È stata pubblicata ieri sul Bollettino Ufficiale la legge sull’IVG, la cui eco è destinata a durare a lungo, sia per la qualità della norma, che è molto all’avanguardia e sicuramente meglio della famosa 194 italiana; sia per il suo percorso politico, che non è stato né semplice, né facile.
La prima riflessione viene dal fatto che la legge è stata approvata con la DC, partito conservatore e storicamente contrario all’IVG, in posizione di maggioranza, sia in Consiglio, sia in Congresso di Stato. Probabilmente sarebbe stato più facile nella scorsa legislatura, con il governo di Adesso.sm, quando la DC era all’opposizione e la sinistra (oggi trasformata in Libera) era in posizione di maggioranza. Ma non è avvenuto.
Ovviamente la DC ha fatto pesare tutto il suo 33% in ogni passaggio istituzionale della legge, oltre tutto avendo al suo fianco Motus, parte di NPR e diversi esponenti dall’attuale opposizione. Quindi, anche di fronte ad un risultato referendario inoppugnabile, c’era il forte rischio di far passare una leggina di due righe, in ottemperanza al voto, ma con mille paletti per evitarne l’effettiva applicabilità.
Il che è avvenuto praticamente ad ogni piè sospinto, oltre tutto con l’appoggio magari inconsapevole di quanti miravano solo alla bandierina, ma di fatto creando problemi e ostruzionismi. Non aveva senso alcuno, infatti, inserire nel primo articolo, che di solito indica l’oggetto della legge, i concetti sulla tutela della vita dal suo inizio e quello dell’aborto come extrema ratio. Dal punto di vista scientifico infatti, c’è una letteratura molto contraddittoria su quando un embrione possa essere considerato “persona” e c’è un’esplicita sentenza della Corte Costituzionale italiana (27/75) che recita: “Non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute propria di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione, che persona deve ancora diventare.” Il concetto di extrema ratio, dal canto suo avrebbe potuto lasciare spazio a mille interpretazioni e, in sostanza, poteva inibire l’applicabilità della legge, la cui natura sanitaria ha bisogno di protocolli e procedure chiari per tutti.
Come non aveva senso inserire, sempre nell’articolo n.1, il concetto di laicità dello Stato. La laicità dell’ordinamento statuale indica la separazione tra potere politico e potere religioso, tra leggi civili e codici ecclesiastici, tra reato e peccato. San Marino è l’unica repubblica al mondo fondata da un Santo e la tradizione religiosa permea tutta la sua tradizione, ma le leggi le vota il Parlamento non la Curia, e la struttura stessa della sua democrazia ha origini profondamente popolari.
Su questi emendamenti inseriti per altro in maniera irrituale, è stato necessario predisporre un ulteriore emendamento che li depennava tutti quanti, frutto di una lunghissima mediazione e sottoscritto da ben 39 Consiglieri. Che alla fine, dopo un estenuante dibattito in Aula, è stato approvato.
Altra estenuante battaglia sul consultorio, che i conservatori volevano obbligatorio e i riformisti ad accesso libero. Nell’obbligatorietà, c’era mascherato il tentativo di inserire tra il personale sanitario anche i volontari delle associazioni in difesa della vita, proprio per indurre la donna a rinunciare alla sua volontà. L’accesso libero, d’altro canto, avrebbe potuto creare problemi procedurali perché un atto sanitario ha bisogno di protocolli ben precisi. In sostanza, una visita ginecologica non avrebbe potuto essere sufficiente. Anche qui, la mediazione è stata molto concreta e innovativa perché ha fissato l’obbligatorietà dell’accesso al consultorio, dove però è stata prevista la presenza di solo personale ISS non obiettore di coscienza. Una grande conquista.
A proposito, anche per l’obiezione di coscienza, che avrebbe potuto costituire un altro grandissimo ostacolo alla libertà di scelta della donna, sono state poste delle soluzioni molto intelligenti: l’IVG è praticabile non solo all’ospedale, ma anche presso strutture sammarinesi private o addirittura fuori territorio. Come a dire che la lungaggine di un esame o qualche medico in ferie, o obiettore, non dovranno mai essere una causa per forzare la volontà della donna.
Altri punti forti della legge sono la tutela delle vittime di stupro o di incesto, anche minorenni e anche dopo la 12esima settimana di gravidanza e senza l’assenso dei genitori; la prevenzione delle gravidanze indesiderate con il ribasso del prezzo dei contraccettivi, l’acquisto della pillola del giorno dopo liberamente in farmacia anche da parte di minorenni senza il consenso dei genitori e senza l’iscrizione nel fascicolo sanitario elettronico. Tutte disposizioni che già si erano lette nella proposta di legge di Rete sulla tutela della salute sessuale e riproduttiva dei cittadini sammarinesi. La quale Rete, in filigrana, è stata determinante nel portare a buon fine la legge sull’IVG. Come è stato importante l’apporto di Miriam Farinelli (RF) che pur essendo contraria all’aborto, ha fatto forza sulla sua esperienza di ginecologa per molte delle soluzioni con base scientifica.
Tra vinti e vincitori, che alla fine hanno voluto salire sul carro, diciamo che prima di tutto poniamo i cittadini sammarinesi che, grazie alla proposta referendaria, hanno dato una svolta storica al tema dei diritti delle donne. Ma solo il referendum non sarebbe bastato. Ci voleva anche la politica, che alla fine è riuscita a dare un’immagine di concretezza e positività. Quei pochi che sono stati sconfitti e che tuttora non si rassegnano, sappiano che per quasi tutte le persone l’aborto è davvero l’extrema ratio, ma che di fronte ad una loro necessità, che nessuno potrà permettersi di giudicare, le donne potranno scegliere e non verranno segnate con la bolla del peccato, né tanto meno del reato penale. E questa dovrebbe essere una soddisfazione per tutti.
a/f