San Marino. La libertà e le donne di Kabul – “Qui gatto… ci cova” la rubrica di David Oddone

Mentre siamo impegnati nella conta quotidiana di malati di Covid, mentre viene imposto il green pass, il mondo va avanti. Ed è sempre meno libero.

In questi giorni ci ha lasciato Gino Strada. Non starò qui a giudicare il suo lavoro o la sua vita, fra chi lo amava alla follia e chi, invece, non ne condivideva il metodo.

Strada è stato uno dei pochi che ha acceso i fari sulla situazione in Afghanistan.

Nel suo ultimo articolo pubblicato su La Stampa ha raccontato per filo e per segno quello che ha visto.

Il suo pensiero si può riassumere così: “Non mi sorprende questa situazione. La guerra all’Afghanistan è stata – né più né meno – una guerra di aggressione iniziata all’indomani dell’attacco dell’11 settembre, dagli Stati Uniti a cui si sono accodati tutti i Paesi occidentali”.

Sarebbe particolarmente lungo e complicato fare la cronistoria di quanto accaduto negli anni nella regione.

Ufficialmente l’Afghanistan veniva attaccato perché forniva ospitalità e supporto alla “guerra santa” anti-Usa di Osama bin Laden.
Così la “guerra al terrorismo” diventò di fatto la guerra per l’eliminazione del regime talebano al potere dal settembre 1996, dopo che per almeno due anni gli Stati Uniti avevano “trattato” per trovare un accordo con i talebani stessi.

Secondo Strada oggi l’esito di quell’aggressione è sotto i nostri occhi: un fallimento da ogni punto di vista.

Ha ragione lui? Parliamo di questioni geo-politiche tanto complicate e controverse.

Di certo tra le foto che circolano sui social per descrivere la situazione a Kabul, c’è anche quella twittata dal direttore del canale d’informazione afghano Tolo News, Lotfullah Najafizada, che mostra un uomo che copre con della vernice alcuni poster che ritraggono donne su un muro a Kabul.

Si attende insomma il dominio talebano con inquietudine.

Negli ultimi giorni infatti, le giovani donne della città hanno chiesto aiuto mentre i talebani avanzavano verso la capitale.
Secondo quanto riferito dalla Bbc, e riportato da diversi media, dalle aree catturate dai talebani nei giorni scorsi è stato indicato che alle donne non è già permesso uscire di casa senza un compagno maschio e che ad alcune lavoratrici è stato detto che il loro impiego sarà ora svolto da uomini. Alle donne di queste zone è stato anche ordinato di indossare il burka.

Come spesso accade le prime vittime sono le donne, la cui vita è destinata a cambiare in peggio.

Saranno nuovamente trattate come oggetti nelle mani degli uomini, non avranno potere decisionale e un futuro.

Ecco, questa è l’eredità che hanno lasciato le truppe internazionali dopo avere abbandonato la zona.

Gli unici che possono certamente festeggiare sono le grandi industrie di armi.

Tutto questo rappresenti un monito: la libertà è un bene prezioso, sfortunatamente non scontato e che può essere sottratto in qualsiasi momento, con relativa facilità.

Personalmente mi auguro che nel civile occidente, in Italia, la paura non ci faccia perdere di vista la nostra Costituzione e quello che c’è scritto all’interno.

Dovremmo informarci, capire e analizzare ciò che avviene attorno a noi: nella speranza che alla fine delle varie emergenze non siano – questa volta – solo le multinazionali dei farmaci a poter brindare.

David Oddone

Rubrica “Qui gatto… ci cova”