San Marino. Le arance di “Rete” e l’ipocrisia popolare … di David Oddone, La Tribuna

Stamane come spesso accade, ho avuto uno scambio di vedute con alcuni clienti abituali del bar che frequento, i quali sapendo il lavoro che faccio, puntualmente mi punzecchiano su vari argomenti chiedendo la mia opinione ed anche, a volte, criticando il nostro lavoro.

D’altra parte il lettore ha sempre ragione. O quasi sempre, come nel caso che vado a raccontare.

Hai visto Rete che ha portato le arance a Podeschi? Ma non si vergognano? Ci vorrebbe più rispetto per la gente che soffre”. Questo il commento più “composto” di ieri mattina. I miei interlocutori evidentemente pensavano che avrei dato loro ragione, tanto da risentirsi quando ho dichiarato che non ero assolutamente d’accordo con la loro lettura.

“Ma come, proprio te che stai facendo una crociata sui diritti degli indagati”? La sollecitazione è stata forte, dunque ho promesso ai nostri lettori che avrei risposto loro sul giornale, alla luce della delicatezza della faccenda e anche soprattutto del fatto che a leggere su Facebook il Paese appare molto diviso su questa iniziativa.

Piccolo passo indietro: il mio collega ieri mi dice: “Rete ha portato le arance a Podeschi in carcere”. Sul momento ammetto di essermi indignato e di avere pensato che si trattava di una iniziativa squallida e di cattivo gusto, senza scomodare paragoni importan- ti con Francesco Ferrucci e la battaglia di Gavinana, era un po’ come uccidere un uomo morto. Mi sono comunque tenuto per me ogni commento, perché prima volevo approfondire i fatti e ragionarci su lucidamente. E se i miei amici del bar avessero fatto la stessa cosa, invece che fermarsi al titolo dell’articolo, probabilmente pure loro avrebbero avuto un’altra opinione, la stessa che mi auguro avranno dopo aver letto questo mio intervento. Innanzitutto, e io ne sono testimone, Rete non ha strumentalizzato la faccenda come sostiene qualcuno, anzi è stato fatto di tutto per tenere segreto l’evento.

Aggiungo che quando Tribuna ha dato notizia, il giorno prima, dell’iniziativa qualcuno si è pure risentito.

In secondo luogo, davanti al carcere era presente tantissima gente comune, che voleva lanciare un messaggio chiaro: la legge è uguale per tutti e chi sbaglia deve pagare. Un buon 70% dei ragazzi lì presenti li conoscono pure personalmente e posso assicurare che nessuno di loro è carico d’odio o con la bava alla bocca, come è stato detto.

Infine, punto più importante, Tribuna difende sì i diritti degli indagati, ma con la stessa forza vuole difendere i magistrati che con difficoltà e con la schiena dritta fanno il loro mestiere. Da giorni chiediamo di rompere quel muro di apatia che fa dire “ma tanto lo sapevano tutti che i politici prendevano le tangenti”.

Da giorni reclamiamo a gran voce che si faccia sentire concretamente la propria vicinanza ai giudici. E quando qualcuno finalmente lo fa in maniera pacata e non strumentale, ma certamente e volutamente provocatoria, ce la prendiamo? Ma stiamo scherzando? Personalmente mi ha fatto molto piacere vedere tutti quei giovani impegnati a lottare per un ideale, anche perché sono loro il presente e il futuro del Paese. Ed anche la parte più bella di San Marino: spero non ci rimanga male nessuno, se lo dico.

Concludo facendo notare a tutti quanti ed in particolar modo ai detrattori, che la manifestazione non era certamente contro una singola persona, ma contro un sistema. Un sistema che va scardinato, un sistema che oggi può difendere solo chi è disonesto.

Detto tutto questo, per quando mi riguarda, sia Podeschi che la signora Baruca sono entrambi innocenti fino all’ultimo grado di giustizio e finché, come recita il codice, la loro colpevolezza non verrà dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. In uno Stato di diritto funziona così. Ma in uno Stato di diritto chiunque è anche libero di dire e pensare quello che vuole e pure di fare dimostrazioni, sit-in e quant’altro, purché sia fatto, come nel caso di Rete e degli altri cittadini, in maniera civile e pacata.

David Oddone, La Tribuna