Stimato Direttore,
Sono un giovane medico specializzato in Ginecologia e Ostetricia ed ho prestato servizio per circa otto mesi, da Luglio 2016 a Febbraio 2017, presso l’Istituto per la Sicurezza Sociale (ISS). Ancora legato da rapporti di amicizia e rispetto con tantissime persone da me incontrate in questa seppure breve ma intensa esperienza, continuo ad informarmi in merito alle notizie relative ad un Ospedale ed una popolazione a cui sono rimasto affettivamente legato.
Ho letto di un crescente fermento relativo al notevole ricambio del personale medico all’ISS. Questo mi ha spinto a scrivere questa lettera per offrire una prospettiva che possa aiutare, chi ne ha il potere, a comprendere meglio le dinamiche legate a tale problema.
Problema per la gente prima ancora che per chiunque altro. Una sensazione mai provata, da addetto ai lavori, quella di trovarmi di fronte pazienti che al termine di una visita ambulatoriale mi chiedono “quando va via?”, mentre invece sono appena arrivato e non ci penso nemmeno a muovermi da un posto che sembra un sogno sia da un punto di vista professionale che umano. Il sistema sammarinese prevede una sanità pubblica per tutti, per cui non esistono “pazienti miei o di quell’altro collega”, cosa con la quale sono personalmente d’accordo perché azzera un malcostume altrove tristemente noto che riduce la efficacia dell’assistenza al paziente. Nonostante questo, sono certo che per una paziente sia fonte di sicurezza l’idea che, recandosi in Ospedale, potrebbe incontrare o salutare quel Medico col quale inevitabilmente si stabilisce un feeling maggiore (siamo esseri umani), anche se non e’ chi la visiterà in quella occasione, con al netto lo stesso risultato nelle cure, giacché tutti sono validi e preparati allo stesso modo.
Problema per l’Ospedale stesso dove il personale, Medico e non solo, si trova a svolgere turni di lavoro spesso senza un adeguato riposo notturno. E questo nell’affrontare una nuova giornata lavorativa durante la quale si e’ chiamati alla massima lucidità nel risolvere potenzialmente ogni tipo di urgenza o emergenza, o anche solo nello svolgere l’attività clinico-chirurgica ordinaria, complessa come complesso e’ l’essere umano e lo e’ la patologia dei vari organi e distretti. E’ la questione della reperibilità medica che impone per diversi giorni al mese (anche più di 15 in periodi di ferie) di essere ad una distanza che permetta di raggiungere quanto prima l’Ospedale, il che, al netto, significa non poter lasciare la Repubblica. Sia chiaro che e’ esplicitamente indicato nel contratto e pertanto chi firma lo accetta, e non va bene prima firmare un contratto e poi lamentarsi perché venga modificato in proprio favore. Però e’ un elemento di notevole criticità ed e’ giusto dirlo. Lo e’ soprattutto perché non sempre e’ possibile avere la propria famiglia con sé e non bisogna dimenticare che dietro un professionista c’e’ sempre una famiglia e che solo un professionista sereno può svolgere al meglio il proprio lavoro. Non scindiamo il Medico dall’Uomo, sarebbe il più grave degli errori.
Problema per il personale Ostetrico e Infermieristico che si trova costantemente a dover conoscere e a dover cercare un feeling con nuovi Medici. Trovare la quadratura e’ difficile, se non alcune volte impossibile, già per squadre che si conoscono da sempre, figuriamoci per squadre che cambiano costantemente i propri giocatori. Questo ovviamente influisce sui rischi, già esistenti come parte integrante dell’ambito sanitario, ma che inevitabilmente in tali condizioni aumentano e sono ripartiti tra tutti gli attori dell’assistenza al paziente, nessuno escluso.
Problema sicuramente per gli Amministratori, che di certo fanno fatica a gestire una situazione in un equilibrio costantemente instabile, impossibilitati ad investire risorse su professionisti che hanno l’elevata probabilità di non restituire, in termini di produttività, il volume di risorse che e’ stato speso su di loro e di cui oramai nessuna nazione abbonda.
Attraversare il confine tra San Marino ed Italia da’ la sensazione di passare da un mondo ad un altro. Tranquillità, senso civico, paesaggi da cartolina e persone tutte sorridenti. Nessun semaforo addirittura. Entri in Ospedale e ti salta subito all’occhio l’ estrema attenzione a fare il meglio che si può. Le apparecchiature più all’avanguardia, personale per la maggior parte giovane e tutto assolutamente preparato ed entusiasta, dall’operatore socio-sanitario al Medico di qualsiasi reparto. E quando esci dall’Ospedale incontri ad ogni angolo, in ogni parco, in ogni bar o supermercato, pazienti che ti salutano calorosamente come ti conoscessero da sempre, pur senza mai oltrepassare quel confine su cui si basa e che permette di mantenere valido e funzionale il rapporto Medico-Paziente.
In questa ottica l’ISS rappresenta, secondo la opinione di un giovane inesperto, un eccellente ospedale di primo livello che potrebbe giovarsi di un aumento dei propri numeri, scambiando con aree limitrofe dotate di strutture di livello superiore i propri casi ad alto rischio, concentrando i casi a basso rischio in Repubblica, pur sempre assicurando ai cittadini Sammarinesi uno standard di cura immodificato. Quantità non a scapito della qualità. Ma la quantità e’ necessaria per giustificare una diversa gestione del personale, come ad esempio la istituzione di una guardia medica notturna interna in quei reparti che non la concepiscono, migliorando le condizioni lavorative, nonché la sicurezza dell’ assistenza. Altro scoglio e’ chiaramente la problematica relativa alla certezza del lavoro da assicurare ai cittadini Sammarinesi, cosa sacrosanta a mio avviso e che nessuno nasconde dal momento in cui metti piede in Repubblica, ma che inevitabilmente cozza con la necessità di pianificazione di ognuno, che e’ una persona prima ancora che un professionista. Per sé e per la propria famiglia, considerando che, nel caso il partner sia impegnato nel mondo sanitario ed abbia la fortuna di ricevere un impiego all’ISS, in assenza dello status di residente, questa persona rischia da un momento all’altro e costantemente, di ritrovarsi senza lavoro e con l’incertezza del futuro. Legge ben chiara, per intenderci e nessuna critica a questo, ma e’ di sicuro uno dei motivi che spiega la facilità con cui un Medico non sammarinese lasci un posto come l’ISS dove chiunque vorrebbe lavorare in linea di principio.
Rispetto ai pensieri del Dr. Tartagni, di alcuni giorni fa, che basa le sue riflessioni sulle inquietudini di un professionista maturo, ho voluto fornire la visione di un giovane, ancora acerbo, che sceglie l’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino come il posto in cui cimentarsi con la difficile e sempre imprevedibile professione medica, ma che poi sceglie con dispiacere di lasciare.
Ho ritenuto di dover mettere a disposizione degli Amministratori queste mie riflessioni, senza pretendere in alcun modo di insegnare nulla a nessuno, perché credo che organizzare un sistema sanitario non sia cosa da poco, anche in una nazione di piccole dimensioni perché un sistema e’ fatto di tante persone, sia quelle che lo organizzano, che quelle che ne devono usufruire e alle quali bisogna cercare di offrire lo standard di cura più alto possibile.
Tutte le mie riflessioni sono ovviamente relative alla realtà da me vissuta, e non sono estendibili all’intero Ospedale.
In fede,
Salvatore Andrea Mastrolia