Approvato il 21 ottobre scorso, è stato presentato ufficialmente il 25 novembre. Una data scelta non a caso dal Comitato Sammarinese di Bioetica per la prima divulgazione del documento intitolato: “Bioetica e genere: diritto, salute e giustizia sociale”.
“Il CSB ha sempre messo al centro dei propri documenti la tutela della vita nelle sue molteplici espressioni, umane e animali, portando all’attenzione della comunità nazionale e internazionale quelle forme di disparità meno evidenti o spesso tralasciate anche dalla stessa riflessione bioetica” ha esordito la presidente Luisa Borgia. Accanto a lei, alcuni dei rappresentanti sammarinesi all’interno del Comitato: Lucia Selva, Gabriele Raschi, Maria Loredana Stefanelli. Da remoto, sono intervenuti invece Patrizia Hrelia, Felice Strollo, Pasqualino Sertori, Francesco Carinci. Professionisti, universitari, ricercatori che esprimono al massimo livello professionale specialità tra cui: tossicologia, endocrinologia, chirurgia, biomedicina, medicina interna, ma anche esperti di legge e di materie istituzionali.
La bioetica, disciplina piuttosto recente, si occupa specificamente di tutte le questioni morali, sociali e giuridiche che emergono nell’ambito biomedico. Declinata sulle problematiche di genere, riguarda la sua applicazione a questioni legate a genere, sesso e identità, esaminando come le differenze di genere influenzino l’assistenza sanitaria e le decisioni etiche. “Alla base di ogni forma di discriminazione si trovano pregiudizi espliciti e impliciti che, partendo da un modus pensandi generano un modus operandi, ossia atteggiamenti e comportamenti che si traducono in disuguaglianze e iniquità” ha spiegato la professoressa Borgia. L’esempio più immediato viene dal settore medico sanitario: uomo e donna sono biologicamente diversi, non possono ricevere uguale trattamento, né uguale approccio. In caso contrario si crea una discriminazione. “Dobbiamo tornare a considerare che maschio e femmina, intesi come sesso biologico maschile e sesso biologico femminile, non sono uguali. È solo a partire da questo che potremo avere delle terapie precise e adeguate a ciascuno dei due sessi” ha precisato Borgia.
Un’appropriata difesa dei diritti deve dunque tenere in debito conto un equo accesso alle cure sanitarie che consideri il riconoscimento delle differenze biologiche tra i sessi, comprese quelle all’interno della stessa macroarea di riferimento. Ad esempio, la donna attraversa fasce di età molto differenti: l’infanzia, la pubertà, la fertilità, la gravidanza, la menopausa. Ognuna di queste fasi ha differenze molto marcate.
Il problema della diversità di genere si estende a molte altre categorie dell’assistenza sanitaria. Perfino nei foglietti sanitari (i famosi bugiardini), non sempre le informazioni sono differenziate per gli uomini o per le donne. Ma l’esempio più eclatante è nell’utilizzo dei dispositivi medici. “L’assenza di consapevolezza della disuguaglianza di genere – ha precisato la presidente del CSB – influenza profondamente anche il mondo dell’industria che progetta e produce apparecchiature sanitarie sulla base delle caratteristiche della struttura fisica maschile”. Tale modalità operativa pregiudica l’uso di molte apparecchiature, o quanto meno ne limita l’uso da parte delle donne, con strutture ossee più piccole, se non più fragili. Possiamo pensare ad esempio anche alla rianimazione cardiovascolare, dove la formazione viene impartita su manichini con il classico torace maschile piatto. Le donne rischiano di avere una ridotta probabilità di sopravvivenza perché l’atto di rianimazione potrebbe essere meno efficace. Ma tra gli esempi non mancano neppure quelli sulle STEM, cioè le donne scienziate che fanno ricerca e che molto spesso hanno trattamenti economici e normativi molto diversi rispetto ad uomini loro pari grado.
Sono solo alcune delle molteplici espressioni di disparità, in tema di salute, sulle donne, sia in quanto pazienti, sia in quanto professioniste sanitarie, sia in quanto ricercatrici. Esempi che emergono esaminando tutta la filiera della salute, dalle prime fasi della ricerca preclinica e clinica fino alla pratica clinica.
La preoccupazione del CSB è rivolta, nell’ultima parte del documento, anche alle modalità con cui molti degli stereotipi studiati rischiano di perpetuarsi attraverso l’utilizzo, ormai imprescindibile, dei sistemi di Intelligenza Artificiale. Infatti, in questo caso, i diversi modelli e algoritmi sono progettati su dati e informazioni che spesso non tengono conto delle differenze di sesso e di genere. Questa modalità produrrà informazioni viziate alla base, perché non tengono conto delle differenze ma di una errata eguaglianza.
Insomma, bisognerà insegnare anche all’IA che la differenza è una ricchezza e che, per contro, la neutralità si può tradurre in un potente fattore di disparità e di iniquità. Di qui l’esortazione del Comitato Sammarinese di Bioetica a riconoscere le differenze affinché tutti gli attori della sanità: dai ricercatori, ai medici, ai decisori politici, possano perseguire e promuovere efficaci ed eque politiche di prevenzione, di diagnosi e di cura.
















