San Marino. La minaccia di Putin: “L’Occidente ha superato ogni limite” … di Alberto Forcellini

Nell’era della comunicazione in tempo reale, il presidente russo, ieri mattina, ha fatto mandare in onda un discorso registrato. Ci si aspettava ormai da qualche giorno che Vladimir Putin parlasse al Paese sui referendum proclamati dalle autorità filorusse del Donbass per appoggiare la loro richiesta di entrare nella Federazione russa e portare così lo scontro con Kiev a uno stadio di ulteriore tensione. Ma il leader del Cremlino ha deciso di prendere tempo e poi ha mandato in onda una dichiarazione di guerra pre-registrata annunciando una mobilitazione di 300 mila soldati russi dai 18 anni in su, i quali dovranno garantire la sicurezza del referendum. Ergo, se il referendum andrà verso le sue aspettative, ogni azione contro il Donbass dovrà intendersi come un attacco contro la Russia.

È senza dubbio un cambio di marcia negli sforzi bellici, a supporto di un esercito ormai in rotta, di soldati sempre più stanchi e logorati dai tanti errori commessi. La minaccia è stata forte e chiara: “Coloro che cercano di ricattarci con armi nucleari dovrebbero sapere che le abbiamo anche noi”. Ha ripetuto ancora una volta che l’operazione militare speciale in Ucraina è stata inevitabile: “L’obiettivo rimane la liberazione di tutto il Donbass”. Ovvero un proposito irremovibile, tanto più che il Lugansk “è già stato quasi completamente ripulito dai nazisti”. Il presidente russo ha poi ribadito che i territori dell’Ucraina che hanno annunciato il referendum per l’adesione alla Russia hanno il sostegno di Mosca. Poi ha avvertito: “Useremo certamente tutti i mezzi militari a nostra disposizione per difendere il Paese e il popolo. Quando la sua integrità territoriale è minacciata, la Russia usa tutti i mezzi, questo non è un bluff”. E rivolgendosi ai suoi cittadini: “È nostra tradizione storica e destino del nostro popolo fermare coloro che cercano il dominio mondiale, che minacciato di smembrare e rendere schiava la madrepatria. È quello che stiamo facendo ora, e credo nel vostro sostegno”.

Putin ha parlato di russofobia, della volontà di dividere e distruggere la Russia: “Nella sua aggressiva politica anti-russa, l’Occidente ha superato ogni limite.” A suo parere, l’Occidente “dice apertamente di aver sciolto l’URSS nel 1991” e ora ritiene sia arrivato “il momento di fare lo stesso con la Russia”. Ha sostenuto anche che sono stati gli occidentali a spingere l’Ucraina in guerra contro Mosca e che “Kiev ha rifiutato di negoziare la pace e sta cercando di ottenere armi nucleari”. Poi ha accusato: “In tempo reale, utilizzando sistemi moderni, aerei, navi, satelliti, droni strategici, la Nato effettua ricognizioni in tutto il sud della Russia”.

Probabilmente Putin non voleva spaventare l’Ucraina, ma l’Occidente, nella speranza che la Comunità internazionale prema sull’Ucraina per concessioni che possano soddisfare Mosca. Eppure il primo effetto è stato proprio sulla Borsa di Mosca, che ieri ha subito un crollo pesante mentre le Borse europee hanno tenuto abbastanza bene. Piazza Affari è stata la migliore d’Europa. Subito si è visto invece un rialzo dei prezzi del petrolio e del gas, il quale ultimo ieri ha avuto un rimbalzo del 6,58% in Europa, arrivando a 194,25 euro al megawattora, dai 182,26 del giorno precedente.

Inevitabilmente le parole di Putin sono scese come una bomba sulla campagna elettorale italiana, ormai a poche ore dal voto di domenica e un coro quasi unanime si è alzato dai partiti. La convinzione è stata che la decisione di una mobilitazione parziale, con un’escalation del conflitto in Ucraina, nasconda in realtà una forte difficoltà della Russia, anche a seguito della sanzioni. Ma proprio perché le parole del leader russo rappresentano un “segno di debolezza”, non bisogna commettere l’errore di abbassare il livello di guardia e sottovalutare le possibili conseguenze. Per questo, è stato l’appello che ha accomunato i principali leader italiani, bisogna restare uniti e compatti nella difesa dell’Ucraina.
I referendum di annessione si faranno a partire da venerdì nelle regioni ancora occupate dai russi: Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e daranno certamente il risultato previsto: sotto la «protezione» dell’Armata russa la stragrande maggioranza della popolazione voterà per uscire dalla repubblica ucraina ed entrare nella Federazione.
Naturalmente, si tratterà di risultati più che contestabili, vista la situazione. E appare chiaro che il ricorso alle urne è stato accelerato dalla recente avanzata delle truppe di Kiev. Ma a questo punto, lo scenario bellico potrà subire un cambio notevole, con risvolti al momento non prevedibili.

a/f