Dopo la pandemia, la guerra in Ucraina. Dopo la guerra in Ucraina, la carestia. Il mondo sta scivolando rapidamente verso la nuova crisi, potenzialmente forse la peggiore perché con risvolti globali ma diseguali, in grado di creare attriti e tensioni su larga scala. Ed è facile immaginare conseguenze imprevedibili dal punto di vista economico, sociale, politico e geopolitico. Gli avvertimenti delle organizzazioni internazionali sul rischio della crisi alimentare si susseguono. Anzi, più che un rischio si tratta di una certezza. La crisi alimentare esiste già.
Secondo il Programma alimentare mondiale dell’ONU (WFP), negli ultimi cinque anni il numero di persone con insufficiente accesso al cibo è passato da 108 a 193 milioni. Gran parte di questa “insicurezza alimentare acuta” è quasi raddoppiata a causa della pandemia, che ha ridotto i redditi, ha interrotto il lavoro agricolo e le catene di approvvigionamento. Man mano che gli effetti della pandemia si esaurivano è arrivato l’aumento dei prezzi dell’energia e dei trasporti. La situazione è stata peggiorata dall’influenza suina in Cina e da una serie di cattivi raccolti nei Paesi esportatori.
In queste ultime settimane ci siamo resi conto che il blocco delle esportazioni di grano e fertilizzanti, finora arrivati da Russia, Bielorussia e Ucraina, sta diventando un fenomeno peggiore dello scoppio della bomba atomica.
Gli esperti mettono in evidenza come la carenza di questi prodotti essenziali verrà a portare un forte calo delle produzioni agricole di cui sentiremo l’effetto solo a distanza di mesi. La previsione è che tra la seconda metà del 2022 e il 2023 ci sarà una carestia mondiale di cui non ci rendiamo ancora conto solo perché stiamo consumando ancora le riserve del 2021.
La guerra ha un altro effetto collaterale impensato, ma prevedibile. “Mariupol a rischio colera” titolavano i giornali di questi ultimi giorni. Settimane di occupazione e di battaglie strada per strada hanno lasciato i segni sulla città di Mariupol: cadaveri in decomposizione, cumuli di rifiuti, l’aria avvelenata e le acque contaminate, anche dal batterio del colera, persone costrette a lunghe code per ricevere la razione quotidiana di acqua e di cibo. Un rischio circoscritto? È difficile dirlo, ma se pensiamo che le epidemie di colera viaggiavano per tutta Europa quando per andare da Roma a Parigi ci volevano due/tre settimane, ora che ci vogliono due ore e le masse in spostamento sono molto più numerose, le possibilità crescono in maniera esponenziale.
Poi c’è il Covid: diventa endemia. Anzi, no: resta pandemia. Chi avrà ragione tra gli esperti? Il dibattito è già partito e si è subito trasformato in un derby tra «pandemisti» ed «endemisti». Il tema non investe solo medici, virologi ed epidemiologi ma anche i Paesi (come Inghilterra e Spagna che già guardano all’endemia e altri, inclusa l’Italia, che sono molto più cauti). È già partita, anche se non ovunque, la spinta per fare qualche passo avanti verso la fase dell’endemia, attraverso la gestione del virus con i vaccini. Purtroppo, la grande mobilità estiva e il possibile contatto con larghe fette di popolazioni non vaccinate, espone al rischio di contagio soprattutto a causa delle varianti, sempre più numerose e contagiose, quantunque meno aggressive.
Se mettiamo tutti insieme gli effetti collaterali dettati dal conflitto, che stanno portando a un’inflazione senza precedenti e con conseguenze potenzialmente drammatiche; la carestia di granaglie che si aggiunge alla carestia di acqua potabile soprattutto nei paesi africani; i rischi di pandemia non solo da Covid, ma anche da altri virus e batteri potenzialmente mortali, le conseguenze sono intuibili. Proteste e tensioni sociali, con immensi rischi dal lato politico. Già in diversi paesi africani e non solo sono andate in scene rivolte per l’inflazione, ma anche in Medio Oriente e in America latina. Instabilità alimentare significa instabilità sociale, ma anche instabilità politica e geopolitica, con possibile esacerbamento di tensioni tra cittadini e governi, e tra governi di diversi paesi, senza contare prevedibili ondate migratorie ben superiori a quelle che abbiamo visto finora.
Dopo il virus e le armi, rischia di arrivare una nuova drammatica minaccia. E non basteranno i vaccini o i missili per risolverla. Dovremo fare appello alla solidarietà, al senso civico e a tutte quelle energie nascoste di cui gli uomini si sono sempre dimostrati capaci nei momenti più bui della storia.
a/f