I legali di Podeschi e Baruca hanno depositato oggi al Giudice delle Appellazioni un atto nel quale chiedono che sia lui a decidere laddove gli Inquirenti non hanno risposto.
Il 9 marzo di quest’anno i difensori hanno infatti depositato agli Inquirenti una richiesta di revoca del divieto di allontanarsi da San Marino attualmente applicato a Podeschi e Baruca non per le accuse loro avanzate nel processo Mazzini ma per altre imputazioni per le quali risultano sempre pendenti le indagini.
Si tratta di movimentazioni con il Montenegro e con l’Austria. Movimentazioni che i Commissari Buriani e Volpinari ritengono ascrivibili ad attività di riciclaggio e che le difese hanno sempre ricondotto a normale operatività commerciale, avendo anche depositato a riguardo contrattualistica e dichiarazioni giurate che smonterebbero del tutto le accuse.
Nonostante questo, si sostiene dagli ambienti difensivi, non sarebbe stato fornito dagli investigatori alcun elemento a sostegno degli indizi di colpevolezza e della attualità delle esigenze cautelari. Nel senso che proprio nessuna risposta è stata fornita.
I legali di Podeschi denunciano come gravissimo il fatto che, ad oggi, nessuna risposta sia stata data dall’accusa alla revoca del divieto di allontanarsi dal territorio di San Marino. Stessa cosa anche per l’istanza volta a consentire alla Baruca si svolgere attività lavorativa di interprete presso un’impresa italiana presentata il 20 maggio. Dalla mancanza assoluta di risposte la decisione di rivolgersi al Giudice Superiore perchè superasse l’empasse.
Ci ha dichiarato l’avv. Stefano Pagliai, legale di Podeschi e Baruca: “Sono passati tre mesi e mezzo e nulla. Abbiamo fatto anche appello al magistrato dirigente del tribunale perché affrontasse la situazione ma niente. Tutto è caduto nel vuoto. Stessa cosa anche per il permesso di recarsi in Italia per lavorare chiesto nell’interesse della Baruca. Riteniamo grave non solo il ritardo – consideri che in Italia il termine massimo previsto perché il Giudice risponda è di 5 giorni – ma anche il fatto che non rispondendoci non ci è data la possibilità di difenderci e di conoscere il perché, ancora oggi, passati due anni da quando Podeschi è stato incarcerato, si continui a ritenere attuale la misura cautelare. Riteniamo che vi sia una palese violazione della Convenzione EDU che prevede il diritto a conoscere la ragione ed i motivi per i quali un cittadino di questo Paese debba restare – da ben due anni – limitato nella propria libertà. Confidiamo nel Giudice delle Appellazioni perché sciolga il nodo, ma siamo disposti ad arrivare in terza istanza e di nuovo tornare alla Corte Europea. Mi passi comunque una battuta perché come diceva quel tale pensar male è peccato ma a volte ci si indovina: non vorrei che il non rispondere non fosse altro che il modo per nascondere il fatto che non si sa cosa rispondere, si allunga il brodo perché nulla si è trovato che suffraghi le accuse. Ma il rispondere quando si parla di limitazione delle libertà personali non è cortesia, è un obbligo. Non rispondere equivale a protrarre illimitatamente una condizione di restrizione che dve essere fondata su presupposti precisi che allo stato risultano assolutamente assenti“.