San Marino. Le leggi devono essere uguali per tutti, o devono avere nome e cognome? … di Alberto Forcellini

Quando il tema giustizia entro in Aula parlamentare, l’argomento prende una deriva politica che nulla ha a che fare con il rispetto dell’autonomia dei poteri dello Stato” parole e musica di Alessandro Mancini (NPR) durante il dibattito sulla legge di riforma della giustizia. Il vizio è sempre il solito: trasportare sul piano della discussione persone o vicende specifiche, mentre una norma ha (o dovrebbe avere) il suo primo obiettivo nella garanzia imparziale di tutti i cittadini.

Questo è accaduto con l’emendamento proposto dall’opposizione e accettato dalla maggioranza sui termini di prescrizione del reato quando l’indagato si rivolge in terza istanza. La presa di posizione di ieri nella nota a firma del dirigente del tribunale e del presidente dell’Ordine degli avvocati, è molto dura: “La norma, con riguardo a una specifica fase del giudizio, la Terza Istanza, non appare coerente con la garanzia convenzionale e costituzionale del diritto delle parti alla ragionevole e prevedibile durata di ogni processo e per ogni sua fase, nessuna esclusa”.

Fuor di metafora, i principi di civiltà giuridica non possono avere nome e cognome. Insomma, anche in questo caso, le opposizioni hanno voluto tirare in ballo il “processo Mazzini” del quale ormai si è detto tutto e di più, ma in pochi sono disposti ad accettare il fatto che la sua trama è stata intrecciata da interessi politici ben lontani dall’intento di fare giustizia e trasparenza. Insomma, l’obiettivo era annientare una classe politica per lasciare spazio a quella che poi è venuta dopo. I manovratori sono risultati evidenti sia dalle arringhe degli avvocati, sia dalle relazioni della Commissione di inchiesta. Tra l’altro con prove documentali e testimonianze difficilmente oppugnabili.

In questo caso, sono davvero inquietanti le analogie con l’altrettanto famoso processo Varano, chiuso con un colpo di spugna dal Tribunale di Forlì, nel dicembre scorso, dopo 13 anni di accuse e contro accuse, di arresti, di danni ingenti alle persone, alle aziende e all’immagine delle Repubblica. Anche in questa vicenda: capi di imputazione inconsistenti, riferimenti di legge errati, condotta inadeguata della magistratura inquirente.

Ma i giornali dell’attuale opposizione non demordono, e i leader politici danno man forte. Hanno già espresso da tempo la condanna, che secondo loro deve essere inappellabile. Alla faccia del diritto e del giusto processo. Peggio ancora, Matteo Ciacci (Libera), in Consiglio, si lancia in un attacco senza precedenti addirittura contro il dirigente del tribunale, il professor Canzio. “Avete un dirigente” grida dal microfono, e già nel verbo scelto, declinato con la seconda persona plurale, appare una vera e propria ricusazione della persona e della scelta politica che ha provveduto a questa nomina. “Avete un dirigente che in questo momento è riconosciuto da tutti come garante di un percorso di rinnovamento e di novità del Tribunale, ma che, ahimè, con questa norma, con qualche dichiarazione e con qualche azione anche recentissima, credo proprio che sia un po’ lo specchietto per le allodole. Infatti dietro c’è invece una gestione che non è cambiata assolutissimamente nel Tribunale. Insomma, si fanno le porcherie, però siccome le fa il nome altisonante, allora va bene lo stesso. No!”

Sono parole che gettano sconcerto tra le gente che ascolta in diretta radio e che il giorno dopo commenta il report sui giornali. È da querela, sentenzia qualcuno. Ma no, lui gode dell’immunità parlamentare, obietta un altro. Ha sì? Ma allora perché non gliel’hanno concessa all’Elena Tonnini quando lui era al governo? Nessuna risposta. E comunque il battibecco fa capire quanto le persone sappiano leggere la politica anche al di là delle dichiarazioni dei politici.

Tornando alla legge appena approvata con il famoso emendamento sulla prescrizione, la nota di cui sopra esplicita: “Va tuttavia rimarcato che, contro il parere dell’Avvocatura, che non è stata affatto interpellata, è stata da ultimo introdotta una disposizione dettata da motivi particolari e contingenti, perché riferiti ad un solo processo in corso.”

Se non fosse abbastanza chiaro, lo è stato un altro intervento in Consiglio, che ha chiaramente avvertito come gli indagati in quel processo potrebbero portare le registrazioni del dibattito alla Corte Europea e ottenere lì quella garanzia del diritto eventualmente non ottenuta in patria.

È confortante al momento che la presenza di più gradi di giudizio sia una maggiore garanzia per tutti i cittadini, sempre ricordando che la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva, non è un optional valido solo per qualcuno. È altresì importante che si proceda sulla strada delle riforme, anche se a piccoli passi, fino ad arrivare auspicabilmente alla “riforma delle riforme”, cioè un nuovo Codice di Procedura Penale. Sempre ammesso che i tempi lo consentano.

a/f