L’Accordo di Associazione San Marino–UE è arrivato al punto più critico dalla chiusura dei negoziati del 2023, ma mentre a Bruxelles la pratica è impantanata, a San Marino si continua a vendere un’immagine di serenità, collaborazione e “passi finali”. Lo show messo in scena ieri sera al Kursaal ha avuto più il sapore di un varietà politico che di un confronto serio su un dossier strategico. Platea scelta, toni rassicuranti, narrativa trionfalistica. La realtà – quella concreta, procedurale, politica – è radicalmente diversa.
La verità è che l’accordo è oggi esposto a un rischio reale di implosione. Non un’ipotesi remota, non un argomento di propaganda: un rischio strutturale, derivante dalle divisioni interne all’Unione, dalla presa di posizione francese, dalle rigidità costituzionali di Andorra e dai tempi procedurali che si stanno allungando oltre ogni previsione.
Nel racconto ufficiale si parla di un “solo nodo tecnico”. In realtà, a Bruxelles il dossier è ancora bloccato sulla questione cruciale della natura giuridica dell’accordo: competenza esclusiva dell’UE o competenza mista, cioè soggetta alla ratifica dei Parlamenti di tutti i 27 Stati membri. È la differenza tra un percorso lineare e un purgatorio politico-giuridico lungo anni, in cui ogni Stato può esercitare un veto finale.
E mentre San Marino cerca di minimizzare, la Francia ha già formalizzato che per Parigi l’accordo deve essere misto. È un colpo durissimo alla tesi dell’accordo esclusivo: con il modello misto si apre una procedura molto più fragile, lenta e rischiosa. Ci vorranno almeno 10 anni prima di una risposta e basta un solo paese che dica di no e l’accordo non c’è più! Morto, saltato.
Gli altri Paesi non sono allineati. Il Consiglio UE è spaccato, nonostante le rassicurazioni diffuse ieri sera.
E qui entra in gioco anche l’incontro che il Segretario di Stato Luca Beccari ha avuto ieri con Antonio Costa, Presidente del Consiglio Europeo: un passaggio che al Kursaal è stato raccontato come “positivo”, ma che in realtà, a detta di più fonti presenti, è stato tutto fuorché rassicurante. Costa avrebbe fatto capire, in modo non ambiguo, che il dossier ha rischiato seriamente di saltare, e che la situazione resta politicamente “sensibile”, cioè instabile. Un messaggio che, tradotto dal linguaggio diplomatico, significa solo una cosa: l’accordo è entrato in zona rossa. Siamo con l’acqua alla gola!

A complicare ulteriormente lo scenario c’è Andorra, che non è un dettaglio come qualcuno cerca di far credere. La realtà è che Andorra: deve necessariamente sottoporre l’accordo a referendum popolare, non può applicarlo provvisoriamente come possiamo farlo noi, rischia di impiegare anni prima delle ratifiche necessarie.
Risultato?
San Marino può anche partire con l’applicazione provvisoria nel 2026, spendere soldi (e sarebbe interessante sapere quanti ne ha spesi in questi anni ma non ce lo dicono), riscrivere normative, adeguare le Autorità di vigilanza… mentre Andorra resta ferma. E se uno solo dei 27 Parlamenti, o lo stesso referendum andorrano, dice NO, l’accordo entra in default politico: tutto si blocca, noi restiamo in mezzo al guado dopo aver già pagato i costi dell’adeguamento.
Questo scenario non è complottismo. È la logica conseguenza di un accordo misto.
Ed è anche la ragione per cui chi, in Europa, ha provato ad aiutarci sostenendo la tesi dell’accordo esclusivo, oggi è in difficoltà: la Francia ha chiuso quella porta, e altri Paesi non intendono opporsi. La Presidenza danese sta tentando un compromesso, ma non ha ancora l’unanimità politica necessaria.

C’è poi un ulteriore elemento che ieri sera non è stato detto al Paese: nel momento in cui San Marino entra in un accordo di Associazione di competenza mista, tutti gli accordi bilaterali firmati nel passato con singoli Stati europei saltano automaticamente.
È obbligatorio: l’UE richiede coerenza normativa. L’accordo di Associazione assorbe e sostituisce quelli precedenti.
E se poi l’Unione Europea ci dice di no?
O se un Parlamento nazionale blocca la ratifica?
O se Andorra, per via del referendum, affossa l’accordo?
Allora San Marino rimane senza l’accordo nuovo e senza quelli vecchi.
Un vero vuoto normativo: la peggiore delle casistiche.
Il default dell’accordo: nessuna protezione, nessun quadro giuridico, nessuna credibilità internazionale.
SAN MARINO ANDREBBE IN DEFAULT TECNICO NON ESSENDO PIU’ COPERTA DAGLI ACCORDI CON L’ITALIA/UE
In tutto questo, continuare a imbastire serate celebrative, grafici e storytelling, è un errore politico grave. Il Paese non ha bisogno di un’altra sceneggiata istituzionale: ha bisogno della verità.
E la verità è semplice:
L’accordo è molto più vicino al collasso che all’entrata in vigore.
La competenza mista apre un percorso lungo, fragile e revocabile.
Andorra è un elemento di instabilità enorme.
La Francia ha cambiato la partita, e non in nostro favore.
Se l’UE ci dice di no, perdiamo tutto: accordo nuovo, accordi vecchi (se facciamo la RATIFICA) e credibilità.
E persino Costa ha fatto capire che il dossier ha rischiato il fallimento.
Il Kursaal può applaudire.
Bruxelles no.
E la distanza tra le due cose è oggi il vero problema politico del Paese.
Non vorrei davvero essere nei panni del mio amico, il Segretario di Stato agli Esteri Luca Beccari. Se questo accordo dovesse fallire – e oggi tutti gli indicatori ci dicono che lo scenario è più che plausibile – le conseguenze politiche sarebbero immediate: dimissioni, apertura di una verifica di governo, forse anche qualcosa di più. È inevitabile. L’Accordo di Associazione è stato presentato come la bandiera della legislatura, e un fallimento su un dossier di questa portata travolgerebbe qualunque responsabile diretto.
Mi spiace dirlo, non per l’accordo in sé – i problemi tecnici e politici li conosciamo – ma per la persona. Con Beccari ho un rapporto di amicizia, lo ritengo una persona perbene. Ma su questo dossier le nostre visioni sono agli antipodi: io considero questo accordo deleterio per la Repubblica e per i sammarinesi, un percorso che espone il Paese a rischi enormi, squilibri permanenti e un’incertezza che non possiamo permetterci.
E proprio perché c’è un rapporto personale, mi dispiace ancora di più vedere come il racconto interno cerchi di coprire un quadro che, all’esterno, a Bruxelles come ad Andorra, è tutto fuorché positivo. Quando la realtà esplode, non guarda in faccia nessuno: né i governi, né le amicizie, né le intenzioni migliori.
E oggi la realtà, purtroppo, sta bussando forte.
Marco Severini – direttore GiornaleSM












