Scusate se insisto, cari amici che avrete la compiacenza di leggermi, ma devo tornare a parlare di Europa, quell’Europa che di fronte al concreto tentativo di creare un nuovo ordine mondiale, annaspa, dopo trent’anni di semi immobilismo e pare divisa su tutto, ma, Europa, che sembra essere tanto agognata da noi a San Marino.
Infatti, proprio l’altro giorno si è svolta, non più sotto mentite spoglie, l’ennesima iniziativa questa volta direttamente organizzata dalla D.C., che ha affrontato le priorità del Paese, a suo dire, declinate ovviamente alla luce dell’Accordo di Associazione all’U.E., che ha fatto da sfondo all’intero evento. Tutti ci aspettavamo che finalmente fossero declinati costi e benefici dell’operazione, ma invece nessuno ha spiegato con esattezza quali saranno vantaggi e svantaggi e soprattutto nessuno ha spiegato con chiarezza che cosa sarà necessario fare concretamente per adeguare il nostro sistema complessivo al fine di recepire l’aquis comunitario, cioè ciò che prevede il negoziato concluso mesi addietro.

Dal resoconto dei mezzi di informazione e della TV di Stato, sembra che ancora una volta si sia girato attorno al nocciolo del problema senza però affrontarlo. Così è emerso il solito concentrato di retorica e concetti astratti mentre questo dovrebbe essere il momento della concretezza e della chiarezza estrema. E allora sono riecheggiate frasi del tipo: occorre essere “…sempre più efficienti pur nella salvaguardia delle nostre peculiarità”, passando per l’adeguamento della Pubblica Amministrazione, la riforma delle nostre istituzioni, il ruolo del Congresso di Stato, dei Consiglieri e l’iter legislativo, e chi più ne ha più ne metta. Tra l’altro, tutte cose di cui sento parlare da decine di anni e comunque molto prima che si cominciasse a discutere di associazione all’Unione Europea e senza che mai sia stato fatto nulla di concreto. Insomma, la solita frittura mista!
Ma soprattutto c’è stato un protagonista assoluto dell’evento: il silenzio!
Il silenzio totale sulla eventualità di coinvolgere i cittadini nella scelta finale attraverso la celebrazione di un Referendum prima dell’entrata in vigore dell’accordo.
Insomma, questa classe dirigente nuova mi pare che abbia una qualche allergia nei confronti della democrazia. Eppure, la Carta dei Diritti afferma solennemente che il popolo è sovrano; la storia della nostra democrazia che l’Arengo dei capi famiglia del 1906 è una pietra miliare a cui riferirsi in ogni epoca; che il Referendum è lo strumento principale della democrazia diretta.
La verità è che una decisione così importante per la vita futura della Repubblica e dei suoi cittadini, gestita malamente, almeno fino ad oggi dai governi che si sono succeduti negli ultimi due lustri, di cui i cittadini poco o nulla sanno, non deve essere conosciuta a fondo e deve, secondo i responsabili della cosa pubblica, essere pertinenza di pochi, anzi, meno sono a decidere e meglio è! Un atteggiamento arrogante, pericoloso per l’intero Paese e per coloro i quali si assumono responsabilità enormi, che mette in seria discussione l’antica democrazia della nostra Repubblica.
Ma come? A San Marino sono stati celebrati decine di Referendum e non lo si deve fare per una scelta così complessa e impegnativa per tutti noi? Perchè c’è tanto timore del giudizio dei cittadini? Perché questo silenzio da parte dei responsabili della politica estera della nostra Repubblica. Evidentemente un motivo serio ci deve essere, altrimenti, se tutto fosse lineare, giusto e vantaggioso per San Marino e per i sammarinesi, dovrebbe essere naturale richiedere il via libera agli elettori; invece c’è ritrosia, di Referendum non se ne parla, anzi, pare che si abbia paura di ricorrervi. E allora, perché? Cosa si nasconde dietro questo incomprensibile atteggiamento?
Fortunatamente, a parte coloro i quali (pochi) sono stati prudenti in merito da sempre, ho notato che nell’ultimo dibattito, a parte le unanimità di facciata, alcune forze politiche hanno finalmente manifestato chiari distinguo e qualcuno, al di là del tornaconto tattico, comincia a metterci la faccia e a dire che il Referendum sulla materia sarebbe necessario.
Buon segno. Significa che la battaglia per la difesa della democrazia di questo Paese val la pena che sia combattuta fino in fondo, in modo che ognuno si assuma la propria responsabilità di fronte alla storia della nostra Repubblica!
Augusto Casali