San Marino. L’altro virus, informazione e disinformazione al tempo del Covid … di Alberto Forcellini

Sarà tutto vero? Sarà tutto falso? Ci possiamo fidare di quello che ci raccontano nelle conferenze stampa dell’ISS? Possiamo credere a quanti in Consiglio, soprattutto dai banchi dell’opposizione, sparano a zero sulla gestione dell’emergenza e riempiono di post i loro profili Facebook? Poi ci sono i comitati di protesta, le associazioni di genitori, i gruppi no mask, i negazionisti, che non mancano occasione di mandare messaggi su tutti i mezzi.

È proprio su media, social media e piattaforme digitali di messaggistica istantanea come Whatsapp, Messenger e anche Telegram che prolifera un’eccessiva quantità di notizie, molte delle quali infondate. Spesso queste notizie provengono da profili (su Facebook, Twitter, eccetera) costruiti appositamente per diffondere false notizie, prevalentemente a scopi denigratori ma non solo. Questi contenuti fuorvianti, cioè informazioni travisate od oggetto di un framing tendenzioso, hanno l’obiettivo di mettere in cattiva luce qualcuno o qualcosa e fanno leva sostanzialmente sull’analfabetismo funzionale e sulla diffusa incapacità di crearsi un’opinione propria. A San Marino, ma è un comportamento diffuso ovunque, ci sono dei veri e propri maestri delle fake. Il fenomeno è talmente vasto è diffuso che è stato creato un termine apposito: infodemia, ossia propagazione di un numero incontrollato di fake news. Che è a tutti gli effetti è: l’altro virus. Capace solo di alimentare un allarme sociale ingiustificato.

Di fronte a questo caos, possiamo fidarci della comunicazione istituzionale? In quanto fonte ufficiale, sì. Perché viene fornita da soggetti che ogni giorno si misurano in prima persona sul fronte dell’emergenza sanitaria, perché hanno sotto mano tutti i dati in tempo reale, perché sanno che solo un contatto corretto e trasparente con i cittadini può generare una risposta positiva nelle azioni di contrasto al contagio.

Lo ha detto chiaramente ieri, in conferenza stampa, la dottoressa Stefania Stefanelli, responsabile della comunicazione ISS, mettendo tutti in guardia contro quell’eccesso di informazioni che genera minimizzazioni, o degenerazioni. Il che equivale a: disinformazione!

Questo succede ogni volta che vengono forniti dati giornalieri, che vengono falsati dagli isterismi e dal fatto che si preferisce sproloquiare invece che ascoltare e capire. Come ieri quando i numeri della Terapia Intensiva sono stati definiti da “bollino rosso”. Si è scatenata l’ira di Dio. Ma allora non è vero che abbiamo 20 letti. Ci stanno nascondendo le informazioni. Non dicono il nome dei deceduti perché non è vero niente. Quello l’hanno ricoverato perché aveva ben altro. Io ho un malato in casa, non vengono mai. Adesso chiamo la tivù.

Insomma, una valanga di fango. E fortuna che siamo solo 33 mila…

Se invece di accapigliarsi sui post, le persone stessero ad ascoltare, capirebbero molto meglio, anche una situazione in cui le cose possono cambiare da un’ora a quell’altra. Il direttore sociosanitario Sergio Rabini ha lanciato alcuni concetti molto chiari. Nessuno è mai stato lasciato fuori dalla prestazione dei servizi sanitari, anche i malati no-Covid. Abbiamo riorganizzato il campo d’azione, proprio per dare una risposta a tutti. Se le criticità dovessero aumentare, dovremo limitare le prestazioni ordinarie e orientarci su quelle urgenti. Abbiamo uno staff territoriale che sta facendo un lavoro egregio e funziona molto bene.  Può esserci stato qualche disguido, ma niente di più.

Onesto e chiarissimo. Un ospedale che era stato sfasciato, è diventato in pochissimo un gioiellino di organizzazione: bisognerebbe darne atto a chi ogni giorno si trova in trincea proprio in nome di una sanità universalistica, che garantisce tutto a tutti e in maniera gratuita.

Adesso c’è il problema del focolaio al Casale la Fiorina: 7 anziani contagiati e ricoverati in ospedale. Per fortuna stanno tutti bene e non hanno neanche più la febbre. Questo è stato detto in conferenza stampa. Ma come hanno fatto a contagiarsi? In attesa della conclusione delle indagini epidemiologiche, la direttrice Cinzia Cesarini ha illustrato le procedure adottate da marzo in poi. Divieto d’accesso ai parenti fino a fine giugno. Poi, visite consentite a un solo familiare una volta alla settimana. Nel frattempo, tutti gli operatori hanno seguito corsi di formazione e aggiornamento sull’uso dei dispositivi di protezione All’inizio della seconda fase, le visite esterne sono state dilazionate ulteriormente, un familiare ogni 15 giorni. Quando sono arrivate le prime forme influenzali, gli anziani ospiti che ne erano affetti sono stati sottoposti a tampone. E qui è stato rilevato il primo contagio. Subito è stato fatto lo screening a tappeto a tutti, ospiti e dipendenti, con l’emersione di 7 positivi in pochi giorni.

Se le procedure sono così stringenti, da dove è arrivato il virus? La direttrice rivela che la struttura conta 116 posti letto e un centinaio di persone tra dipendenti e fornitori esterni di servizi vari. Dentro la struttura, le misure anti contagio sono osservate in maniera molto rigorosa, proprio perché in presenza di soggetti fragili e particolarmente a rischio. Ma fuori, tutti questi soggetti sono altrettanto scrupolosi? Basterebbe solo questo interrogativo a far riflettere sui comportamenti che la gente tiene in casa, sul lavoro, nei luoghi pubblici, in occasioni di sport o di relax. Un minimo di disattenzione e poi c’è qualcuno che si ammala sul serio. Ecco dove finisce la responsabilità pubblica e dove comincia la responsabilità di ognuno di noi. Riempire i social di messaggi fuorvianti, isterici, negazionisti, strumentali, non serve a scaricarsi la coscienza.

a/f