Il caso Giacomo Volpinari, con le sue dimissioni dal Condir di Banca Centrale, ha alzato un polverone politico che ha riempito i giornali. Né più, né meno di quanto successe nel luglio 2018, quando venne nominato, come lui stesso ricorda nella sua lettera.
In quel momento c’è la necessità di andare a sostituire l’avvocato Silvia Cecchetti, a suo tempo nominata dall’opposizione, quindi la nomina spetta all’opposizione. I gruppi si accordano di affidarla a Rete, che pone sul piatto la candidatura di un giovane tecnico di grandissima professionalità e curriculum ineccepibile. La qual cosa mette tutti d’accordo. In apparenza. Perché c’è già un clima incandescente e lotte feroci praticamente quotidiane: affidare ad un retino un posto in Banca Centrale, con quello che c’era in mossa, non piaceva affatto ai maggiorenti di allora (Libera, RF, C10). E così, invece di scivolare nel fair play, come di solito avviene per le nomine consiliari, in questo caso qualcuno mette su un trappolone orchestrato sottobanco, dentro il quale avrebbero dovuto cadere Rete, Volpinari e un po’ tutta l’opposizione. Ma il capogruppo Zeppa non è uno che dorme tra due guanciali e si accorge subito della polpetta avvelenata. In Consiglio si scatena l’iradiddio, da una parte all’altra volano per aria accuse anche pesanti, litigi a tu per tu molto violenti, parole da far drizzare il pelo, tutto in diretta radio. La confusione è al massimo. La Reggenza lascia l’aula e convoca un ufficio di presidenza. Sembra quasi la scena di un ring. Quando a notte fonda si va al voto, sui banchi dell’opposizione sono solo in 22, sembra impossibile spuntarla. Ma la maggioranza è divisa e alla fine, sul tabellone, compaiono 39 sì e 14 no. Molto, molto, difficile capire come si siano mosse le correnti carsiche della politica. Ma a questo punto, in Banca Centrale arriva un “vero” rappresentante di opposizione. E questo non piace a molti.
Non si sa cosa abbia trovato il dottor Volpinari in Banca Centrale perché difficilmente escono notizie da via del Voltone. Solo ora, dalla sua lettera di dimissioni, durissima, sappiamo che la situazione non è affatto tranquilla, spesso condizionata dalle tensioni conseguenti ai fatti di cronaca riportati negli atti della commissione di inchiesta. Vicende che hanno fatto emergere le distorsioni sull’impostazione del modello, le negative conseguenze per coloro che l’hanno contrastato e le pesanti ricadute sul Paese. Situazioni che non hanno permesso alle diverse professionalità di esprimersi compiutamente (come dovrebbe avvenire) e che ora fanno emergere “oggettivi problemi strutturali che riguardano l’architettura dell’impianto giuridico e sostanziale del sistema che è stato via via delineato e che dovrebbe essere concretamente rivisto. In tal senso, dal mio punto di vista – scrive Volpinari – è necessario e non procrastinabile identificare e ridefinire regole che siano correttamente articolate e costantemente testate nella loro efficacia, delineando pertanto i C.d. “pesi e contrappesi”, soprattutto con riguardo ai centri di potere, affinché le già riportate pericolose distorsioni venute alle cronache, per i singoli e per la Repubblica, non possano più svilupparsi”.
In poche parole: Banca Centrale è da riformare, riordinare, ristrutturare, innovare. Del resto, da quando mosse i primi passi, nel 2005, sono cambiate molte cose. C’erano all’epoca 12 banche, oltre 50 finanziarie, alcune imprese assicurative: oltre 60 soggetti vigilati. Oggi non arrivano neanche a 10. Nel frattempo, lo Stato ha messo nel sistema bancario 1miliardo e 577 milioni tra interventi diretti e indiretti. Un altro miliardo e mezzo è stato perso da Cassa di Risparmio (le cui vicende prendono 159 pagine della relazione della commissione di inchiesta). Il bilancio pubblico ha messo lì dentro 800 milioni. Senza contare l’enorme perdita avvenuta con la svendita di oltre 2 miliardi di NPL all’epoca della presidenza di Fabio Zanotti.
Banca Centrale dov’era quando il sistema bancario sammarinese è saltato per aria? L’unico intervento di rilievo è stato quando è intervenuta per bloccare il tentativo di acquisto di Banca CIS da parte di una società farlocca e quando sono stati recuperati i 50 milioni di Fondiss spariti tra le manovre confuortiane. Ma siamo ancora in attesa del “Memorandum con Bankitalia” saltato nel 2006, quando era già stato parafato.
Oggi ci troviamo con la vicenda Asset, ancora tutta da definire, l’eurobond da gestire, e così pure la questione BNS. Oggi ci troviamo alla vigilia dell’accordo di associazione con l’Unione Europea: sicuramente cambieranno anche il ruolo e le funzioni di BCSM.
Invece, la politica si sofferma sulla necessità di cambiare lo statuto (che comunque è importante per ripensare quell’architettura che ormai sembra piuttosto superata). E poi dileggia sulla possibilità di un’eventuale revoca delle dimissioni da parte del dottor Giacomo Volpinari. Si vede proprio che qualcuno non ha niente da dire e soprattutto non sa pensare oltre i giochini di una politica vecchia e stantia, che non ha più ragione di esistere. Evidentemente non sa fare di meglio.
Magari ci fosse un ripensamento da parte del dottor Volpinari. Dai commenti ascoltati in Consiglio, emerge bipartisan la figura di un personaggio che ha reso onore alla sua categoria, all’immagine del Paese e (diciamolo senza tema di smentita) alla forza politica che l’aveva candidato.
Magari la politica riuscisse a trovare la strada per avviare un nuovo progetto di Banca Centrale, in linea con quel futuro che tutti immaginiamo per San Marino. Un futuro diverso da quel passato che stiamo cercando di scrollarci di dosso.
a/f