Ieri, 9 maggio, si è celebrata la pace e l’unità dell’Europa. La data segna l’anniversario della storica dichiarazione in cui l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman espose l’idea di una nuova forma di collaborazione politica in Europa, che avrebbe reso impensabile la guerra tra le nazioni europee. La proposta di Schuman, datata 1950, è considerata l’atto di nascita di quella che oggi è l’Unione europea.
“La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza iniziative creative all’altezza dei pericoli che ci minacciano” recitano le prime righe della dichiarazione redatta da Schuman e dal suo consigliere Monnet. “Mettendo in comune talune produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i Paesi che vi aderiranno, saranno realizzate le prime fondamenta concrete di una federazione europea indispensabile alla salvaguardia della pace”. Era la prima proposta di realizzare un’istituzione europea sovrannazionale a cui affidare la gestione delle materie prime che all’epoca erano il presupposto di qualsiasi potenza militare, ovvero il carbone e l’acciaio.
Per la Russia, il 9 maggio è la giornata della vittoria contro la Germania nazista. Per la precisione, la resa fu firmata nella tarda sera dell’8 maggio 1945, in seguito alla capitolazione concordata in precedenza con le forze alleate sul fronte occidentale.
In queste settimane di guerra, più volte abbiamo assistito agli annunci sulla celebrazione di questa giornata, che nelle intenzioni di Putin e del suo governo avrebbe dovuto essere in qualche modo anche l’annuncio della vittoria sull’Ucraina. O meglio sulla denazificazione di quella terra.
Le cose sono andate diversamente: la guerra è durata ben più dei tre giorni previsti dalla pianificazione. La grande armata russa ha rivelato molte lacune, che hanno dato spazio ad una resistenza ucraina ben più forte di quanto si sarebbe potuto immaginare. Poi sono subentrate le dinamiche geopolitiche, gli interessi commerciali, il problema delle materie prime, e di fronte ad una diplomazia molto poco efficiente, è cominciato una vero braccio di ferro tra est e ovest, in mezzo al quale si sono consumate terribili stragi di civili e la distruzione totale delle città sulla linea del fronte.
Qualunque cosa avesse in mente il presidente Putin per il 9 maggio ha dovuto giocoforza fare i conti con la realtà sul campo. Ciò nonostante Putin si è fermato alla consueta retorica militarista. Ha detto che, prima che la Russia invadesse l’Ucraina, i paesi occidentali aderenti alla NATO avrebbero progettato di attaccare il Donbass e che quindi le azioni russe sono state solo una risposta preventiva. «È stata una decisione forzata, tempestiva e l’unica giusta. La decisione di un paese sovrano, forte, indipendente».
Ci si aspettava che Putin nel suo discorso potesse formalmente dichiarare guerra all’Ucraina, ma così non è stato. Attualmente infatti, secondo la versione russa, la Russia starebbe compiendo una “operazione militare speciale”. Se avesse dichiarato guerra, la Russia avrebbe potuto mobilitare le risorse dell’intero paese, istituire la legge marziale e arruolare nuovi soldati per dare il cambio a quelli stanchi e demotivati che hanno combattuto fin qui. E poi il proclama: “Vinceremo, come contro i nazisti”. Che non è stata una dichiarazione di battaglia a tutto spiano, ma volta solo a sollecitare l’orgoglio russo.
Va da sé che il 9 maggio non ha avuto lo stesso significato né lo stesso gusto a seconda che ci si sia trovati sulla piazza Rossa a Mosca, tra le macerie del porto ucraino di Mariupol o nella sede del parlamento europeo a Strasburgo. Il calendario ha trasformato questa giornata in un concentrato di simboli della situazione drammatica del vecchio continente, che nel 2022 sta vivendo un momento decisivo.
Il risultato è tutt’altro che glorioso e non è sufficiente per fermarsi: il rapporto di forze non è abbastanza favorevole alla Russia. Putin è l’unico a poter decidere tra il negoziato e l’escalation. L’Ucraina, dal canto suo, si limita a difendersi.
L’altro 9 maggio è stato naturalmente quello del presidente francese Emmanuel Macron, che per l’occasione era al Parlamento europeo di Strasburgo per celebrare la giornata dell’Europa di fronte ai 27 paesi dell’Unione. Macron ha pronunciato il suo primo discorso di portata internazionale dopo la rielezione, in chiusura della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Macron sapeva bene che il suo discorso sarebbe seguito a quello di Putin a Mosca, e ha cercato di opporre il modello democratico europeo alla logica autocratica del leader russo, basata sulla forza.
Ci sono uomini e nazioni che stanno dalla parte Mosca; altrettanti che stanno dalla parte della pace e della condanna della guerra. Impossibile fare previsioni su conseguenze che, comunque saranno difficili per tutti. Con pessimistica rassegnazione non possiamo che accettare di metterci nelle mani di Dio.
a/f