Primi di giugno 2014: il sindaco di Venezia Giorgio Orsini viene arrestato per concussione e riciclaggio nell’ambito delle indagini sugli appalti Mose. Insieme a lui altre 35 persone in manette. I pm Stefano Buccini e Paola Tonino avevano scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva dirottato denaro su alcuni fondi neri all’estero. I soldi, secondo l’accusa, venivano portati da Claudia Minutillo, imprenditrice e ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove venivano riciclati da William Colombelli, sammarinese, attraverso la propria azienda finanziaria BMC Broker. Oltre 20 milioni di euro sono stati occultati e poi finiti all’estero. Secondo l’accusa venivano indirizzati al mondo politico, circostanza questa che ha fatto scattare l’operazione. Si vuole far luce su come operava la BMC Broker poiché secondo le accuse dei pm, con il concorso di Baita e Minutillo avrebbe lavorato creando un fondo cassa fatto di fatture inesistenti per generare la provvista di denaro destinato alle mazzette in laguna.
Nella Repubblica di San Marino, intanto, dopo che la magistratura sammarinese aveva sentito varie deposizioni dei politici, esplode il caso “Conto Mazzini” che poi porterà alla tangentopoli sammarinese.
All’inizio si parlò di 8 persone indagate tra cui 7 politici e tra le ipotesi di reato, quella di corruzione. Su questo conto intestato a Giuseppe Mazzini transitavano 5 milioni e mezzo di euro, parte dei quali finiti attraverso l’estinzione di libretti minori e “figli” di Mazzini.
Alla fine di giugno si arriva all’arresto di Podeschi ex segretario di stato e consigliere nonché uomo di punta del partito democratico cristiano sammarinese, con l’accusa di riciclaggio e della sua compagna Baruca. Secondo le accuse, Podeschi, attraverso la Fondazione per l’economia e lo sviluppo sammarinese avrebbe raccolto il denaro che avrebbe convogliato nei conti correnti presso la BCS , grazie anche a un funzionario compiacente e già indagato, lo avrebbe poi versato in libretti al portatore che poi venivano consegnati ai politici sammarinesi come mazzette.
Emerge dalle carte che prima del suo arresto attraverso la società Aol San Marino amministrata da Baruca stava mediando con Banca Centrale la cessione di licenze bancarie rimaste orfane ad un investitore russo. Dopo il suo arresto la trattativa è passata di mano ad un altro ex segretario, non ben precisato.
Le indagini continuano e portano all’arresto di Stolfi ex segretario agli Esteri anche lui legato alla finanziaria Finprojet.
Dalle indagini emergono elementi secondo cui la trattativa sulle licenze bancarie (ex Eurocommercial Bank e Banca commerciale Sammarinese) partita con Podeschi dopo il suo arresto, a fine giugno, sarebbe proseguita con l’altro ex segretario. Per gli inquirenti si tratta di capire il rapporto di Bcsm con i due. Nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto dei due ex segretari di Stato, con l’accusa di associazione a delinquere e riciclaggio, c’è una parte dedicata al voto di scambio. In base alle prove degli inquirenti, parte delle somme illecite convogliate in favore del gruppo aveva una finalità elettorale. Fra le finalità dell’associazione infatti vi era anche quella di impedire o condizionare il libero esercizio del voto e di procurare voti a candidati vicini al gruppo. Di fatto la possibilità di assurgere alla carica di segretario dipendeva dal risultato conseguito dal singolo, in termini di preferenze, e dai candidati più vicini a lui. I membri dell’associazione si preoccupavano di acquisire e mantenere una leadership attraverso il consenso elettorale. La soluzione venne individuata nel voto di scambio, soluzione che però richiedeva di reperire i soldi per la campagna elettorale e i cui costi, riferisce lo stesso Podeschi, “erano lievitati perché occorreva pagare i viaggi dei cittadini sammarinesi che abitavano in Argentina e negli Stati Uniti”. Per reperire i soldi destinati al consenso, stando alle prove raccolte dai magistrati, venivano usati denari provento di reati, finanziamento illecito e riciclaggio. Dopo questi eccellenti arresti i magistrati si sono diretti alla sede della Banca Centrale di San Marino passando a setaccio la documentazione riguardante i vari filoni delle indagini. Insieme a Stolfi viene arrestato il suo prestanome Moris Faetanini rilasciato in seguito per aver collaborato con i magistrati. A settembre lo Stato di San Marino, a tutela della propria immagine, si costituisce parte civile. Finalmente alla fine del mese di ottobre Fiorenzo Stolfi, finito in carcere due mesi prima con l’accusa di riciclaggio e associazione per delinquere dedita al voto di scambio, alla corruzione e al clientelismo, viene interrogato dai magistrati sammarinesi e inizia a collaborare.
