San Marino. L’Accordo di Associazione con l’UE, l’abbandono della neutralità ed il rischio di una guerra non nostra … di Marco Severini, direttore GiornaleSM

Nel cuore dell’Europa, mentre l’orizzonte geopolitico si fa sempre più cupo, la Repubblica di San Marino si prepara a sottoscrivere l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea. È un passaggio presentato come meramente “tecnico”, funzionale a garantire un miglior accesso al mercato unico, una maggiore armonizzazione normativa, un avvicinamento operativo agli standard europei. Ma dietro quella che appare una svolta economico-amministrativa si cela, invece, una scelta politica profonda, irreversibile e dalle conseguenze imprevedibili. Una svolta che rischia di trascinare San Marino fuori dal suo alveo storico di neutralità, dialogo e sovranità diplomatica, e di renderla parte di una dinamica bellica sempre più esplicita.

San Marino non ha mai partecipato a guerre negli ultimi secoli. Anzi, ha fondato il proprio prestigio internazionale su un’identità netta e silenziosa: la neutralità. Una neutralità sobria, pragmatica, rispettata. Grazie a questa postura, la Repubblica è riuscita a mantenere relazioni diplomatiche con blocchi contrapposti, anche nei momenti più tesi della Guerra Fredda o durante le crisi del Medio Oriente. Dalla Palestina a Israele, da Washington a Mosca, da Pechino a Taipei: San Marino ha parlato con tutti, senza mai salire su barricate ideologiche. Una neutralità vissuta come valore fondante, non come posizione di comodo.

Ma oggi, questa neutralità rischia di essere cancellata con una firma.

Dal 2023, il Titano ha cominciato ad allinearsi alle sanzioni europee contro la Federazione Russa, recependo misure drastiche come il divieto di volo, il congelamento di beni, il blocco delle attività economiche e finanziarie. Si è trattato di un atto di rottura rispetto alla nostra storia diplomatica. Eppure, fino a oggi, si poteva ancora parlare di scelta politica, seppur criticabile.

Domani, con l’Accordo di Associazione, non ci sarà più spazio per scegliere. L’allineamento diventerà automatico. Obbligatorio. Sistemico.

San Marino, pur restando formalmente fuori dall’Unione, sarà tenuta a recepire l’intero impianto normativo e politico europeo, comprese le decisioni in materia di politica estera e sanzionatoria. E non solo nei confronti della Russia. Anche nei rapporti con la Cina, l’Iran, la Siria, o altri Paesi oggetto di misure restrittive da parte di Bruxelles.

Ciò significa che, da Stato libero, autonomo e sovrano, ci ritroveremo vincolati a un blocco geopolitico di cui non facciamo parte, senza avere voce in capitolo, senza diritto di veto, senza protezioni militari o garanzie di sicurezza.

Il contesto è tutt’altro che rassicurante. L’Europa ha imboccato una corsa al riarmo che non si vedeva da decenni. I bilanci della difesa sono in crescita esponenziale. I vertici politici parlano apertamente della necessità di un “esercito europeo” e non escludono, anzi paventano, la possibilità concreta di uno scontro diretto con la Russia. In questo scenario infuocato, San Marino rischia di assumere un ruolo simbolico ma pericoloso: non come attore militare, certo, ma come soggetto politico che legittima con la propria adesione un disegno strategico bellicista. Senza armi, senza alleanze militari formali (non siamo nella NATO), senza possibilità di difesa.

A fronte di tutto questo, non possiamo non richiamare alla memoria ciò che è accaduto appena pochi anni fa. Durante la pandemia, quando l’Unione Europea stentava a fornire vaccini ai piccoli Stati, e i ritardi nelle forniture mettevano a rischio vite umane, fu la Federazione Russa a intervenire. Fu la Russia, con il vaccino Sputnik V, a offrire concretamente una via d’uscita alla nostra popolazione. San Marino, grazie a quell’accordo bilaterale, riuscì a immunizzare la propria cittadinanza prima di molti Paesi membri dell’Unione. Quella scelta fu pragmatica, certo, ma anche simbolica. Fu un atto di fiducia reciproca. E oggi, a distanza di pochi anni, rispondiamo a quell’aiuto con sanzioni e isolamento, in nome di un allineamento che ci viene imposto. Senza dibattito, senza memoria, senza coerenza diplomatica.

San Marino non era obbligata a questo. Altri Stati europei, ben più esposti, hanno fatto scelte diverse per non parlare poi degli stati di tutto il mondo. L’Austria, ad esempio, continua a intrattenere rapporti energetici importantissimi con Mosca. L’Ungheria si è opposta sistematicamente a ogni sanzione che minacciasse la propria sicurezza nazionale. La Slovacchia ha espresso forti riserve sull’efficacia e sulle conseguenze delle misure punitive. La Serbia si è dichiarata apertamente neutrale. La Turchia, pur essendo membro NATO, si è sempre rifiutata di applicare sanzioni alla Russia. Tutti questi Paesi sono rimasti in Occidente, senza diventare satelliti, cosa che rischiamo di diventare noi mandando al macero secoli di storia!

San Marino poteva – e doveva – seguire una strada simile, mantenendo dignità, coerenza e flessibilità diplomatica. Invece ha scelto, o meglio ha subito, l’adattamento passivo.

Anche il rapporto con la Cina, costruito con attenzione sin dagli anni ’70, è oggi a rischio. San Marino è stato uno dei primi Stati occidentali a riconoscere ufficialmente la Repubblica Popolare Cinese, e da allora ha coltivato con Pechino un dialogo costante, privo di tensioni ideologiche, spesso proficuo anche dal punto di vista economico. Non ci sono visti tra i due Paesi, non ci sono attriti.

Eppure, con l’Accordo di Associazione, San Marino dovrà adeguarsi anche alle restrizioni europee in materia tecnologica, industriale e finanziaria nei confronti della Cina. Un rapporto di lungo corso rischia di essere sacrificato per conformarsi a un sistema che non abbiamo disegnato e che, spesso, ci ignora oltre ad essere vicino al collasso.

La domanda, a questo punto, non è tecnica, ma politica. Siamo davvero disposti a rinunciare alla nostra libertà di manovra? Alla nostra neutralità? Alla nostra storia? Vogliamo davvero barattare secoli di indipendenza con un’integrazione che ci trasforma in spettatori silenziosi e obbedienti?

San Marino ha sempre scelto con lucidità da che parte stare. Ha sempre scelto la pace, il dialogo, la libertà. L’Accordo con l’UE, pur con i suoi potenziali benefici operativi, non può e non deve compromettere questa identità. Non possiamo permettere che la nostra storia si dissolva nell’automatismo di una burocrazia sovranazionale. Non possiamo accettare che la nostra indipendenza venga svenduta per una promessa di efficienza.

In un mondo che corre verso lo scontro, restare neutrali è diventato un atto coraggioso: lo dobbiamo ai nostri avi e ai nostri figli.

Ed è proprio per questo che oggi più che mai dobbiamo difendere la nostra posizione.

San Marino non deve essere parte della guerra, San Marino deve restare parte della soluzione.

Marco Severini – direttore GiornaleSM