San Marino. La testimonianza. Sequestrata dal virus da 93 giorni (articolo completo)

Con un mesto messaggio su facebook la sammarinese Elena Nanni ha annunciato alle sue clienti di essere ancora positiva dopo 93 giorni. Il che ha significato per lei dover rinunciare alle residue speranze di poter riaprire la propria attività, “un negozio (un salone per la cura delle unghie) – ha raccontato Elena – che avevo aperto ad agosto dopo 15 anni di sacrifici. Ora è assodato che dovrò rinunciarci, i soldi li ho finiti, solo oggi (ieri per chi legge, ndr) mi sono arrivate tre cartelle da pagare e io sono ancora costretta a rimanere chiusa in casa. Lunedì le mie colleghe riapriranno e io chiuderò definitivamente”. Dalle parole di Elena trapela un senso di sconfitta ma anche di grave ingiustizia. Certo la ‘colpa’ di questa pandemia non è di nessuno ma prima o poi occorrerà guardare dentro alla vita delle persone e vedere cosa ne è rimasto. Altrimenti gli autoelogi sulla gestione dell’emergenza lasceranno il tempo che trovano e varranno veramente poco. Elena Nanni ha già raccontato, proprio su queste pagine, di essersi accorta lei di avere il Covid-19 perché il suo medico l’aveva scambiata per una polmonite rassicurandola sul fatto di non essere contagiosa. Elena tuttavia, riconoscendo i sintomi dalle informazioni che venivano diffuse, ha insistito per avere un tampone scoprendo così di essere stata colpita dal coronavirus. Ma se dalla malattia, pur immunodepressa, è riuscita a guarire senza complicazioni, rimanendo a casa e senza bisogno di medicinali, non è riuscita però a venir fuori dalla positività che la costringe tuttora a rimanere chiusa tra quattro mura. In questi giorni ha fatto gli ultimi tamponi, il primo dei quali era risultato negativo ma il secondo purtroppo è ancora positivo. E’ così andata incontro a una cocente delusione tanto che la mamma di 33anni positiva da 93 giorni ha confessato a Repubblica.sm: “Il prossimo tampone lo devo fare tra 10 giorni ma io non voglio più sottopormi a un tale stress, preferisco a questo punto rimanere rinchiusa a vita, tanto non ho nemmeno più un lavoro”. In una recente conferenza stampa il commissario Arlotti ha parlato di casi limite in cui si rimane positivi anche per 60 giorni. Qui parliamo di oltre un mese in più. E’ possibile che una persona rimanga contagiosa per tutto questo tempo? Viene verosimilmente da pensare di no e che i protocolli vadano rivisti perché non è tollerabile che le persone vengano rinchiuse per un tempo così lungo, costrette a guardare senza poter far nulla che la vita che avevano costruito vada in mille pezzi. Quanto sono affidabili i tamponi? Qui parliamo peraltro di una giovane mamma con un bambino piccolo che non può e non deve assolutamente essere lasciata sola. “Devo continuare a stare lontana dal mio piccolo – ha detto – guardarlo da un metro di distanza e sempre con la mascherina. Praticamente un incubo senza fine”. Ci vogliono indagini approfondite che stabiliscano il tempo in cui una persona rimane contagiosa. E soprattutto ci vorrebbe che le misure per il contrasto del Covid-19 fossero ‘a misura di uomo’. Un appello lanciato dalla stessa madre di Elena che su facebook ha scritto: “Ora parlo da mamma , è stato fatto un tampone nonostante fossero passati mesi dal momento in cui mia figlia ha avuto una sintomatologia da covid, (15 febbraio ) finalmente l’8 aprile viene fatto un tampone e l’esito risulta positivo con sierologico negativo, premetto che non ci sono certezze su questo dannato virus non le ho io e nemmeno i medici però ritengo che non si possa semplicemente liquidare la faccenda rimandando il tampone di altri 10 giorni, ritengo sia umano prendersi cura di chi sta attraversando tutto ciò isolata da tutti dando un minimo di rassicurazione che non durerà per sempre! Mi auguro che si faccia un passo in avanti nel seguire i pazienti gestendo l’essere umano nel suo complesso e non solo da un test ! Una mamma di una positiva al covid”.

Repubblica Sm