L’indagine sul ‘Conto Mazzini’ prosegue su più fronti e l’ex segretario di Stato, che nell’interrogatorio di garanzia aveva preferito rimanere in silenzio, ora è collaborativo e risponde a parecchie delle contestazioni dei giudici. Tanto che l’indagine, che da mesi sta mettendo sotto sopra il Titano, potrebbe essere arrivata a un punto di svolta. Gli inquirenti mantengono un assoluto riserbo sull’interrogatorio, proprio come l’avvocato del politico sammarinese, Luigi Stortoni il quale si limita a dire che il suo cliente ha risposto a tutte le domande in maniera esauriente. Un interrogatorio dunque, quello di Stolfi, che potrebbe per l’ennesima volta far tremare i ‘potenti’ di San Marino dato che sarebbe zeppo di scottanti ammissioni. Dopo la doppia perquisizione di martedì scorso nelle abitazioni di Pier Marino Mularoni e Pier Marino Menicucci (indagati per associazione a delinquere e riciclaggio nel filone della ‘Penta Immobiliare’), è toccato a Gian Marco Marcucci e Giovanni Lonfernini.
L’indagine che li riguarda è legata al filone iniziale dell’inchiesta, cioè quello del ‘Conto Mazzini’ e dei suoi libretti al portatore dai nomi più fantasiosi sui quali sono circolati cinque milioni e mezzo di euro.
Nel mirino ritornano, quindi, gli uomini dell’Unione per la Repubblica, alcuni dei quali all’epoca dei fatti contestati erano esponenti di punta della Democrazia cristiana. La polizia giudiziaria ha perquisito l’abitazione di Faetano e lo studio legale di Marcucci raccogliendo documenti, computer e cellulari. Una montagna di materiale che ora sarà analizzato nel dettaglio.
Gli uomini del Nucleo antifrode hanno fatto la stessa cosa nell’abitazione di Montegiardino dove risiede Lonfernini per il quale, oltre alla corruzione e finanziamento illecito ai partiti, ora si aggiunge l’accusa di associazione a delinquere. Intanto gli inquirenti hanno iniziato a mettere sotto la lente il materiale ‘raccolto’ nei giorni scorsi nelle abitazioni di Mularoni e Menicucci. Un lavoro corposo considerato il fatto che al solo Menicucci sono stati sequestrati addirittura una ventina di cellulari che ora i magistrati stanno analizzando. Il Consigliere Lonfernini decide di dimettersi per dimostrare la sua innocenza ma, per quanto si sa al momento, gli si contesta una dichiarazione del 2008 scritta di suo pugno in cui attesta un prelievo di 10 mila euro per quanto riguarda il primo filone dei libretti legati alla famiglia Mazzini. Questo libretto denominato “Tre” venne estinto nel 2012 con un bonifico di 135mila euro circa sul proprio conto alla Asset Banca. In questi giorni si è appreso anche le dimissioni del Consigliere Marcucci ex Segretario di Stato al Lavoro, è indagato per riciclaggio e associazione a delinquere finalizzata anche a condizionare il funzionamento delle istituzioni e pubblica amministrazione. Si parla di movimenti su libretti dai nomi più disparati “Linda” aperto nel 2005 aperto a proprio nome con versamento di 130mila euro in contanti, il libretto “Mercedes”, aperto da Roberti Giuseppe, sul quale Marcucci versò 30mila euro in contanti. Questo libretto era utilizzato per il dossier titoli intestato a Mazzini. Accese anche il libretto “Mela” versando 25mila euro dal libretto “Don” da cui fece una serie di prelievi per arrivare alla cifra di 150mila euro.
Anche l’ex segretario di stato Podeschi e la sua compagna Baruca in carcere dal 23 giugno hanno deciso di collaborare con i magistrati.
In questi giorni si è appresa la notizia della scarcerazione di Fiorenzo Stolfi ora agli arresti domiciliari.
