclutamento dei medici pensionati, perché questa è davvero emergenza e con i numeri attuali della pandemia c’è poco da scherzare. Per il resto, è apprezzabile il fatto che l’argomento sia stato rimandato nel contesto della riforma previdenziale o nell’annunciata riforma del lavoro. Entrambe le situazioni sono la sede opportuna per un’innovazione che potrebbe essere gradita da molti cittadini.
a/f