San Marino. La nuova sfida contro il Covid: indice di gravità elevato, fermiamo la catena del contagio. Una responsabilità di tutti … di Alberto Forcellini

I numeri sono simili a quelli di marzo, quindi non così terrificanti. È la qualità che è diversa, il virus è più contagioso, quindi ha un indice di gravità molto più elevato. Spesso, anche chi è asintomatico, precipita in poche ore. È un fenomeno diverso alla prima ondata e mette a dura prova l’intera struttura ospedaliera. Davanti a noi, altri quattro mesi di inverno. Questo a fronte di un’organizzazione che non ha raffronti in altre aziende ospedaliere: tamponi eseguiti in tempo quasi zero (massimo, tre/quattro ore), una gestione territoriale delle quarantene seguita da un team dedicato; contatti telefonici affidati a un pool di medici in pensione. Tutti ottimi professionisti. Ancora più sforzi per i bambini fino a 14 anni, seguiti dalla Pediatria: in caso di positività di un alunno, vengono esaminati tutti i compagni di classe, i familiari, i docenti, il corpo non docente. Si cerca soprattutto che il contagio non arrivi ai nonni, che sono la categoria più a rischio. I bambini quasi sempre non si ammalano, i nonni finiscono all’ospedale.

Dal punto di vista organizzativo generale, la risposta è immediata. I protocolli rigorosissimi. L’obiettivo è fermare la catena del contagio ed evitare che i pazienti arrivino in terapia intensiva. Perché i letti non possono essere aumentati all’infinito. E perché le strutture esterne, contattate in previsione di un peggioramento, sono messe molto peggio dell’Ospedale di San Marino. Questo il senso dell’ormai consueta conferenza stampa del mercoledì, dove viene illustrata la situazione Covid a San Marino.

Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti” ha esordito il Direttore Generale ISS Alessandra Bruschi. “La sfida di tenere aperto richiede il coinvolgimento di tutti gli attori in campo, l’ISS può fare la sua parte, la politica ci supporta orientando i comportamenti, le Forze dell’Ordine intensificano il controllo, ma è fondamentale il contributo dei cittadini.

Spiega quindi il limite fisico strutturale a cui si trova di fronte l’ISS. I letti di terapia intensiva non sono letti di reparto. Richiedono tecnologie elevate, aria compressa, saturazioni, ventilatori, respiratori, monitor e molte altre strumentazioni. Non si tratta di comprare una bombola, è qualcosa di molto più complesso e profondo. Oltre a richiedere un grande sforzo di competenze infermieristiche e anestesiologiche. Che ci sono, che l’ISS sta utilizzando al massino, ma che non è in grado di espandere, perché certe professionalità specifiche non si possono creare dall’oggi al domani. Il Direttore Generale rende merito all’enorme sforzo che stanno facendo i professionisti: persone che non fanno ferie, né usufruiscono di permessi e di riposi, che lavorano dal lunedì alla domenica, e non sono ancora riuscite a recuperare le ferie della prima ondata. Lo sforzo organizzativo che l’ISS sta mettendo in campo è immenso, altrettanto avviene da parte di professionisti che lavorano ininterrottamente per rispondere a questa nuova emergenza.

Nonostante tutte le nostre capacità e gli sforzi messi in campo, non siamo in grado di prevedere un numero infinito di posti letto” chiosa Alessandra Bruschi, evidenziando tra l’altro che alcune terapie intensive no Covid sono state allestite nelle sale operatorie. Puntualizza: “Dal punto di vista dell’ipotesi di mandare pazienti gravi fuori territorio, abbiamo contattato le altre strutture: sono messe peggio di noi. Allora noi dobbiamo fare conto solo sulle nostre energie, e dobbiamo fare in modo che l’ISS sia in grado di dare risposte anche a tutti gli altri bisogni.”

Quindi: cosa dobbiamo fare noi cittadini per evitare un nuovo lockdown e creare ulteriori danni al comparto economico, turistico, imprenditoriale? Alessandra Bruschi spiega “Non è una questione di ristoranti: è quando si esce dal ristorante. Non è una questione di scuola: è quando si esce dalla scuola.” Significa che i locali, gli uffici, le aziende, le scuole e anche i seggi elettorali di domenica prossima, sono tutti sanificati, controllati, organizzati per rispettare le distanze. Quindi sono sicuri. Tra l’altro, il Congresso di Stato, proprio su istanza del Comitato Scientifico, ha emesso una nuova ordinanza perché tutto ciò sia rispettato al massimo livello e si possano evitare le chiusure. La sfida non è questa: è bloccare il contagio!

Quindi, il resto tocca a noi cittadini dai sei anni in su. Indossare la mascherina, evitare i raduni tra amici, evitare il più possibile il contatto nonni/nipoti, non stare seduti allo stesso tavolo se non si è conviventi, lavarsi e igienizzarsi le mani di continuo. È questa l’unica maniera per scongiurare la saturazione dell’ospedale, che nonostante la flessibilità e le risorse messe in campo, non può fare miracoli, ma vuole continuare ad offrire assistenza e cure a tutti i malati. Poi arriverà la primavera, arriverà il vaccino e speriamo di poter tornare alla nostra vita di abbracci, di relazioni sociali e di attività che possano far rifiorire l’economia.

a/f