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  • San Marino. L’arma della seduzione suprema

    Schermata 2016-05-27 alle 11.23.26Viene da chiedersi, visto il proliferare di programmi televisivi completamente votati al racconto degli amori criminali, se non avesse ragione Lord Enrico nel sostenere  – nella cornice del ritratto di Dorian Gray – che “c’è qualcosa di tremendamente morboso nella simpatia che oggi si ha per il dolore; bisognerebbe amare il colore, la bellezza, la gioia di vivere: ma dei dolori della vita, meno se ne parla e meglio è”.
    Non può far bene prediligere il racconto della morte a quello della vita, perché piuttosto non guardare un documentario? O leggere un libro? Tutti o quasi tutti ad esempio sanno che nell’Odissea è descritto il viaggio di ritorno del grande Ulisse che impiegò 10 lunghi anni prima di tornare a Itaca. In pochi però si son presi la briga di leggere dall’inizio alla fine quel grande libro che è l’Odissea. Così la figura di Penelope ci appare quasi pietosa perché in lei riconosciamo la donna che consuma la propria giovinezza ad aspettare Ulisse il quale prima di tornare a casa tradisce ripetutamente la moglie con le donne più belle del mondo.
    E ci convinciamo che da sempre la donna sia stata condannata ad essere in qualche modo sopraffatta dall’uomo come raccontano appunto gli amori criminali. Leggendo l’Odissea si scopre però che non è affatto così, che ci sono state donne, sin dalla notte dei tempi, che hanno saputo tener testa ai propri uomini, una di queste era senz’altro Penelope. Ella, figlia di Icario e nipote di Tindaro, era la cugina della donna più bella del mondo, Elena.
    E tuttavia non soffriva di alcun complesso di inferiorità: conobbe Ulisse mentre si stava recando a domandare la mano di Elena ma quando egli la vide capì immediatamente che era lei che voleva sposare.
    Penelope conquistò Ulisse con l’arma della seduzione suprema, quella di testa, di mente, cui il grande eroe non sapeva resistere. Poi restò lontano da lei per vent’anni e viene il dubbio, leggendo e rileggendo l’Odissea, che proprio questo starle lontano amava Penelope di Ulisse. Non disse Gibran: le colonne del tempio si ergono lontane?
    C’era in Penelope un desiderio di libertà e autonomia che riuscì ad appagare proprio sfruttando i pregiudizi degli uomini nei confronti delle donne. Con i Proci si finse fragile e spaurita, preoccupata di salvare le apparenze. Non poteva sposarsi prima di aver terminato il telo funebre per l’ex suocero.
    Era scaltra Penelope, almeno quanto il suo Ulisse che in lei adorava sì la fedeltà ma soprattutto il fatto che fosse la sua anima gemella, una compagna, una complice.
    Non la grande donna che si nasconde dietro ogni grande uomo ma una donna imperiosa e fiera che non resta indietro, che cammina al fianco del suo uomo.

    La Tribuna