Non scordiamo l’arresto di Mirella Frisoni e poi il rilascio a seguito di collaborazione con i magistrati che ha portato alle dimissioni del Segretario alle Finanze Felici. Anche questo caso è legato al riciclaggio e con numeri da capogiro: 15 milioni di euro, la cifra che le viene imputata sommata ad un numero impressionante di immobili a lei intestati (pare ben sopra i 200) e a qualcosa come 12 licenze.
Nel turbinio di notizie, processi ed arresti che ha travolto la classe dirigente sammarinese, Mirella Frisoni non parrebbe che una delle tante pedine di un gioco malato che ha gettato montagne di fango sul buon nome della Repubblica. Tuttavia, Mirella Frisoni era Segretario Amministrativo nel partito PSD, candidata nel 1998 e per il quale ha ricoperto il ruolo di Segretario Particolare alla corte dell’attuale Segretario di Stato alle Finanze, Claudio Felici. Ma Mirella Frisoni sarebbe mai riuscita a fare quello che le viene contestato senza una copertura politica?
Non solo. Le registrazioni che tutti hanno ascoltato poiché posizionate su internet, in cui la Frisoni parla con un altro indagato, Giuseppe Roberti, dei soldi delle tangenti che avrebbe contribuito a ripulire, chiamano in causa nientepopodimenoche lo stesso Claudio Felici. In seguito a questo avvenimento, il Segretario alle Finanze Felice presenta le proprie dimissioni dal governo, senza rischiare di tirare nel fango la stessa Istituzione.
Il giorno 5 novembre, nel pomeriggio i magistrati interrogano Macina capo gruppo del Consiglio Grande e Generale del Psd e Felici ex Segretario alle Finanze. Si pensa ad una evoluzione per ottenere l’attenuazione della custodia cautelare.
Pier Marino Mularoni e Pier Marino Menicucci. Il primo è ex parlamentare, ex segretario di stato (ministro) al Lavoro, poi alle Finanze nel periodo dal 2002-2006. Ma soprattutto Mularoni è stato Capitano reggente nel 1997: un vero e proprio capo di stato. La stessa carica nel 2003 l’aveva ricoperta anche Menicucci che in passato era stato anche segretario del Pdcs, il partito della Democrazia cristiana (di cui anche Mularoni è stato membro sino al 2007) oggi maggioranza relativa al governo della città-stato. Entrambi sono finiti indagati nella maxi-inchiesta sul cosiddetto Conto Mazzini: un sistema che nel decennio scorso – secondo l’accusa – avrebbe permesso a molti politici di San Marino di finanziarsi in maniera illecita. Il succo della vicenda secondo i commissari era semplice: in un conto intestato a un tale Giuseppe Mazzini nella Bcs (la Banca commerciale sammarinese, oggi chiusa), c’era chi versava dei soldi e c’erano i politici che le ritiravano tramite una serie di altri libretti che venivano aperti ad hoc.
La parte d’indagine nell’ambito della quale Mularoni e Menicucci sono finiti sotto l’occhio della magistratura è quella della Penta Immobiliare. Al centro delle indagini c’è soprattutto l’acquisto della attuale sede della Banca centrale di San Marino in via del Voltone, negli anni in cui Mularoni era ministro delle Finanze. Il venditore dell’edificio, una società di San Marino, dopo avere incassato diversi milioni dalla vendita, ne avrebbe versato una parte (523 mila euro) su un libretto al portatore. Da qui una fetta della somma sarebbe stata girata, tramite un faccendiere italiano, alla Penta. L’immobiliare – tra i cui proprietari ‘occulti’, secondo gli inquirenti, ci sarebbero Mularoni e Menicucci (attraverso una scrittura privata) – a sua volta avrebbe comprato un loft a Bologna, poi venduto allo stesso Mularoni. Nell’ambito di questa vicenda la magistratura sammarinese a metà ottobre 2014 ha ottenuto dalla Corte d’appello di Bologna il sequestro preventivo del loft nel capoluogo emiliano. Non solo. Dopo che Mularoni staccò l’assegno per l’acquisto del loft a Bologna, l’assegno stesso non sarebbe mai stato messo all’incasso.
