Bollette e non solo, ora l’inflazione corre anche sul carrello della spesa. Con il nuovo anno, a subire gli effetti dell`aumento dei costi energetici non sono solo le utenze domestiche, è l’intero sistema agroalimentare, dalla produzione alla trasformazione, alla distribuzione, dove si stima che i costi di trasporto e della logistica siano circa un terzo del totale. Il prezzo dei prodotti alimentari è cresciuto, basta aggirarsi tra i banchi dei supermercati per rendersi conto del boom per il prezzo di frutta e verdura. Che subiscono gli effetti della stagione invernale, ma anche il caro trasporti.
Ormai non passa giorno senza che dal mondo dei consumi giungano segnali e dati allarmanti, che fanno allungare il passo all’inflazione, la quale a sua volta getta ombre lunghe sulla ripresa. L’Istat ha diffuso i dati sui prezzi al consumo del mese di dicembre: cresce in modo sostenuto l’inflazione, con un rialzo del +3,9 per cento, con i beni energetici che registrano +29,1 per cento su base tendenziale, dopo i rincari dei mesi scorsi. Sale verso l’alto, in questo modo, anche il carrello della spesa, +2,4 per cento su base annua.
L’euforia per la crescita del Pil del 2021, confermata intorno a quota +6,2 per cento (anche a San Marino i dati macro economici segnano numeri positivi), ha lasciato spazio alla crescita dei costi dell’energia e delle materie prime, che stanno spingendo l’inflazione alle stelle. Nei dati Istat sulle vendite al dettaglio balza all’occhio la riduzione delle vendite dei prodotti alimentari dello 0,9 per cento in valore e dell’1,2 per cento in volume. Un dato congiunturale che, come hanno sottolineato diversi osservatori del settore, «indica che le famiglie hanno ridotto la spesa per beni indispensabili come il cibo». La spirale tipica delle fasi inflazionistiche genera nuova inflazione attraverso le aspettative di ulteriori rialzi. Certo, non siamo negli ultimi decenni del secolo scorso, quando l’inflazione galoppava a due cifre; ma le dinamiche comportamentali sono fondamentali in economia e seguono modelli consolidati. D’altra parte l’inflazione non arriva dal cielo, ma dai costi crescenti della catena della distribuzione, che fa i conti con trasporti e logistica.
Ovviamente, certe dinamiche escono dall’influenza stretta dei nostri confini e un Paese piccolo come San Marino può solo subirle. L’allarme che viene dai grandi Stati è il raddoppio delle spese energetiche delle imprese, già verificatosi nella seconda metà del 2021. A rischio c’è l’intera filiera della manifattura e delle produzioni agroalimentari.
Peggio ancora: uno dei possibili scenari verso i quali l’incontrollata, e per molti versi insensata, corsa all’aumento dei prezzi, è che potrebbe muoversi. In poche parole: i recentissimi rincari delle utenze (luce e gas), in parte mitigati dagli interventi che ogni governo cerca di fare nel proprio Paese, non è escluso che nei prossimi trimestri non tornino a verificarsi.
Il fenomeno dei rincari è esploso dopo il lockdown, quando le imprese hanno ripreso a lavorare ed è aumentata la richiesta di energia. L’aumento della domanda, fa aumentare i prezzi.
In questa dinamica, la questione cinese è stata primaria: per far fronte alla crisi energetica che ha interessato l’intero Paese, il Governo di Pechino, oltre a incentivare la produzione di carbone (altamente inquinante), ha chiesto alle imprese di comprare combustibili “a qualsiasi prezzo” (quindi petrolio, metano e anche carbone), con la conseguenza di un’ascesa dei rispettivi prezzi sui mercati internazionali.
Ad alimentare lo squilibrio economico c’è stata una bassa offerta: l’Opec Plus, a conferma di un precedente accordo, immette ogni mese non più di 400.000 barili al giorno. Ed ecco spiegato il rialzo dei prezzi e l’aumento dei profitti dei Paesi produttori. Mentre l’Europa sta a guardare.
Infatti, questo circolo vizioso non vede una UE parte attiva nell’attuare politiche di autoprotezione. Al contrario, Bruxelles punta sulla svolta ecologica come alla ricetta che risolverà tutto. Regna, in buona sostanza, la pia illusione che presto potremo fare a meno di petrolio e metano. L’obiettivo è giustissimo, ma ci vorranno anni per realizzarlo.
Di fronte all’inflazione galoppante, c’è chi sostiene che non bisogna preoccuparsi troppo perché è un fenomeno transitorio destinato a rientrare nei prossimi mesi; ma c’è anche chi invoca l’aumento del costo del denaro e la riduzione della spesa pubblica. In realtà c’è una terza opzione: l’introduzione del controllo dei prezzi in settori specifici, una soluzione che potrebbe tenere sotto controllo l’inflazione e allo stesso tempo scongiurare una recessione.
L’impegno dei governi e delle associazioni di categoria dovrà essere quello di prestare un’attenzione vigile alla portata degli aumenti che, nel corso di quest’anno, tutti auspicano possano invertire la tendenza, assestandosi su livelli più accettabili.
L’esperienza della scorsa estate ci ha fatto vedere che dietro alla pandemia, la ripresa può essere davvero importante e così probabilmente sarà nei prossimi mesi. Ma la congiuntura favorevole è ancora troppo fragile, per questo occorre una grande attenzione non solo allo sviluppo delle imprese ma anche al potere di acquisto delle famiglie.
a/f