Perché San Marino nel corso della sua storia non ha avuto mai un re o un principe? Al massimo ha prodotto una serie di oligarchie di notabili e di elites. Infatti San Marino è considerata la Repubblica più antica al mondo. Per dare una risposta a questa domanda ho formulato una ipotesi che potrebbe essere il motivo, del mantenimento nel tempo della forma di Stato Repubblicano. La ragione può derivare sia dal livello di ricchezza materiale ed umana che è stata accumulata nel corso dei secoli, sia dalla sua concentrazione.
Nel corso della storia, San Marino è stato un territorio, poco ricco: perché poche erano e sono le risorse naturali: la quantità di acqua era sufficiente per i bisogni di sopravvivenza, le foreste erano limitate e il terreno non curato attraverso la riforestazione, le vie di comunicazione poco sviluppate, l’abbondanza della pietra, bene di costruzione e di esportazione non è stata sufficiente per accumulare grandi quantità di ricchezza materiale e finanziaria, altre risorse naturali non ci sono, la popolazione residente era poco numerosa e il suo livello culturale molto differenziato.
Ritengo che questa tipologia di concentrazione della ricchezza in quantità limitata, sia stato il motivo della mancata presenza di un re o di un principe a San Marino. Ha invece prevalso il dominio delle oligarchie.
L’utilizzo delle prerogative statuali è stato l’inizio dell’incremento delle entrate pubbliche, (da ricordare la concessione dei titoli nobiliari). Successivamente lo sviluppo economico e il processo di industrializzazione durante il XX secolo, a cui ha fatto seguito il periodo di sfruttamento della rendita fiscale nella fase di finanziarizzazione dell’economia sammarinese: è questa serie di eventi economici e sociali che hanno incrementato la ricchezza nazionale e nello stesso tempo quella privata (terreni, fabbricati, strumenti della produzione, partecipazioni azionarie, possesso di disponibilità finanziarie e di beni ed altro).
Da ricordare i fattori che incidono sulla creazione della ricchezza nazionale e di quella privata: 1. la crescita economica, 2. il Welfare State, 3. la crescita demografica, 4. Il cambiamento tecnologico basato sulle competenze, 5. la competitività nel commercio internazionale, 6. gli sviluppi nei livelli di formazione del capitale umano e sociale, 7. la complementarietà tra l’economia reale e la finanza, ricordando che quest’ultima dovrebbe avere un ruolo di utilità e non di sostituzione. 8. la qualità e competenza delle classi dirigenti.
In questa fase politica della Repubblica non è chiara quale sia la strategia per incrementare il benessere economico e sociale della sua popolazione. Attualmente i fattori dello sviluppo sono in fase di decrescita e le politiche attuate o promesse sono di carattere illusorio e i taluni casi semplici artifizi contabili.
Mancano sia le volontà di definire il modello di sviluppo economico e finanziario, che il piano delle priorità con le relative coperture contabili (si prospetta un secondo bilancio pubblico, sganciato dal criterio del suo equilibrio, ma proiettato verso l’espansione del debito pubblico estero ed interno). Manca la politica industriale in una visione di mercato europeo, si fanno appelli per sollecitare l’arrivo di investitori esteri, si è aperto il portone delle residenze dei VECCHI RICCHI, desiderosi di buoni affari immobiliari e finanziari. Si esprime l’enfasi per le valutazioni delle società di rating, legate alla politica del debito pubblico estero, perché così fanno ormai tutti gli Stati in via di sviluppo e molti altri del mondo occidentale. La tradizione sammarinese dell’accensione del debito pubblico, legata al finanziamento di infrastrutture con enti pubblici stranieri (si veda CDP), è abbandonata. Oggi c’è la mania della internazionalizzazione effimera e costosa. La scelta del servizio del debito è valutata come dato normale del bilancio pubblico. Le nostre banche non possono svolgere a pieno il loro ruolo di banche commerciali e locali perché manca il contesto di sviluppo economico e sociale. Mancano studi su questa pluralità di problematiche. Mancano le politiche sociali e quelle di contrasto alla diminuzione del benessere e della povertà relativa. Tutto questo è gestito secondo il criterio della liquidità e del rinvio!!!!!!.
Si spera che i giovani democristiani con l’attivazione del Centro Studi e i settori giovanili degli altri partiti prospettino linee di politica economica che tengano conto dei loro interessi di cittadini attivi. Perché mancano le linee di una buona politica economica, produttiva e finanziaria per tutti, specie per i giovani: Prevale la politica creativa, illusoria e predatoria tra generazioni.
Dall’Italia apprendiamo che il ministro Taiani dice: manca la politica industriale. Una politica che realizzi progetti di produzione di beni e servizi e in parallelo proceda agli investimenti degli utili e non si basi solo sui sussidi dallo Stato, cioè sui trasferimenti di liquidità dal bilancio pubblico all’imprenditoria privata. Chiede di attivare i due fattori: il capitale e il lavoro. Non chiede di creare denaro, dall’uso del solo denaro. Essi vivono il fenomeno ” Stellantis!”
Il dibattito interno si sta concentrando sui sistemi di distribuzione della ricchezza: la riforma fiscale della tassazione diretta (IGR) e indiretta (IVA/monofase), il sistema di Welfare State (casa, sanità, lavoro, formazione, demografia ed altro) e l’impiego dell’indicatore ICEE, per la condizione economica verso l’equità. A breve termine potremo vedere se la dichiarazione: non dimenticheremo nessuno, diventerà buona e concreta politica oppure continuerà il processo di estrazione della ricchezza dalla parte fragile della comunità a favore dell’elites dominanti. La mediazione tra le forze politiche di questa maggioranza sarà equa, oppure il blocco sociale conservatore dominante vorrà imporre la sua supremazia e i suoi interessi? Così come è stato fino ad ora. Abbiamo fiducia nel cambiamento, ma dobbiamo partecipare, monitorare e non delegare.
Orietta Orlandoni Ceccoli