Il sistema creditizio di San Marino è sempre in bilico: a fronte di poco più di 6,2 miliardi di raccolta i crediti deteriorati sono di 2 miliardi, ovvero il volume di npl messi in vendita dalla Cassa di Rispamio (altro articolo in pagina). Il principale istituto di credito ha chiuso il 2016 con una perdita di 534 milioni.
Un dato record, legato alle svalutazioni di crediti di Delta che ha minato la stabilità della banca e anche del Paese visto che il principale socio è il governo e che la fondazione Carisp prima o poi uscirà di scena. Da mesi l’esecutivo che governa la piccola Repubblica (33mila residenti e oltre mille soggiornanti) sta cercando di trovare una soluzione definitiva a questo problema, passando anche dalla creazione di una bad band di sistema che faccia perno proprio sulla Cassa di Rispamio.
Un percorso complesso, quello studiato dal segretario di Stato alle Finanze, Simone Celli, che vede spesso contrapporsi maggioranza di governo e opposizione e che ha avuto strascichi legali. Un lungo cammino che dovrà portare tutte le 12 banche attive sul Monte Titano a rafforzarsi patrimonialmente e a definire piani industriali seri per uscire da una crisi che vede solo piccoli spiragli (150 assunzioni di sammarinesi e residenti oltre a 80 frontalieri nell’ultimo mese e mezzo, ossia dall’approvazione della nuova legge di sviluppo varata dal governo). Ma ora si deve aprire una nuova fase per l’esecutivo.
E la strada porta all’individuazione di nicchie di mercato come quella del fintech e di tutto ciò che ruota attorno a questa nuova modalità di gestione della finanza. E se come primo passo si cercherà di avviare progetti di crowdfunding anche per sostenere il tessuto delle piccole e medie imprese che rappresenta la parte preponderante del sistema industriale sammarinese, dall’altra si stanno iniziando a studiare modelli evoluti quali quelli applicati in paesi quali Estonia, Singapore e in un certo senso anche Malta.
La tematica è calda ma non sarà oggetto di analisi del prossimo consiglio convocato per lunedì 4 dicembre. Semmai se ne parlerà molto probabilmente nella sessione di metà dicembre, quando arriverà sui banchi dei politici la valutazione e l’approvazione della legge di bilancio che rischia di provocare forti tensioni. Ma che ci sia la volontà di aprirsi al fintech è chiaro. E sarà la priorità del 2018.
A qualche esponente del governo interessa in modo particolare approfondire le potenzialità della tecnologia blockchain. Ma il vero obiettivo, ancora non formalmente dichiarato dalla maggioranza, sarebbe quello di studiare con attenzione il lancio di una criptovaluta di Stato sulla falsariga di quella che viene ipotizzata dall’Uruguay, dal Kazakhstan, dall’Estonia e forse dalla Russia. Il modello appare proprio quello dell’Estcoin, criptovaluta che però ha già incontrato sulla sua strada lo scoglio rappresentato dal governatore della Bce, Mario Draghi. Sicuramente però nel governo c’è chi vuole prendere in mano questo dossier e capirne le potenzialità e le reali applicazioni. Il percorso non sarà facile ma non è escluso che prima o poi si possa vedere il Titancoin, ovverosia il bitcoin di San Marino.
Andrea Montanari, MilanoFinanza