Un tempo, quando il professor Fernando Bindi arringava gli studenti davanti al liceo, spiegava loro che un paese ha il parlamento che si merita. Se questo è vero (e sicuramente lo è) non c’è da stupirsi di quello che è accaduto nelle ultime settimane e durante i lavori della sessione consiliare di gennaio.
Quindi non c’è nulla da stupirsi se nonostante gli accordi raggiunti dentro la maggioranza sulle misure anti Covid, subito dopo il gruppo misto e il gruppo di Motus presentano emendamenti contrari a quanto stabilito, per mantenere fede alle loro posizioni liberiste e di protezionismo dei non vaccinati. Invece stupisce la totale mancanza di coerenza rispetto al loro credo quando sottoscrivono l’ordine del giorno che ipotizza l’introduzione dell’obbligo vaccinale, mentre le opposizioni che pure in qualche maniera avevano condiviso il taglio rigorista del governo, si astengono dal voto e lasciano l’aula.
Non c’è nulla da stupirsi se dalle file dell’opposizione si continua a biasimare la parziale chiusura dei servizi e dei reparti ospedalieri a fronte di una decina di ricoverati Covid. Evidentemente le persone “responsabili” che siedono tra quei banchi non si rendono conto che medici e infermieri fronteggiano ormai da metà dicembre una valanga di 1500 /1700 positivi, che stanno in isolamento almeno per una decina di giorni e che devono essere assistiti per tutte le loro necessità. Che fanno i tracciamenti e la sorveglianza delle quarantene. Che con lo stesso personale di sempre si fanno i vaccini: il clou si è avuto con l’open day per i ragazzi, quando sono stati somministrati in totale 1500 dosi in un solo giorno. Che con lo stesso personale si fanno più di 500 tamponi al giorno, che devono essere processati e i cui risultati devono essere registrati e comunicati alla persona. Che bisogna accettare prenotazioni, far certificati di malattia o di ripresa del lavoro, mandare i green pass. Ecco perché alcuni servizi sono stati chiusi.
Non c’è da stupirsi se, sempre da quei banchi “responsabili”, si continua a chiedere che il personale PA vada in aiuto ai centri sanitari. Evidentemente non sanno che gli infermieri dei centri sanitari fanno il triage anche al telefono, cioè sanno classificare la gravità di un paziente e adottare il protocollo necessario. Chi mandiamo a sostituirli, qualche segretaria, seppur brava? E poi come la mettiamo con la privacy e con l’accesso ai dati del sistema sanitario? Ad esempio: i volontari della protezione civile, che sono stati chiamati ad assolvere servizi ausiliari “non sanitari” sono stati comunque adeguatamente formati.
Altro problema sono i tamponi e le file che si formano al drive-through. Cittadini e soprattutto operatori economici di Cailungo si sono lamentati del disagio che questo fenomeno crea quotidianamente a livello di mobilità stradale. Si è pensato allora di offrire una soluzione con una tenda allestita grazie alla Protezione Civile in zona Ciarulla, dove c’è il tiro a volo, che dovrebbe cominciare a funzionare da oggi, lunedì 24. Qui non si crea disagio per nessuno. Però, ci potrebbe essere il problema della trasmissione dei dati che, in mancanza delle opportune infrastrutture di comunicazione, dovranno essere portati manualmente in ospedale. Il rischio è che si creino ritardi in questo senso.
Non esistono risposte facili, né soluzioni semplici di fronte ad una pandemia e risposte improvvisate possono creare più danno di quello che già c’è. Il nuovo direttore generale Bevere, atteso fra una settimana, si trova molte questioni da risolvere a livello organizzativo, sia per dare una risposta più puntuale ai cittadini, sia al personale sanitario che sta lavorando senza respiro, sia all’intera struttura ospedaliera che deve tornare quanto prima alla sua operatività.
Ma anche qui, le “forze responsabili” hanno cominciato ad attaccarlo prima ancora che si affacciasse al confine e sicuramente non risparmieranno critiche appena andrà ad insediarsi al quinto piano ISS. Anche di questo non ci sarà nulla da stupirsi.
a/f