Nel fare la rassegna stampa in inglese per un lavoro sul terrorismo, ho dato particolare peso ad un interessante articolo di Amnesty international che poneva l’accento su una domanda non banale sulla quale mi piace riflettere. La Francia – era l’oggetto della domanda – è ancora la culla dei diritti umani? Il tutto prende chiaramente le mosse dal terribile omicidio di Samuel Paty, l’insegnante di francese che ha mostrato le vignette del profeta Maometto in classe. Si è così aperto un acceso dibattito sulla libertà di parola e su chi ha il diritto di esercitarla. Il presidente Emmanuel Macron e il suo governo hanno risposto all’efferato crimine proclamando il loro pieno sostegno alla libertà di espressione. Nella pratica però, ad esempio, la polizia francese ha interrogato per quattro ore bambini di 10 anni, sospettati di “apologia del terrorismo”, avendo essi messo in dubbio, a quanto pare, la scelta di Paty di mostrare tali vignette. Nel 2019 – come rileva Amnesty – un tribunale ha condannato due uomini dopo che avevano bruciato un’effigie raffigurante il presidente Macron durante una protesta pacifica. Il Parlamento sta attualmente discutendo una nuova legge che criminalizza l’uso delle immagini delle forze dell’ordine sui social media. Ogni anno, ricorda inoltre l’organizzazione per i diritti umani, migliaia di persone sono condannate per “insulti all’autorità pubblica, un reato mal definito che le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie usano indiscriminatamente per mettere a tacere l’opposizione pacifica”. E ancora Macron accusa la stampa statunitense di “legittimare la violenza affermando che il cuore della questione è che la Francia è razzista e islamofoba”. Si riferiva in particolare a un articolo del Financial Times che lo aveva fatto infuriare, secondo il quale la reazione di Parigi agli attacchi terroristici stava aumentando l’alienazione della maggioranza di musulmani che odiano, anche loro, il terrorismo. E dopo la scuola e i mezzi d’informazione, è arrivato anche l’attacco alla libertà accademica. L’emendamento presentato in senato dopo l’omicidio di Paty prevede di modificare l’articolo 952-2 del codice dell’istruzione, che sancisce “la piena indipendenza e la completa libertà di espressione” dei professori universitari, aggiungendo la precisazione che “le libertà accademiche si esercitano nel rispetto dei valori della Repubblica”. Questo a grandissime linee il quadro che si va delineando. L’argomento è lungo e particolarmente complesso. Con le dovute proporzioni la mente va al 2001 e a quello che è passato alla storia come il “Patriot Act” legge federale statunitense controfirmata dal presidente statunitense George W. Bush. La norma rinforza il potere dei corpi di polizia e di spionaggio statunitensi, quali CIA, FBI e NSA, con lo scopo di ridurre il rischio di attacchi terroristici negli Stati Uniti, intaccando di conseguenza la privacy dei cittadini. Tra le altre disposizioni promosse dalla votazione, cui una serie di emendamenti ha favorito l’applicazione, vi sono la possibilità di effettuare intercettazioni telefoniche, l’accesso a informazioni personali e il prelevamento delle impronte digitali nelle biblioteche, che sono scadute il 1º giugno 2015. Il giorno successivo è stata definitivamente approvata la loro validità fino al 2019. Ovviamente tutto questo è stato possibile sull’onda della paura e dalla rabbia per gli attentati dell’11 settembre. La gente ha deciso di rinunciare a una parte consistente dei propri diritti nel nome della sicurezza personale. Torniamo in Francia. Personalmente ritengo che le misure prese possano portare a una pericolosa deriva. Certamente la straordinarietà di un particolare momento storico può costringere una nazione, per autotutelarsi e tutelare i suoi cittadini, a prendere decisioni difficili, le quali tuttavia devono avere una durata ben definita nel tempo. Non si può utilizzare a pretesto un attacco terroristico, per quanto efferato e drammatico, per imporre misure drastiche che in momenti normali mai sarebbero accettate. Prendo a prestito l’esempio del Covid: i vari Dpcm che limitano le libertà personali hanno una durata ben definita e devono essere prorogati altrimenti decadono. E’ dunque importantissimo vigilare, tenere gli occhi aperti e provare ad essere lucidi nonostante la paura. E’ proprio quest’ultima l’arma in mano a chi vuole tenere il popolo alla catena. Mi auguro che il Presidente Macron possa ripensare almeno a parte delle proprie decisioni, visto che la Francia rappresenta un esempio, un modello virtuoso di civiltà, alla quale l’Europa e il mondo guardano. Il punto è che oggi chiunque potrebbe dire: “Se lo fanno in Francia, perché non farlo pure qui da noi?”. Non a caso vorrei citare l’editore francese Pierre Jules Hetzel: “Le persone a cui non viene data la loro libertà finiscono sempre per prenderla da sole”.
David Oddone