San Marino. L’America e la vittoria dei ricchi. Ma è tutto oro quello che splende? … di Angela Venturini

Nelle mille analisi del dopo voto americano, ne manca una, molto empirica e per niente scientifica, ma assolutamente reale. Ovvero, perché ha vinto Trump dopo che i media più importanti l’hanno bollato come sessista e arrogante, hanno evidenziato le sue vicende penali (ancora non risolte) e le sue connessioni con la mafia, hanno criticato la sua aggressività verbale, hanno espresso paure per la sua forte allergia ai diritti civili, dall’aborto agli emigrati? 

È più o meno lo stesso fenomeno che ha investito la Meloni dopo che ha vinto le politiche ed è diventata Presidente del Consiglio dei Ministri. Da quel momento è cominciato un processo mediatico antifascista, come non si era mai visto prima, quasi che lei fosse l’erede diretta di Mussolini. Ma alle successive elezioni, le ha vinte tutte, dalle Regionali alle Europee, sempre con aumento di voti e di consensi. A San Marino potremmo fare l’esempio di Bevere, attaccato quotidianamente dalla stampa e dalla politica, non per le sue qualità professionali, che sono molto al di sopra di ogni paragone nostrano, ma forse solo perché è italiano e non risponde a qualche partito locale. Anche lui è sempre lì, ai vertici ISS, più forte e più saldo che mai. 

Ci sono anche altri esempi emblematici, ma torniamo in America. Se uno vince, vuol dire che il suo antagonista ha sbagliato qualcosa. E i democratici, di errori, ne hanno fatti una caterva, cominciando proprio dal Presidente Biden, assolutamente inefficace sullo scacchiere geopolitico mondiale (vedi Palestina e Ucraina), incapace di governare l’inflazione e la perdita di posti lavoro, ormai al capolinea fisico ma senza voler mollare l’incarico. Praticamente costretto a farlo l’estate scorsa, ha lasciato alla Harris solo tre mesi di campagna elettorale. Trump ha avuto quattro anni. Lo scotto pagato da una donna di colore, con un curriculum assolutamente prestigioso, porta bandiere dei diritti delle donne e delle fasce più fragili, ma evidentemente meno sensibile alle questioni economiche, è stato molto alto. E così i democratici hanno bruciato anche lei, dopo Hilary Clinton. Ma forse è anche vero che l’America non è ancora pronta per un Presidente donna. 

Trump non è un uomo di cultura ma di economia, non a caso è soprannominato “tycoon” (magnate). Usa un linguaggio semplice, emozionale, che arriva dritto alla pancia della gente. E quando dice, riferendosi al recente attentato: “Dio mi ha salvato perché devo salvare l’America” gli americani lo esaltano. A noi invece, che non abbiamo dimenticato il motto del Terzo Reich “Gott mit uns” (Dio è con noi), parallelo a quello dei Crociati che hanno ucciso senza pietà migliaia di donne e bambini gridando “Dio lo vuole”, francamente fa un po’ paura.

Ma è furbo e sa quello che vuole, quindi chiama al suo fianco Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo con all’attivo 262,8 miliardi di dollari. Il quale ne mette 11 nella campagna elettorale, un investimento senza precedenti, che in parte recupera già il giorno dopo le elezioni con i suoi titoli in Borsa schizzati alle stelle. Quasi, quasi sembra lui il vincitore. Ma sicuramente vorrà anche altro e sarà a fianco del Presidente quando promuoverà il programma di sviluppo intitolato MAGA: Make America Great Again (rendi di nuovo grande l’America). È il “grande sogno americano” che si era annebbiato durante l’era Biden e che ora torna a riscaldare i cuori, ovviamente solo dei bianchi perché gli immigrati saranno mandati indietro, e sicuramente senza nessuna attenzione all’ambiente, perché prima di tutto ci sono i soldi. 

L’altro punto forte di Trump è la politica estera. L’aveva già dimostrato durante il suo primo mandato e ora promette di risolvere in un giorno i due conflitti più problematici: in Ucraina e in Medio Oriente. Putin aspetta un paio di giorni prima di commentare l’elezione, poi si dice pronto a parlare. Ma il problema forse è un altro e sta dentro i rapporti di forza: America first, Russia first, Cina first, Europa last. Cioè, in mezzo a tre grandi potenze, l’Europa fa la figura della cugina povera, con scarso potere contrattuale e con le mille conseguenze derivanti dalla crisi tedesca. Sono due anni che la Germania (la grande Germania) è in recessione, si prospettano tempi bui un po’ per tutti. Senza contare la crisi del settore auto, che sta prendendo sia la Cina, sia l’America e forse non basterà la Tesla a risollevare le sorti mondiali di questo comparto. 

Infine, va detto che Trump è al suo secondo mandato presidenziale, pur con la parentesi di Biden, quindi non potrà ricandidarsi un’altra volta. Sarà un bene o sarà un male? Chissà… Di certo lavorerà perché al suo posto vada un delfino degno di lui e se i democratici non si svegliano, rimarranno al palo ancora una volta. 

Angela Venturini