E così, anche la seconda richiesta di Referendum affinchè i sammarinesi possano avere voce in capitolo rispetto all’Accordo di Associazione all’U.E. è stata dichiarata irricevibile dal Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme. Il giudizio è inappellabile e quindi va accettato tenuto conto del quadro legislativo sammarinese, ma spero sia ancora permesso commentare le sentenze in questo nostro Paese.

E allora vediamo per quale motivo il Referendum è stato dichiarato irricevibile, in quanto è molto interessante ed istruttivo per tutti. I saggi, nella loro saggezza, per argomentare la scelta compiuta, ci ricordano che la legge sul Referendum prevede che, “A pena di irricevibilità , la domanda deve pervenire da almeno sessanta elettori (Requisito accertato dall’Ufficio competente), contenere le generalità complete dei firmatari (Requisito accertato), avere la firma degli stessi debitamente autenticata da notaio o dall’Ufficiale dello Stato Civile (Requisito accertato da notaio) e l’indicazione della lista elettorale di iscrizione,” (Per ogni sottoscrittore è stato indicato il Castello o luogo in cui è situata la sezione e la lista di iscrizione del sottoscrittore rispetto alle 11 Sezioni previste sul territorio in occasione delle votazioni. E cioè: Città, Borgo Maggiore, Acquaviva, Chiesanuova, Domagnano, Faetano, Fiorentino, Montegiardino, Serravalle e Dogana, così come richiesto dalla legge). Ai saggi questo però non è stato sufficiente, poiché, a loro giudizio, oltre la Sezione di riferimento rispetto all’iscrizione, doveva essere inserito il numero del seggio in cui avrebbero dovuto fisicamente deporre la scheda i sottoscrittori votanti.
Si tratta di una interpretazione di rara creatività, dato che la legge richiede l’“indicazione della lista elettorale di iscrizione”, ma non il numero del seggio in cui fisicamente il sottoscrittore deve votare. Ebbene, per questa formale e non sostanziale interpretazione, la richiesta di Referendum è stata dichiarata irricevibile e i sammarinesi non potranno esercitare il loro diritto di voto su di un tema che coinvolge direttamente tutti i cittadini della Repubblica di San Marino. E sapete perché? Ce lo spiegano i saggi, i quali affermano che: “la conoscenza da parte del sottoscrittore della propria lista elettorale di iscrizione ne comprova la partecipazione attiva alla vita politica della Repubblica.” Se non fosse scritto nero su bianco farei fatica a crederci.
Per semplificare faccio un esempio personale: sarebbe come dire che il sottoscritto, firmatario della richiesta di Referendum, Consigliere della Repubblica di San Marino per 26 anni, Segretario di Stato per 11anni e mezzo, Segretario del Partito Socialista per tre anni e mezzo e Segretario del Nuovo Partito Socialista per otto anni e mezzo, siccome ho attestato che la mia lista elettorale è nella Sezione di Città, come prevede la legge, ma non ho specificato il numero del seggio a cui sono destinato a votare, anche perché la legge non lo richiede specificatamente, non mi sarei mai occupato e non mi occuperei più della vita politica della Repubblica. E me lo devo sentire dire da illustri dotti, che, per mia ignoranza, non so neppure bene da quale città italiana provengano, ma dai quali mi sarei aspettato almeno qualche argomentazione di maggior sostanza. Oltretutto, il dato del numero del seggio in cui si è inseriti è veramente ininfluente, in quanto è l’unico dato già in possesso degli uffici competenti e viene posto in chiara evidenza sul certificato elettorale di ognuno avente diritto al voto, per cui saperlo prima non serve proprio a nulla.
