San Marino. Lectio magistralis del professor Luciano Canfora all’inaugurazione dell’anno accademico sammarinese. Il bilancio del Rettore Petrocelli

Il salone del Kursaal è sold out, come quel primo anno in cui il neo-Rettore Corrado Petrocelli volle organizzare una cerimonia per l’inaugurazione dell’anno accademico, contro lo scetticismo di tutti. Dopo 10 anni, quel salone è sempre pieno, con tanti ragazzi in piedi perché non c’è più posto. L’Università invece, non è più la stessa perché da quel momento ha avviato un percorso di crescita che ha portato all’espansione della comunità universitaria sammarinese nel numero degli studenti, nella qualità dei docenti, nell’offerta dei corsi di laurea e specializzazione, nella moltiplicazione delle sedi, nella qualità dei servizi offerti agli iscritti e ai territori, nella realizzazione di USMA radio, diventata un gioiellino a livello europeo. E anche le diffidenze si sono dissolte, le interrogazioni parlamentari si sono fermate.

In prima fila i Capitani Reggenti Matteo Rossi e Lorenzo Bugli. Accanto a loro esponenti dell’esecutivo e del Consiglio Grande e Generale, i rappresentanti di realtà accademiche italiane e internazionali enti e istituzioni, studenti, curiosi e interessati.

Tra gli ingredienti di questo successo, la trasparenza e la condivisione degli atti interni, compresi i bilanci; la stabilità dell’organico, l’aumento delle sedi in stretta connessione con l’allargamento dei corsi, l’aumento delle collaborazioni internazionali e il recente riconoscimento dell’Institutional Evaluation Programme, organismo indipendente che valuta la qualità delle istituzioni universitarie. Quel bollino blu che sta proiettando l’ateneo sammarinese verso la dimensione europea e che certifica i risultati ottenuti. Compreso il traguardo appena raggiunto dell’inserimento in organico di docenti non sammarinesi. “Insegnare o studiare a San Marino lo si fa perché lo si vuole fare” ha incalzato Petrocelli. Il quale, nonostante la soddisfazione per i tantissimi obiettivi ormai concretizzati, ha messo il dito sugli ostacoli non superati, sulle occasioni perdute, sulle cose rimaste dimenticate. “Lo studentato – ha ribadito – urge una soluzione immediata e percorribile. A breve avremo anche due studenti palestinesi nel corso di laurea in design, che arriveranno dai canali umanitari, e che hanno bisogno di una sistemazione sicura. Ma tantissimi studenti arrivano da altre città e hanno le stesse necessità”. Poi ha ricordato il progetto per un corso di medicina, i cui docenti avrebbero svolto gratuitamente attività ambulatoriali in territorio. “Non se n’è fatto niente e ancora non conosco le motivazioni” ha ribadito. E poi, un progetto importante e ambizioso: un centro di ricerca e di servizi per anziani, che saranno il problema dei problemi, perciò spera che almeno questo veda la luce.

Non ha voluto parlare dell’IA di fronte ad una platea piena di esperti in questa materia, ma ha specificato che l’Università non può e non deve seguire solo le regole del profitto, non è un luogo dove si deve vincere una gara, dove non c’è un dovere di performance. Essa deve essere un luogo in cui si possa “disegnare la coscienza civile”, uno spazio fisico, vivo e vitale, in cui gli studenti non debbano mai volgere la testa e lo sguardo da un’altra parte.

Di seguito, il Segretario alla Pubblica Istruzione e Cultura Teodoro Lonfernini ha lodato questi 10 anni di attività appassionata, merito anche di tutti gli operatori che, nei vari livelli, garantiscono il buon funzionamento dell’ateneo. “Risultati che ci riempiono di orgoglio – ha assicurato – e sulla necessità di maggiori finanziamenti, il governo è pronto ad accogliere la sfida”.

Infine, dopo l’intervento di Luca Donati rappresentante degli studenti nel Senato Accademico e di Maddalena Lonfernini rappresentante del personale tecnico e amministrativo nello stesso consesso, ha preso il microfono il professor Luciano Canfora, una delle menti più brillanti e autorevoli del panorama intellettuale italiano. Per la sua lectio magistralis ha scelto un titolo un po’ satirico e un po’ scherzoso: “I pestelli della guerra” mutuato da una celebre commedia di Aristofane intitolata “La pace” e dedicata alla guerra tra Sparta e Atene, che stava durando un po’ troppo a lungo, nello scontento generale. Il pestello, nell’antica Grecia, era uno strumento essenziale per la casa, ma nella commedia di Aristofane diventa il simbolo della forza bruta che schiaccia e riduce in polvere (come il grano) la vita dei cittadini e le risorse della polis. Aristofane usa questa figura per attaccare coloro che prosperavano durante il conflitto e alimentavano la guerra per interessi personali, traendo vantaggio dalla distruzione e dalla rovina altrui. Per diverse ragioni, i leader di Sparta e Atene (i pestelli) muoiono, quindi si può fare la pace. Che però dura poco e ben presto si torna a fare la guerra.

Morale, la guerra è colpa dei leader (re, imperatori, governi, eccetera) oppure ha cause più profonde che ne determinano il proseguimento? Con raffinato eloquio, Canfora passa in rassegna alcune delle guerre più importanti dell’antichità, per arrivare ai tempi nostri quando si andò a superare il concetto filosofico di Hegel “il conflitto è ineludibile e necessario” con quello della “pace perpetua” grazie alla nascita degli organismi internazionali. Qui vengono fissate le regole super partes per evitare i conflitti armati. Ma le 14 regole stabilite dal presidente americano Wilson nel 1919, alla fine della Prima guerra mondiale, portarono in appena 20 anni allo scoppio della Seconda guerra mondiale (1939).

Oggi, ha concluso Canfora con ironia ma anche un pizzico di amarezza, più delle regole scritte, a far paura è il rischio della guerra atomica e non c’è bisogno alcuno di fare riferimento a quanto sta succedendo nel nostro mondo perché i fatti parlano da soli.