San Marino. L’azzardo del Vescovo: educazione, vita, Europa….di Don Gabriele Mangiarotti

C’è una caratteristica della nostra Repubblica che la rende originale rispetto alla realtà sociale italiana, una tra le tante: il nostro calendario. Ci sono date significative, che ricordano una storia di cui essere fieri, come l’Arengo, il 25 marzo o il 5 febbraio, Sant’Agata. E i sammarinesi sanno bene quello che tali ricorrenze significano per la loro identità, per la fierezza di una storia di libertà e rispetto.

Tra queste date ce n’è una, in particolare che rende evidente la nostra originalità. Oltre al 3 settembre, festa di San Marino, fondatore e santo patrono, spicca la festa del Corpus Domini.

Sia perché mantiene la collocazione originaria al giovedì sia perché ad essa partecipano ufficialmente i Capitani Reggenti. Ed è forse per queste ragioni che un popolo si raduna, insieme a una grande quantità di turisti.

E ciò che dà volto originale a questo momento è dato dalla omelia del nostro Vescovo.

Altre volte egli ci ha richiamato alla dimensione sociale della Eucaristia (e questo sarà persino uno dei temi della Tre Giorni di aggiornamento del clero di quest’anno), ma questa volta mi pare che il suo richiamo, di alto profilo, debba far riflettere tutti noi, popolo e politici compresi.

Riporto le sue parole (anche purtroppo perché questa volta non c’è stata la diretta televisiva):

«Cari sammarinesi, è necessario che ci interroghiamo sulla qualità delle nostre relazioni sociali, sulle nostre responsabilità educative, sull’accoglienza della vita nascente (di tutta la vita, anche quando diventa più fragile). Torno a ricordare – come ho fatto altre volte – che altro è ciò che è riconosciuto legale, altro ciò che è veramente morale.

Azzardo: abbiamo perso un’occasione per affermare la nostra originalità, la nostra significatività per le nazioni, il nostro impegno per la vita.

Dio non voglia abbia prevalso un condizionamento esterno: noi non possiamo pensarci fuori dall’Italia, fuori dall’Europa; ma essendo noi stessi (non è ambizione, è verità) capaci di portare il nostro contributo.»

Sono qui in evidenza alcuni temi imprescindibili per una realtà che voglia essere sempre più a misura d’uomo.

– L’educazione dei giovani: già altre volte abbiamo ricordato come questo sia un argomento su cui impegnarsi fattivamente. La recente imposizione di una educazione sessuale di Stato, resa possibile anche dal rifiuto di una legislazione (peraltro già realizzata in Italia) che introduce il consenso informato dei genitori per tutte quelle attività rivolte agli studenti fuori dai programmi curricolari e attinenti ad argomenti “sensibili”, non può lasciare indifferenti le famiglie. La trattazione di questi argomenti non “toglie le castagne dal fuoco” bensì indottrina ideologicamente i ragazzi (come ci ha ricordato anche Papa Francesco). Questa non è “paura preventiva”, ma esperienza già in atto. Basta che i genitori chiedano ai loro figli o ai loro compagni di scuola quanto viene detto in quelle occasioni, in cui tra l’altro non sono presenti gli stessi insegnanti.

– “Abbiamo perso l’occasione” di esprimere la nostra identità, riguardo in particolare al tema della difesa della vita.

La nostra storia di accoglienza e di libertà è stata manomessa da coloro che ci hanno fatto credere che, per entrare in Europa, e non rimanere “fanalino di coda” della modernità e dei suoi diritti era necessario introdurre l’aborto come diritto delle donne.

Peccato che del diritto del concepito non se ne sia tenuto conto. In questi giorni ci ha meravigliato quanto una scuola di Ravenna ha programmato per consentire a una studentessa diventata madre di poter fare l’esame di maturità, mantenendo vivo il suo rapporto col figlio.

– Infine, a quale prezzoentrare in Europa?

A prezzo della perdita di ciò che ci caratterizza? Abbiamo più volte ricordato le parole del Primo Ministro di Malta che ci ha mostrato la bellezza e la responsabilità di un piccolo Stato per contribuire in maniera originale al bene comune.

Faro, fiaccola, testimone: questo siamo chiamati a vivere.

Sono grato al nostro Vescovo che ci ha richiamato alle dimensioni morali della nostra convivenza civile e penso che tale magistero costituisca un punto luminoso nella storia della nostra Repubblica.

La fierezza del nostro volto diventa la responsabilità della nostra identità. E solo noi possiamo difenderla.

don Gabriele Mangiarotti