Ma c’è un’altra vicenda che potrebbe avere a che fare con la vicenda del Conto Mazzini. Giovedì 23 ottobre, a Pesaro, due uomini hanno aggredito con bastone e manganello (e ripreso tutto con una telecamera) Gian Luca Bruscoli, mentre camminava per la strada. Bruscoli, anche lui tra gli indagati nella ‘tangentopoli’ sammarinese, prima della messa in amministrazione straordinaria del 2011, era uno dei dirigenti proprio della Banca commerciale sammarinese, quella in cui era depositato il Conto Mazzini. Inoltre era alla guida della finanziaria Finproject, anch’essa messa in amministrazione straordinaria e che deteneva il 20% di Bcs. Munito di passaporto di persone informate sui fatti, anche alla luce dell’interrogatorio avvenuto la scorsa settimana da parte di Fiorenzo Stolfi, prima di San Marino, per lungo tempo Bruscoli era stato anche consigliere diplomatico in Libia per la Repubblica del Titano. Dopo essere stato aggredito Bruscoli è andato a farsi medicare in pronto soccorso per due volte, con il naso rotto e 25 giorni di prognosi. Ma poi ha firmato la richiesta di dimissioni, non ha sporto denuncia e ha fatto perdere le sue tracce.
Per il Conto Mazzini sono 23 in totale gli indagati tra banchieri, politici e uomini della finanza, con accuse diverse da caso a caso: riciclaggio e associazione a delinquere le accuse. Tra gli arresti eccellenti: Claudio Podeschi, della Democrazia cristiana e Fiorenzo Stolfi, del Partito dei socialisti e democratici, entrambi ex segretari di stato. A metà ottobre, ancora per la vicenda del Conto Mazzini, il segretario di stato alle finanze Claudio Felici si è dimesso.
Tutti i nomi della tangentopoli sammarinese
Amati Lucio | 1. |
Balafoutis Stefanos | 2. |
Baruca Biljana | 3. |
Benedettini Ernesto | 4. |
Bruscoli Gian Luca | 5. |
Canuti Gilberto | 6. |
Casati srl | 7. |
Faetanini Moris | 8. |
Felici Claudio | 9. |
FinProject | 10. |
Frisoni Mirella | 11. |
Gasperoni Cesare | 12. |
Giancecchi Remo | 13. |
Guidi Marziano | 14. |
Lonfernini Giovanni | 15. |
Macina Stefano | 16. |
Marcucci Gian Marco | 17. |
Mazzocchi Mirco | 18. |
Menicucci Pier Marino | 19. |
Moretti Giuseppe | 20. |
Moretti Luigi | 21. |
Mularoni Pier Marino | 22. |
Papadopoulos Stefanos | 23. |
Penta immobiliare | 24. |
Podeschi Claudio | 25. |
Roberti Giuseppe | 26. |
Silva Pietro | 27. |
Stolfi Fiorenzo | 28. |
Tortorella Nicola | 29. |
I fiumi di denaro, Finmeccanica e quella collaborazione sanitaria con Tripoli
La Libia per San Marino è sempre stata evidentemente una sorta di terra promessa. E gli incarichi diplomatici in quel paese sembrano diventare moneta per comprare il voto. Questo stando al video diffuso da un blog sammarinese e ripreso alla Rtv che ha catalizzato anche nel Consiglio l’attenzione dei politici, soprattutto socialisti. Il video riguarda, infatti, un gruppo di esponenti del Partito socialista, identificati in Alessandro De Biagi, Alessandro Mancini, Germano De Biagi e Simone Celli che parlano con Luigi Carrirolo, imprenditore di origine veneta che vende cucine a Cerasolo (…).
L’interesse sammarinese per la Libia è continuato anche dopo Gheddafi. In Libia ci andò pure, dopo la cosiddetta primavera araba, quindi in una situazione politica di quel paese non ancora proprio definita, Claudio Podeschi, accompagnato dal direttore generale dell’Iss, Paolo Pasini, e da un imprenditore con evidenti entrature in Libia. Proprio Gian Luigi Carrirolo, che ammette egli stesso di avere parecchi rapporti con Tripoli. (…)
Dopo questo avvenimento si è dimesso Simone Celli Segretario del Partito Socialista Sammarinese implicato nello scambio di voti riguardante il filmato. Ora si attendono risvolti giudiziari.
fonte: portalelegale.wordpress.com