San Marino. La generazione Z alla politica e ai governi: sui cambiamenti climatici fate troppi bla bla bla … di Alberto Forcellini

Superate le fasi più stringenti della pandemia, sono tornati in piazza. Si sono organizzati in grandi manifestazioni. I giovani per l’ambiente. I giovani primi sostenitori della battaglia contro i cambiamenti climatici. I giovani che sgridano i governi e i partiti: fate troppi bla bla bla.

È l’argomento principe della settimana appena trascorsa: la protezione del pianeta e il contrasto dei cambiamenti climatici sono la prima preoccupazione per i ragazzi della Generazione Z, quella nata tra il 1995 e il 2010.

L’altro messaggio, che potrebbe sembrare una provocazione, ma è una verità ineluttabile: chiudere l’industria dei combustibili fossili entro 2030 e abbandonare le sponsorizzazioni delle multinazionali delle energie fossili. A cominciare dall’ONU. La denuncia parte da un report congiunto di Corporate Europe Observatory, Friends of the Earth Europe, Food & Water Europe e Greenpeace: le cinque più grandi società petrolifere del mondo hanno speso oltre 123 milioni di euro dal 2010 al 2018 per finanziare le loro attività di pubbliche relazioni nei confronti dei legislatori europei. Considerando anche i gruppi di pressione collegati al settore del petrolio e del gas, la cifra sale a 250 milioni.

Rifiutare queste sponsorizzazioni, sarebbe un passaggio importante. Anche perché ci sono alcuni paesi del G20: Russia, Cina, Brasile e Australia la cui forza economica si fonda in gran parte sull’energia derivante da combustibili fossili, petrolio e carbone, i maggiori responsabili di emissioni di CO2. Non è un caso che da tempo ormai si punti ad una transizione energetica urgente, olistica, diversificata e inclusiva entro il 2030 che dia priorità all’efficienza energetica e all’energia sostenibile, puntando ad avere a portata di mano l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura di 1 grado e mezzo. Ergo: andare oltre lo sforzo garantito durante il G20 di Napoli, nel luglio scorso, su clima ed energia, dove appunto il peso delle “major” ha frenato non poco sulla decisione finale.

Ecco dunque le ragioni dell’evento dal nome Youth4Climate, detto anche PreCOP26, tenutosi a Milano nella scorsa settimana, che si inserisce nel processo di un coinvolgimento sempre più attivo dei giovani alla causa climatica, iniziato con l’United Nations Youth Climate Summit, tenutosi a New York il 21 settembre 2019. Il clamore mediatico, la presenza dei vertici politici ed istituzionali, lasciano presagire che ci sarà altrettanto e molto di più alla COP26 di Glasgow, in programma in Scozia tra il 31 ottobre e il 12 novembre. La COP26 è una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite ed è qui che le proposte arriveranno sul tavolo della trattativa principale. Comprensibile dunque che i giovani facciano la voce grossa verso i potenti di turno perché non possono aspettare di arrivare loro al potere per fare davvero le cose: il pianeta terra rischia la distruzione. Ogni giorno assistiamo a qualche nuovo evento che mette a rischio terre, mari, boschi, città; che porta distruzione, morte, desertificazione o allagamenti.

Ma c’è un altro mito da sfatare: sono davvero soprattutto i giovani a interessarsi del futuro del Pianeta? A chiedere di ridurre le emissioni? A impegnarsi nelle scelte quotidiane per limitare il proprio impatto ambientale? La dicotomia giovani ambientalisti e adulti menefreghisti non è poi così vera.

Anche i più maturi di età sono preoccupati dal riscaldamento globale e sono disposti a mettere mano al portafoglio per combatterlo. Secondo un sondaggio inglese condotto da Rest Less, due terzi degli ultracinquantenni intervistati hanno affermato che il governo dovrebbe muoversi più velocemente sulle iniziative green, anche se questo dovesse significare prodotti e servizi più costosi nel tempo o più difficili da ottenere. Non abbiamo analisi analoghe in area mediterranea, ciò nonostante la sensibilità delle generazioni più mature sembra essere in continua crescita.

Ma torniamo al Youth4Climate: dopo due giorni di grandi discussioni, di ospiti di lusso, di manifestazioni di piazza da parte delle tante organizzazioni green, di nuove immagini simbolo come quella dell’africana Vanessa Nakate, Greta e Vanessa: il nord e il sud del mondo, è stato prodotto il documento finale dei giovani per la PreCop26 di Milano.

Quattro punti fondamentali, che saranno poi ampliati in un secondo documento da presentare a Glasgow. Il primo punto chiede il coinvolgimento di ragazze e ragazzi nei processi decisionali sulla lotta alla crisi climatica, con stanziamento di fondi; il secondo una ripresa dopo la pandemia basata sulla transizione energetica verso le rinnovabili, su posti di lavoro dignitosi, il rispetto delle popolazioni locali, una finanza per il clima; il terzo propone obiettivi di zero emissioni per aziende e istituzioni e la fine di qualsiasi finanziamento alle fonti fossili; il quarto un sistema educativo che crei consapevolezza sulla crisi climatica.

In attesa di quanto succederà a Glasgow, non possiamo che fare il tipo per i giovani, per l’ambiente e il senso di responsabilità che si spera  riusciranno a dimostrare i potenti.

a/f

Nell’immagine: Greta Thunberg e Vanessa Nakate (NICOLÒ CAMPO / IP)