Rubrica internazionale a cura di David Oddone, giornalista referente Onu per San Marino
Durante lo scorso anno, essere un peacekeeper ONU sul terreno ha significato dover adottare nuovi livelli di flessibilita’ e resilienza a fronte di sfide in continua evoluzione. Un lavoro gia’ duro di per se’ e’ diventato ancora piu’ arduo.
Mentre questa pandemia globale semina il caos, decine di migliaia di donne e uomini dispiegati nelle 12 missioni di pace ONU nel mondo si sono adattati alla nuova realta’, prendendo ogni precauzione per essere al sicuro e impedire il contagio durante lo svolgimento delle proprie attivita’ a sostegno delle risposte nazionali e locali alle questioni di pace e sicurezza e alla tutela della vita. Malgrado l’inedita sfida del Covid-19, il lavoro di mantenimento della pace da parte delle Nazioni Unite continua.
Nel contesto delle nostre varie missioni, siamo stati testimoni di una notevole cooperazione tra peacekeeper — militari, polizia e personale civile — e le comunita’ locali, in particolar modo i giovani.
In molti dei paesi ospitanti, i giovani si stanno unendo come una forza positiva per rispondere alle sfide emergenti.
La celebrazione della Giornata mondiale dei peacekeeper del 29 maggio si incentra quest’anno sul potere dei giovani. L’imperativo e’ chiaro: se vogliamo che i giovani siano attivamente coinvolti nel processo di costruzione di pace, occorre considerarne i bisogni, incoraggiarne la partecipazione, amplificarne la voce, promuoverne l’impegno.
Il peacekeeping ONU riconosce da tempo il valore della collaborazione con i giovani come elemento essenziale nella demografia nei Paesi che ospitano le missioni. Nelle aree di conflitto, i giovani hanno una conoscenza preziosa delle proprie comunita’ e sono spesso agenti di cambiamento.
I nostri peacekeeper dovunque nel mondo aiutano i giovani ad acquisire conoscenze e strumenti che permettano loro di prendere parte ai processi decisionali attraverso formazione e altre forme di supporto e sensibilizzando le autorita’ sull’importanza di coinvolgere i giovani in maniera significativa e complessiva.
A Cipro, ad esempio, sosteniamo la cooperazione intercomunitaria tra giovani e diamo loro gli strumenti per dare attuazione alle loro campagne ambiental.
In Repubblica Centrafricana e in Mali, le nostre missioni hanno creato meccanismi che consentono ai giovani di contribuire allo sviluppo di strategie di sicurezza. Abbiamo concentrato i nostri sforzi sull’intensa interazione con i loro rappresentanti per accrescere il flusso elettorale in recenti elezioni nei due Paesi.
In Sud Sudan, l’inclusione di gruppi giovanili nei processi di pace ha permesso di rafforzare i rapporti tra attori locali e nazionali. La missione ONU nel Paese, UNMISS, lavora strettamente con il governo e altri partner per facilitare l’azione di gruppi sulla pace che offrano ai giovani opportunita’ di prendere parte attiva ai processi politici e di pace.
Nel mezzo di un conflitto continuo nell’est della Repubblica Democratica del Congo, la missione ONU, MONUSCO, lavora con i giovani esposti al rischio di reclutamento da parte di gruppi armati, offrendo loro alternative praticabili e sostenibili alla violenza.
Al tempo stesso, i peacekeeper sono alle prese con campagne di disinformazione suscettibili di manipolazioni politiche, che cercano di sfruttare la gioventu’ in modo infame e a spese di quanti hanno investito nella costruzione di un futuro migliore. Questo puo’ non necessariamente rappresentare il tradizionale lavoro di una missione di pace, ma abbiamo scoperto che si tratta di un investimento che si ripaga da se’ moltiplicando il proprio effetto virtuoso.
Tale progresso semplicemente non potrebbe essere ottenuto senza la maggioranza della nostra straordinaria forza lavoro: i giovani peacekeeper ONU, che iniettano energia e entusiasmo nel loro lavoro; innovano, elevando il livello qualitativo della performance; servono come modelli di riferimento per altri giovani. In effetti, la promozione della partecipazione dei giovani al tempo stesso come elemento centrale del peacekeeping e nelle societa’ nelle quali prestano servizio, rappresenta un elemento chiave del nostro approccio complessivo.
Molte sono le ragioni che ispirano l’azione al servizio della bandiera blu dell’ONU dei nostri giovani peacekeeper, che sono reclutati, in quanto personale civile, nel sito sulle carriere ONU o, come personale in uniforme, provengono dalle rispettive forze armate o di polizia nazionali. Alcuni cercano nuove esperienze professionali e di vita, mentre altri sono motivati dal potenziale che intravedono nell’ONU per la promozione di pace e sicurezza.
Il peacekeeping delle Nazioni Unite e’ costituito da questi valorosi giovani. Persone come Nanah Kamara, della Sierra Leone — Paese che un tempo ha ospitato una delle maggiori missioni di pace – che presta servizio in Sud Sudan nella Polizia ONU e contribuisce al potenziamento dello stato di diritto addestrando agenti di polizia locali. O il 28enne Eric Manzi, ufficiale ruandese delle truppe meccanizzate, che si occupa della manutenzione dei veicoli blindati in Repubblica Centrafricana per consentire ai peacekeeper di condurre in sicurezza operazioni di protezione delle pattuglie civili. Entrambi testimoni di conflitti orribili nei propri Paesi, hanno deciso di incentrare le proprie carriere nel supporto ad altre nazioni sul lungo e talvolta arduo cammino verso la pace.
Il nostro giovane personale civile, compresi i Volontari delle Nazioni, presta il proprio contyributo in diverse aree, giocando un ruolo chiave nell’integrazione della Youth, Peace and Security agenda nell’attivita’ delle operazioni di pace.
Kamara, Manzi e decine di migliaia di altri peacekeeper – giovani e meno giovani – lavorano instancabilmente in alcuni tra i luoghi piu’ ostici al mondo per costruire una pace migliore e piu’ durevole. Essi meritano il nostro apprezzamento e il nostro fermo sostegno. E’ il minimo che possiamo fare.
Jean-Pierre Lacroix, Capo del Dipartimento per le Operazioni di Pace ONU
IN ESCLUSIVA PER SAN MARINO