Si tenga poi conto che a San Marino l’esercizio del voto, nelle 11 Sezioni sparse sul territorio, avviene in un unico stabile e a seconda del numero del seggio assegnato d’ufficio. Quindi c’è da chiedersi quale differenza ci sia e soprattutto quale determinante incidenza possa produrre, se, votando nello stesso stabile, la scheda si deposita nel seggio uno piuttosto che nel seggio tre, ai fini dell’ammissibilità di un Referendum che, tra le altre cose, dovrebbe sempre godere del miglior favore quando si tratta di attivare la democrazia diretta e quindi la partecipazione dei cittadini alla vita politica, sociale ed economica del Paese.
Questo per spiegare in parole semplici perché la richiesta di Referendum è stata dichiarata irricevibile, altrimenti uno rischia di perdersi dietro termini tecnici, rimandi ad articoli di legge, richiami a combinati disposti e, alla fine, a inevitabili titoli stampa ovviamente sintetici. Per ora mi limito, anche per non tediare troppo gli eventuali lettori ai motivi della irricevibilità e tralascio una seconda parte della sentenza altrettanto interessante, da cui il combinato disposto della prima parte e dalla seconda parte, tanto per restare in tema, di cui mi occuperò, farà capire perché questo benedetto Referendum sull’Accordo di Associazione “non sa da fare!”
D’altronde la consorteria delle forze politiche che hanno avuto le mani in pasta nella maldestra trattativa con l’Unione Europea e il Governo in particolare, si sono sempre sottratti all’idea di fare votare i cittadini per la paura di un giudizio negativo del loro operato, che avrebbe potuto sconfessare la linea intrapresa a senso unico, con eventuali conseguenze politiche deflagranti. L’allergia dimostrata nei confronti della democrazia diretta, esercitata dai cittadini e non da gruppi più o meno interessati per ragioni politiche, legate all’attuale momento e forse proiettate ad “inciuci” futuri, hanno ovviamente creato una cappa densa che incide sul clima generale, al quale nessuno può sfuggire, soprattutto coloro i quali guardano San Marino da lontano e non conoscono nel dettaglio le situazioni.
Ora la nuova fase che si è venuta a creare prelude ad una pericolosa spaccatura del Paese che si sarebbe potuta evitare se il Governo avesse preso il toro per le corna e avesse promosso un Referendum confermativo di iniziativa popolare, all’esito del quale tutti si sarebbero attenuti perché espressione della maggioranza degli elettori. Ma così non è stato, ora da una parte c’è il Governo, le forze che lo sostengono, la consorteria e i cittadini favorevoli all’Accordo di Associazione all’U.E.; dall’altra i cittadini elettori che non gradiscono questo modo di fare e che comunque vogliono contare e votare le scelte fondamentali per il Paese. Chiaramente, la questione non si chiude con la sentenza del Collegio dei Garanti. C’è ancora da capire se l’Accordo è considerato “misto” o meno; c’è ancora da scoprire cosa c’è scritto nell’”Addendum” voluto dall’Italia in materia di vigilanza finanziaria e tenuto pervicacemente nascosto come se fosse il Segreto di Fatima; c’è da capire quando il Segretario di Stato per gli Affari Esteri indovinerà la data della ratifica dell’Accordo, visto che dal dicembre 2023 dice che il tutto è imminente, ma non lo è stato neppure nel 2024 nonostante gli annunci e non lo sarà neppure per questo 2025, come ha spiegato il Commissario Europeo, Maros Sefcovic, che nel suo discorso del 1° ottobre scorso, ha detto che tutto “sarà firmato il prima possibile nel 2026”.
Intanto, seguendo gli eventi e le loro evoluzioni, gli strascichi politici sono destinati ad accompagnarci fino alle elezioni politiche prossime e ne vedremo delle belle, perché allora gli elettori finalmente voteranno e tutto ciò che accadrà fino ad allora non farà di certo dimenticare, anzi tutt’altro, che c’è stato chi ha voluto negare il diritto dei cittadini di esercitare la propria sovranità, attraverso la democrazia diretta, così come sancisce l’art. 2 della Carta dei Diritti.
Sinceramente non mi pare un risultato politico esaltante!
Augusto Casali











