Basta andare a fare il pieno alla macchina per rimanere a bocca aperta e borsellino vuoto. La benzina supera i 2 euro. A San Marino si risparmia qualche centesimo e poi c’è la Smac e quindi ai distributori di confine c’è spesso la fila delle auto con targa italiana. Esattamente come succede al confine con Trieste, dove gli italiani si accodano per fare rifornimento in Croazia, dove costa meno.
Il metano, che è sempre stato il carburante più ecologico e meno caro, tocca e in qualche caso supera i 2,50. Tant’è che molte macchine a metano ora viaggiano a benzina e i distributori stanno aperti solo mezza giornata, tanto non hanno clienti. Giocoforza molte famiglie riflettono sui loro spostamenti, eliminando quelli superflui e limitandosi allo stretto necessario.
Non va meglio con il carrello della spesa: pane e pasta risentono fortemente della mancanza di esportazioni di grano da Russia e Ucraina; frutta e verdura patiscono il caro carburanti più delle gelate; il pesce fresco italiano mancherà per una settimana a causa dello sciopero dei pescherecci.
Per ora, la guerra in Ucraina non ha provocato solo il terremoto sui mercati finanziari internazionali. Più i giorni passano, più si colgono segnali poco rassicuranti anche lontano dal fronte. La Russia non riesce a pagare i fornitori stranieri, o per lo meno li paga con il rublo, ormai svalutatissimo e nessuno lo vuole. Vale meno di un centesimo di euro. Rating da paese in default. Le aziende mondiali abbandonano il mercato russo, da Mac Donald alla Coca Cola, alla Pepsi, ai maggiori brand occidentali e americani della moda. In tutto sono quasi duecento. L’America chiude i rubinetti del gas e del petrolio russi. L’Europa sta riducendo le forniture, anzi invita i paesi aderenti a rivolgersi ad altri mercati e pensa a fonti alternative. Il presidente russo sembra non accorgersi di nulla, mentre tutto ciò sta avendo ripercussioni su tutti i mercati occidentali e asiatici.
Anche Xi Jnping, grande amico di Putin, sta riflettendo su come arrivare ad una onorevole trattativa tra le parti perché pensare di abbassare anche di un solo punto percentuale il suo PIL, potrebbe mettere in crisi l’intero sistema politico finanziario economico cinese.
Insomma, non solo vittime civili tra morti, feriti e profughi, ma questa guerra sta causando catastrofiche conseguenze economiche. Dopo lo choc dei prezzi delle materie prime, una nuova nube arriva dal rapporto del Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale un allargamento della guerra in Ucraina sarebbe ancora più devastante per l’economia mondiale di quanto non sia già adesso.
Riguardo all’inflazione, le previsioni sono pessime, come del resto è sempre accaduto durante tutte le altre guerre. Nel reticolo di interessi dato dalla globalizzazione non è semplice definire chi è destinato a guadagnare e chi a perdere dalla guerra. Alcuni elementi però iniziano a delinearsi: l’Europa ha da perderci più di chiunque altro e non è ben chiaro quanto la Cina sia disposta ad esporsi. Significativo è anche il silenzio dei paesi arabi cosiddetti amici dell’Occidente, che finora non si sono dichiarati disponibili ad aumentare la loro produzione di petrolio e gas.
È ben noto che con le guerre c’è sempre chi ci guadagna, anche molto, e in questo caso fanno certamente salti di gioia i produttori di armi. Macron ha già dichiarato che i 50 miliardi di euro stanziati in bilancio dalla Francia per il 2022 non bastano più, mentre, il cancelliere Scholz ha annunciato la creazione di un fondo di 100 miliardi di euro per il settore della difesa. Dall’Italia nessun annuncio. Intanto partono dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti grandi carichi militari per l’Ucraina. Mentre le aziende produttrici di armi stanno facendo affari d’oro, non mancheranno certo di arricchirsi anche i trader di prodotti energetici e agricoli, nonché di qualche minerale, oltre che, come sempre, gli speculatori di Borsa. Come sempre in queste situazioni, l’oro è il bene rifugio per eccellenza.
Accenniamo doverosamente alla guerra che si è scatenata nel cyberspazio, che non ci fa stare per niente tranquilli neppure nella dimensione virtuale. La Russia in questo è maestra, con una rete di hacking in parte avallata dallo stesso regime putiniano che si è ramificata ovunque, nel dark web e non solo. Le influenze dei criminali informatici russi sull’opinione pubblica degli ultimi dieci anni sono state analizzate diverse volte dagli esperti. Una delle ultime notizie riferite perfino dai giornali è che il gradimento di Putin è salito di oltre 10 punti, arrivando a toccare il 75% presso i cittadini russi. Ma sarà vero?
Ovviamente le vicende sui campi di battaglia e le possibilità di raggiungere una tregua, se non una pace, giocheranno un ruolo fondamentale nelle dinamiche economiche mondiali. Lo scenario più probabile rimane purtroppo quello che i russi abbiano la meglio sul campo e riescano a condizionare il governo ucraino, o che comunque riescano a imporre una instabile tregua destinata a mutilarne l’indipendenza. Le ultime notizie dicono che Kiev può resistere una settimana o poco più, tuttavia non è escluso che l’Ucraina rimanga a lungo un terreno di battaglia, almeno per la resistenza dei partigiani. In altre parole, è difficile immaginare una rapida soluzione della crisi e una conseguente abrogazione delle sanzioni. Anzi, è probabile che in breve tempo la Russia cerchi di imporre delle ritorsioni verso l’Occidente per rispondere alle nuove sanazioni imposte dalla UE. Anche chi non è esperto di geopolitica comprende che siamo di fronte ad equilibri molto precari, che preludono a tempi molto difficili. Meglio non farsi illusioni, anche se nella giornata di ieri le Borse hanno scommesso sull’accordo e hanno registrato un forte rialzo. Incrociamo le dita.
a/f
(Foto ANSA)