C’è un punto dell’accordo di associazione con l’Unione Europea che viene sistematicamente edulcorato, minimizzato, quasi nascosto dietro parole tecniche e rassicurazioni burocratiche. È il punto più pericoloso di tutti. Ed è questo: la ratifica unilaterale con applicazione provvisoria.
Tradotto in italiano corrente: San Marino potrebbe iniziare ad applicare l’accordo quando l’Unione Europea – e soprattutto i suoi 27 Stati membri – non sono ancora giuridicamente vincolati allo stesso modo.
Questa non è integrazione. È asimmetria. Ed è una pessima idea per un micro-Stato.
Il meccanismo è semplice, ma devastante negli effetti. San Marino ratifica l’accordo e comunica a Bruxelles la volontà di applicarlo in via provvisoria. Da quel momento noi iniziamo ad adeguarci, a cambiare leggi, procedure, regole, vincoli. Lo facciamo “per essere pronti”, ci dicono. Lo facciamo “per non perdere il treno”, ci ripetono. Peccato che quel treno non sia ancora partito dall’altra parte.
Perché mentre San Marino si auto-vincola, i 27 Stati membri non hanno ancora ratificato nulla. I loro parlamenti non hanno votato. Alcuni lo faranno in fretta, altri lentamente, altri forse mai. Nel frattempo, però, noi abbiamo già acceso il motore e tirato il freno a mano.
Qui nasce l’asimmetria vera, quella che Beccari evita di dire con chiarezza.
San Marino si limita da solo.
L’Unione Europea no.
Gli Stati membri no.
E cosa succede agli accordi bilaterali che oggi abbiamo, soprattutto con l’Italia, in questa fase sospesa? Succede una cosa precisa e prevedibile: diventano subordinati al futuro quadro UE, anche se quel quadro non è ancora completo, definitivo, ratificato.
Non servono revoche formali. Non servono comunicati. Basta una frase, sempre la stessa:
“Adesso c’è l’accordo UE, aspettiamo quello.”
Aspettiamo cosa? Aspettiamo che 27 parlamenti si esprimano, che passino anni, che qualche governo cada, che qualche Stato ponga condizioni. Nel frattempo, però, San Marino non può più negoziare come prima, perché ogni accordo bilaterale rischia di essere considerato “incompatibile” o “provvisorio” rispetto all’accordo di associazione.
È qui che perdi potere.
È qui che perdi flessibilità.
È qui che perdi leva politica.
E il punto più grave è questo: se l’accordo UE non dovesse mai entrare pienamente in vigore per tutti, San Marino resterebbe comunque vincolata da una applicazione provvisoria che, come insegna la storia del diritto internazionale, può durare decenni. Provvisorio non significa temporaneo. Significa instabile ma vincolante.
Questo non è un rischio teorico. È già successo. È successo con altri accordi internazionali, ed è perfettamente compatibile con il diritto dei trattati.
Il risultato? Uno Stato piccolo che si comporta da membro, senza esserlo davvero. Senza potere decisionale. Senza diritto di veto. Senza parità.
E allora diciamolo senza giri di parole: ratificare da soli e applicare provvisoriamente non è coraggio politico, è debolezza strategica. È la scelta di chi ha fretta di “portare a casa qualcosa”, anche a costo di mettere il Paese in una posizione strutturalmente peggiore.
Questa non è Europa sì o Europa no. Questa è una questione di interesse nazionale. Un micro-Stato serio non si auto-vincola prima degli altri.
Non sacrifica accordi bilaterali funzionanti sull’altare di un futuro incerto.
Non confonde la velocità con la lucidità.
E soprattutto non chiama “opportunità” ciò che, nei fatti, rischia di diventare una lunga, pericolosa e irreversibile asimmetria.
Grazie Segretario Beccari!
Marco Severini – direttore GiornaleSM












