Europa sì, Europa no? Ad ascoltare le considerazioni di alcuni cittadini, pare che ancora non ci siano idee molto chiare. È probabile che l’argomento non interessi una gran parte della popolazione e l’altra parte ne sappia assai poco. In effetti, una trentina di anni fa, la non adesione al progetto comunitario poteva sembrare una difesa di prerogative sovrane che in quel momento apparivano convenienti, ma che si sono rivelate assolutamente dannose per come sono state gestite.
Oggi, le situazioni sono molto cambiate. Innanzi tutto la classe politica ha capito che l’adeguamento del sistema finanziario agli standard internazionali e lo scambio di informazioni hanno consentito di recuperare una possibilità di relazioni che era andata totalmente perduta.
L’avere bloccato il “progetto criminale” descritto dalla Commissione banche e l’aver allontanato dai gangli istituzionali tutti (o quasi) i personaggi dubbi, ha dato una nuova spinta anche alle relazioni bilaterali con l’Italia. Con la quale il clima è cambiato e la reciproca collaborazione è ormai pratica quotidiana. Rimane ancora in stand by il famoso “memorandum d’intesa” con Bankitalia, che sarebbe fondamentale per una maggiore operatività delle banche sammarinesi e del quale si sa poco o niente al di là di qualche dichiarazione politica. Il vero passaggio atteso da tutti è “l’eliminazione” tutte le condizione per la “rigenerazione” dei protagonisti del progetto criminale. Ovvero, la necessità di creare gli anticorpi affinché certi fenomeni non abbiano mai più a ripetersi.
Ma è stata l’emergenza sanitaria a far comprendere l’importanza di una sinergia internazionale, sia dal punto di vista del reperimento di vaccini e farmaci, sia dal punto di vista degli aiuti economici anche a fondo perduto. La qual cosa ha sicuramente abbattuto le ultime remore sulla partecipazione alla UE, oltre alla necessità sempre più gravosa di eliminare tutti i lacci e laccioli che imbrigliano l’operatività delle imprese fuori confine e il trasferimento di merci e servizi.
Eravamo rimasti bloccati sull’acquis comunitario, ovvero l’insieme delle determinazioni di natura normativa, politica e giurisprudenziale della Comunità adottate nelle varie fasi dell’integrazione europea, che i nuovi membri sono tenuti ad accettare al momento della loro adesione. Si stimano 80 mila pagine di diritto comunitario e più di 30 mila atti normativi. Pochissime le deroghe che si possono trattare. Per San Marino, uno scoglio insormontabile.
Proprio durante i lavori di incontro e confronto proseguiti in streaming durante il Covid, San Marino ha deciso di cambiare paradigma. Ovvero di spostare la trattativa dalle questioni bloccanti a quelle più politicamente pregnanti, come la libertà di circolazione per le persone, le merci e i servizi, superando i tecnicismi dell’acquis. Contestualmente, di proseguire sulla strada del Parlamento europeo, con il quale la Repubblica ha un dialogo continuo e grazie al quale si sono ottenuti risultati importanti sui vaccini, sui medicinali e il green pass.
Pare che questa sia stata una strategia vincente, in base alla notizia arrivata lo scorso dicembre dalla Commissione Affari Esteri del Parlamento europeo, che ha indicato il secondo semestre del 2023 per l’ingresso di San Marino, Andorra e Monaco nella UE. A caldeggiare la questione, schierandosi a favore dei piccoli Stati, i commissari del Partito popolare europeo. Ora appare evidente la volontà di premere sull’acceleratore per i negoziati durante la presidenza francese, per arrivare alla soluzione con quella iberica. Sul tavolo, quando mancano meno di due anni alla chiusura del negoziato, anche l’ipotesi di includere aiuti finanziari, dopo le criticità fatte emergere dalla pandemia. Intanto tra le questioni più spinose restano i servizi finanziari, la libera circolazione dei cittadini, la non discriminazione sulla base delle nazionalità ed il versante telecomunicazioni. Ferma restando la necessità di ascoltare i parlamenti nazionali e in particolar modo i cittadini dei micro stati, tramite l’illustrazione accurata dei contenuti dell’accordo di associazione.
Anche il nodo del riconoscimento dello Sputnik pare essere sulla buona strada di una sua soluzione. È giusto, giusto di un paio di giorni fa la notizia diramata dal sito “Nova.news” secondo il quale gli specialisti dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) hanno espresso parere positivo sul riconoscimento degli standard di produzione del vaccino russo contro il coronavirus Sputnik V e sulla conduzione delle sperimentazioni cliniche.
A questo punto, il lavoro per un partenariato effettivo di San Marino con l’Unione Europea è tutto sulle spalle della politica e della diplomazia. Ma subito dopo dovranno essere i cittadini sammarinesi a dover esprimere il loro parere. Con l’auspicio che nel frattempo possano informarsi più dettagliatamente sul costo/benefici di questo ingresso, sulle nuove opportunità che si disveleranno ma anche sull’abbandono delle antiche remore sulla preservazione di una sovranità che, in un mondo globalizzato, sta progressivamente perdendo tutte le sue antiche prerogative.
a/f