Che cosa è la “Democrazia Diretta”? E’ una articolazione del sistema democratico prevista all’ art. 2 della Carta dei Diritti della Repubblica di San Marino. Infatti, nella medesima, è sancito che la sovranità risiede nel popolo, il quale la esercita in diversi modi: rappresentativo e diretto.
La democrazia rappresentativa viene esercitata con le Elezioni Politiche Generali e la nomina del Consiglio Grande e Generale (organo legislativo); per l’esercizio della democrazia diretta sono previste nel nostro Ordinamento diverse regolamentazioni: Istanza d’Arengo, Iniziativa Legislativa Popolare e Referendum.
Di certo l’esercizio del Referendum è la forma più potente ed efficace, perché chiama l’intero elettorato ad esprimersi su di un argomento specifico di interesse generale primario.
Anche recentemente l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha riconosciuto a San Marino la “vasta gamma di meccanismi di consultazione istituzionale e strumenti di democrazia diretta”. Ma, al tempo stesso, ha però invitato “a garantire, e se necessario, a rafforzare, l’efficacia dei diversi meccanismi di consultazione e strumenti di democrazia diretti”. Insomma la raccomandazione tende a far si che le istituzioni democratiche non siano molteplici solo sulla carta, ma troppo vulnerabili nella pratica.
E in effetti è proprio così, gli strumenti ci sono ma la loro efficacia, sia sul piano della burocrazia che della effettiva incisività, lasciano piuttosto a desiderare. Lasciamo a parte le Istanze d’Arengo che spesso vengono aggirate con ordini del giorno, oppure, ancorchè approvate cadono nel dimenticatoio e le leggi di iniziativa popolare il cui esame viene liquidato nel modo più indolore all’ultimo minuto utile e alle volte fuori tempo massimo.
Soffermiamoci sul Referendum, lo strumento principe della democrazia diretta. Per potervi accedere occorre raccogliere molte firme di cittadini effettuate di fronte ad un notaio, non sempre facile da reperire; il quesito deve passare il vaglio di legittimità da parte del Collegio Garante e gli aspetti burocratici si sprecano. Insomma, una vera e propria corsa ad ostacoli.
Ma addirittura anche una volta approvato, spesso l’esito referendario, attraverso leggi ad hoc viene edulcorato rispetto alle finalità per cui è stato promosso. Quindi l’eccezione sollevata dal Consiglio d’Europa è sicuramente fondata. Si pensi che addirittura, per abbassare da tre a una le preferenze in occasione delle Elezioni Politiche Generali è stato necessario un Referendum, molto partecipato dagli elettori residenti e vinto a grande maggioranza, per poi disattendere la volontà popolare qualche tempo dopo con una semplice legge approvata da 48 Consiglieri.
Un esempio emblematico di come la volontà popolare sia tenuta in scarsa considerazione e ragione per cui la politica perde di credibilità, le istituzioni perdono di fiducia, la distanza con il cittadino diventa sempre più ampia e la partecipazione alle consultazioni elettorali e referendarie fa registrare cali preoccupanti.
Insomma, in una parola potremmo dire che il nostro Paese è dotato di una Legge sul Referendum, ma si fa di tutto per ridurne l’efficacia e gli effetti sulla vita democratica di San Marino.
Io, sinceramente non capisco il perché. A San Marino, data la sua piccolezza, il ricorso a Referendum dovrebbe essere una pratica abbastanza frequentata, soprattutto quando vi sono decisioni che, nei suoi effetti pratici riguardano tutti i sammarinesi. Dovrebbe essere uno strumento da non temere e, casomai, di aiuto per i governi e la politica in generale, al fine rimanere quanto più possibile in sintonia con il comune sentire. Invece, basta citare la parola Referendum e per molti politici scatta una sorta di allergia alla democrazia.
Anche in questa fase storica, in cui San Marino è alle prese con l’Accordo di Associazione all’Unione Europea, se qualcuno osa affermare che l’ultima parola dovrebbe spettare ai sammarinesi, cioè, si dovrebbero applicare i canoni della democrazia diretta perché gli effetti delle scelte che verranno fatte, in positivo o in negativo, ricadranno inevitabilmente su tutto il Paese, ecco che nascono le suddette allergie e i mal di pancia si moltiplicano.
Sia chiaro, personalmente sono convinto che un buon accordo sia la strada giusta da percorrere per raggiungere la collocazione più adeguata di San Marino nei confronti dell’U.E. e dei Paesi che ne fanno parte. Vedremo prima o poi in che cosa consisterà in pratica l’Accordo. D’altronde, se sarà un accordo che tiene conto della piccolezza della Repubblica di San Marino e delle sue specificità, chi potrà mai opporsi, se non una sparuta minoranza? Quindi, se tutti saremo convinti che gli interessi della nostra Repubblica sono stati degnamente difesi e rappresentati, che paura può fare la celebrazione di un Referendum?
Mi si potrebbe obiettare: ma se tutti saremo convinti di aver difeso San Marino e le sue prerogative, perché dovremmo celebrare un Referendum? Perché farlo, per un tema così derimente per il nostro Paese, significherebbe semplicemente attuare la democrazia “vera” , e a me sembra una grande, buona ragione!
Augusto Casali